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Wilder minds (Mumford & Sons), la recensione di PcSera.it

Tra le rivelazioni del recente passato con il loro indie-folk caciarone e di facile presa, i Mumford & Sons tentano di smarcarsi dalle etichette più facili con questo “Wilder minds”, che segna l’abbandono delle sonorità acustiche per abbracciare un sound più rock

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MUMFORD & SONS
Wilder minds (2015)

Tra le rivelazioni del recente passato con il loro indie-folk caciarone e di facile presa, i Mumford & Sons tentano di smarcarsi dalle etichette più facili con questo “Wilder minds”, che segna l’abbandono delle sonorità acustiche per abbracciare un sound più rock, con chitarre elettriche al posto di mandolini e banjo. “Ci eravamo stufati dei mandolini e dei banjo”, hanno dichiarato alla stampa. Anche a noi iniziano un po’ a stufare, ma solo perché non li avevamo ancora ascoltati nella loro nuova e seconda vita. Adesso sì che è dura.

L’album si apre con “Tompkins square park”, le cui percussioni elettroniche preregistrate sono piatte e già sentite innumerevoli volte, The National su tutti, e nemmeno la melodia appare irresistibile. Anche il singolo “Believe” è incolore, con quel crescendo a là Muse. “The wolf” completa un trittico poco ispirato, e subito dopo la titletrack sembra composta con l’ausilio di una fotocopiatrice.

Meglio, molto meglio, le ballate successive, loro quelle le sanno fare, vedi una “Monster” che pare uscire dall’ultimo Coldplay, l’eterea “Cold arms” e la più classica “Broad-Shouldered Beasts”. Inspiegabilmente, la stampa britannica apprezza e si spertica di lodi. Immensi. Spaccano. Déi del rock. Il Telegraph arriva a paragonare (!) la loro svolta a quella celeberrima di Dylan a Newport (1965), quando qualcuno dal pubblico di puristi del folk gli urlò: “Giuda”!
“Volevamo fare un passo in avanti, se non cambi resti là dove sei partito”, dicono.

Noi invece speriamo che tornino indietro, da dove sono partiti, a fare quelle cose che insomma erano capaci di fare, un po’ di casino in un vecchio pub inglese con i loro mandolini e i loro banjo. Il primo giro lo offriamo noi.

Giovanni Battista Menzani
@GiovanniMenzani

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