“Bobbio è il mondo” Applausi (e qualche fischio) per Bellocchio a Venezia foto

Alla 72esima mostra del cinema di Venezia è stato il giorno di Marco Bellocchio con la presentazione dell'ultimo film del regista piacentino "Sangue del mio sangue". La giornata e la recensione con i nostri inviati al Lido

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DAI NOSTRI INVIATI – Alla 72esima mostra del cinema di Venezia è stato il giorno di Marco Bellocchio con la presentazione dell’ultimo film del regista piacentino “Sangue del mio sangue”. Doppia proiezione in mattinata in Sala Grande per l’ultima fatica cinematografica tutta girata a Bobbio.

Ed è proprio il borgo della Val Trebbia ad assurgere a simbolo del film: “Bobbio è il mondo” afferma il vampiro Roberto Herlitzka in una delle scene della pellicola. Tanti gli applausi da parte del pubblico al termine della seconda proiezione, con qualche fischio. 

Nel film recitano anche l’immancabile Gianni Schicchi, Alberto Gromi, la figlia di Bellocchio Elena, e il fratello Alberto che interpreta il protagonista Federico/Fabrizio da vecchio, mentre da giovane è incarnato da Piergiorgio Bellocchio. Tutta la giornata con i nostri inviati al Lido.

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LA RECENSIONE – ‘Questo è cinema, è visionario’. ‘Sarà, ma io non ci ho capito niente’. Pareri contrastanti quelli raccolti all’uscita dalla seconda proiezione riservata alla stampa di ‘Sangue del mio sangue’, l’ultima pellicola di Marco Bellocchio presentata oggi a Venezia nella Sala Grande del palazzo del Cinema.

Un grande onore tributato al regista piacentino, in lizza al Lido dopo aver annunciato di non voler più gareggiare dopo che ‘Bella Addormentata’, pellicola presentata proprio a Venezia 3 anni fa, non aveva ottenuto nessun riconoscimento. E l’attenzione verso ‘Sangue del mio sangue’, opera che fonde in realtà due film diversi, è molto alta, anche grazie all’anniversario del debutto di Bellocchio con ‘I pugni in tasca’, di cui corre adesso il cinquantesimo anniversario. Film girato a Bobbio come ‘Sangue del mio sangue’, frutto dei laboratori di cinema che Bellocchio tiene ogni estate nel suo paese, e che racconta la storia, ambientata nell’epoca dell’Inquisizione, della passione folle di un prete per una suora, una passione triste che spinge lui al suicidio e, pertanto alla dannazione per le autorità religiose che negano la sepoltura in terra consacrata, e lei a continue prove per dimostrare l’esistenza di un patto con Satana.

La trama si sposta poi in età contemporanea, con l’arrivo di un ispettore – imbroglione del demanio a turbare l’improbabile equilibrio di una Bobbio, popolata di falsi invalidi, e governata da una sorta di ‘comitato ristretto’ guidato da un vampiro, dove la supremazia dell’autorità religiosa è stata sostituita da un ben più prosaico timore della Guardia di Finanza. Dalla fede che teme e distrugge la bellezza, si passa all’avidità che vampirizza il territorio.

Capiamo che, arrivati a questo punto, una buona parte di chi sta leggendo sia dello stesso avviso del secondo commento postato all’inizio. Eppure in realtà tutto torna, nei limiti che sono leciti (e vanno riconosciuti e accettati) dell’espressione artistica: ‘Sangue del mio sangue’ è indubbiamente una storia di passioni tristi, di follia, di una fede più irrazionale e deleteria dell’amore stesso, che non è possesso ma può essere solo ‘accarezzare, proteggere, osservare’, come dice il vampiro millenario interpretato da Roberto Herlitzka.

Proprio lui pronuncia una battuta che può essere definita chiave di tutto il film: ‘il mondo non è grande, è piccolo. Bobbio è il mondo’. Frase che se da un lato suscita gli immediati e facili entusiasmi campanilistici di noi piacentini, dall’altro da il senso di un regista che a 75 anni fa la pace con quelle che sono le sue radici, mettendo su pellicola un gioco di specchi familiare, al di là delle suggestioni biografiche della trama, con il figlio Piergiorgio nelle parti del protagonista accompagnato in scena, nella seconda parte, dalla più giovane della famiglia Bellocchio, Elena, sua sorella nella finzione come nella realtà, e il fratello Alberto nelle vesti del cardinale, la versione age’ del personaggio interpretato da Piergiorgio.

In questo contesto familiare spiccano accanto ai migliori attori del panorama italiano come Toni Bertorelli, Filippo Timi, il già citato Herlitzka, Alba Rohrwacher, e Lydia Liberman, anche l’attore feticcio Gianni Schicchi e uno strepitoso Alberto Gromi, nei panni di un rapprestante del massonico ‘gruppo ristretto’.

MARCO E PIER GIORGIO BELLOCCHIO SUL RED CARPET

LE DOMANDE IN SALA STAMPA – ‘I critici sono preziosi anche per questo, ti comunicano le intuizioni del film che hai fatto. Sentivo la necessità di andare nel presente, non mi sono preoccupato di una drammaturgia perfetta, ed è lo spirito di questo film, è andata così, non mi interessava stabilire delle interconnessioni rigide esatte’. Così Marco Bellocchio risponde alle domande della sala stampa a Venezia.

‘C’è un collegamento tra il dominio assoluto della chiesa cattolica nel Seicento, ritratto nella prima parte del film, e quello democristiano della seconda che, seppur permettendo assistenza, succhiava il sangue rispetto a una prospettiva di novità. Ma queste connessioni siete voi a critici a tirarle’. ‘Alla fine del film la suora Benedetta esce straordinariamente bella e intatta dalla sua prigione. È l’immagine di una bella libertà che non vuole arrendersi’.

‘Benedetta è un personaggio misterioso, si accanisce a non rispondere a non confessare (il patto con il diavolo per far impazzire d’amore Fabrizio, ndr), ha una forza simbolica che resiste nel tempo, per difendere miracolosamente il proprio desiderio di essere se stessa’.

Grande ironia di Herlitzka nel rispondere a chi si sia ispirato per la sua parte. ‘Ognuno ha un vampiro interiore, io mi sono limitato a tirare fuori il mio, che è abbastanza innocuo’.

LA SFILATA SUL RED CARPET

Paola De Micheli “tifa” per il film di Bellocchio: “In bocca al lupo per il concorso”
“Nel giorno della presentazione del film “Sangue del mio sangue” ambientato nella “sua” Bobbio, voglio fare il mio in bocca al lupo a Marco Bellocchio per la sua corsa alla 72esima Mostra del Cinema di Venezia”. Lo ha detto Paola De Micheli, Sottosegretario all’Economia.

“Con il suo ultimo film, Bellocchio non solo dimostra ancora una volta il suo straordinario talento visivo e la sua capacità di raccontare storie che attraversano i secoli, ma eleva uno splendido paese della nostra provincia a simbolo di una vicenda universale di fede e libertà. Come tutti i piacentini tiferò per Bellocchio e per il suo cinema”.

LA TRAMA – Federico, giovane uomo d’armi, viene spinto dalla madre a recarsi nella prigione-convento di Bobbio dove suor Benedetta è accusata di stregoneria per aver sedotto Fabrizio, fratello gemello di Federico, e averlo indotto a tradire la sua missione sacerdotale. La madre preme affinché Federico riabiliti la memoria del gemello, ma anche lui viene incantato da Benedetta che sarà condannata alla prigione perpetua e murata viva. Ma Federico, trent’anni dopo, diventato cardinale, incontrerà nuovamente Benedetta, ancora rinchiusa tra quelle mura… Ai giorni nostri, a quel portone del convento trasformato poi in prigione e apparentemente abbandonato, bussa Federico Mai, sedicente ispettore del Ministero, accompagnato da Rikalkov, un miliardario russo, che lo vorrebbe acquistare. In realtà quel luogo è ancora abitato da un misterioso “Conte” che occupa abusivamente alcune celle dell’antica prigione e che si aggira in città solo di notte… La presenza dei due forestieri mette in agitazione l’intera comunità di Bobbio, che sotto la guida del “Conte” tenta di vivere grazie a frodi e sotterfugi, ostacolando in ogni modo la modernità che avanza inesorabilmente. Ma il nuovo è migliore del vecchio?

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