La scelta di diventare partigiani: a 20 anni, 70 anni fa  foto

La scelta partigiana raccontata ai giovani. L’incontro con Ugo Gobbi e Stelio Skabic, rispettivamente classe ’28 e ’22, avviene nella cornice bellissima degli Orti di via Degani. 

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La scelta partigiana raccontata ai giovani. L’incontro con Ugo Gobbi e Stelio Skabic, rispettivamente classe ’28 e ’22, avviene nella cornice bellissima degli Orti di via Degani. 

Resistenza e gioventù al centro del colloquio e – come ha sottolineato Gianni D’Amo di Cittacomune, associazione che ha promosso l’iniziativa denominata Festa d’Aprile – la scelta di due persone che oggi hanno 80 anni o giù di lì, ma quando si ribellarono ne avevano 20.

Dopo il saluto dell’assessore comunale Giovanni Castagnetti, nella sua presentazione, Mario Cravedi, presidente dell’Anpi ha affermato: “Gli attori sono due partigiani, Stelio Skabic, e Ugo Gobbi, combattente in Val d’Arda e poi nel territorio parmigiano, comandante. Queste persone prima si sono misurate con una guerra assurda e poi hanno scelto la ribellione per cambiare il nostro paese”.

Stelio Skabic ha raccontato della sua vicenda personale partendo dalla campagna di Russia: “Eravamo sul Don, nel dicembre del ’42, allora è iniziata la ritirata, abbiamo marciato per quasi mille chilometri. Giunti a casa dopo l’8 settembre è successo quello che è successo. I dubbi sul fascismo sono sorti durante la ritirata, abbiamo cominciato e vedere gli ufficiali che si toglievano i gradi, mi sono detto Skabic apri gli occhi. A Udine siamo arrivati nel maggio del ’43. Nel partigianato, abbiamo formato il distaccamento di Monteventano, eravamo in sei: prima da “Fausto” all’Alzanese  e poi con il comandante Muro. A segnarmi profondamente nel ’44 è stata la battaglia di Strà”. E poi anche una massima appresa da un contadino di Scarniago: “I coragius e i paurus i’s fan masè”

Nella sua lucida testimonianza, Ugo Gobbi ha riflettuto sul tempo della caduta del fascismo e ripercorso le tappe della sua militanza in Val d’Arda a fianco del comandante Selva, Wladimiro Bersani, caduto in battaglia: “Ricordo la data dell’8 settembre del ‘43 come un momento insolito, provai meraviglia perché il regime sarebbe dovuto durare tanto tempo. La mia avventura antifascista inizia nell’ottobre del ‘42, allora dovevo rappresentare i lavori agricoli di Gropparello. A quel tempo incontrai un esponente del Fascio che mi intimò di mettermi sull’attenti, io mi opposi: mi arrivarono due ceffoni, quella circostanza mi fece conoscere il fascismo. Fui processato e persi il lavoro per quell’atto di insubordinazione. Allora me ne andai in Toscana e cominciai a lavorare in nero – come si direbbe oggi – e fui maltrattato ancora dai tedeschi e dai fascisti, che mi spararono una raffica di mitra all’altezza di un ginocchio, fui ferito dalle schegge. Scappai  fino a Piacenza, quando scesi dal treno all’altezza del cimitero incontrai ancora una pattuglia tedesca: sempre la stessa la domanda, ‘sei un partigiano?’. Mi presero e rinchiusero nella caserma ai Mulini degli Orti. Mi caricarono su un treno, ma fortunatamente dopo Lodi il convoglio fu mitragliato e il si fermò. Riuscii a fuggire, mi salvai tornando verso il Po. Era sera e mi tuffai nel fiume per attraversarlo, poi incontrai alcune persone che mi aiutarono, arrivai alla Farnesiana e salii su un autobus fino a Case Nuove, vicino a S. Damiano. Da lì me ne andai in montagna: a Boccolo di Tassi, e sul Monte Lama per ricevere i lanci. I primi tempi furono molto duri: non mi trovai tanto bene. C’era poco da mangiare. Conobbi il capitano Bersani e poi mi spostai da Pradovera a Perino, fino a Pecorara. In quella zona c’erano due presidi fascisti, a Bobbio e a Pianello. Giunsi poi a Rivalta e poi giù fino alla via Emilia dove si svolsero le prime azioni con le requisizioni dei camion tedeschi a Rottofreno. Facemmo anche dei prigionieri”. La battaglia di Tabiano e la morte di Capitan Selva nelle parole di Gobbi e poi i giorni terribili dello sbandamento nell’inverno del ’44-’45: “Li ricordo come i giorni più brutti della mia vita”.

 

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