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L’osceno pop dei Baustelle. La recensione di PcSera

"L'amore e la violenza" è - che titolo impegnativo... - è un album oscenamente pop, lo ha detto lo stesso Bianconi a più riprese. Anche: "È il nostro disco più libero, che mescola alto e basso, sacro e profano".

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BAUSTELLE
L’amore e la violenza
(2017)

 
“L’amore e la violenza” è – che titolo impegnativo… – è un album oscenamente pop, lo ha detto lo stesso Bianconi a più riprese. Anche: “È il nostro disco più libero, che mescola alto e basso, sacro e profano”.
Ed è vero, le melodie de “L’amore e la violenza” sono spesso orecchiabili e a volte anche immediate, e gli arrangiamenti sempre stratificati e vintage, tanti anni ’80, synth, mellotron ed elettronica. Eppure non così scontate, salvo qualche caso (il ritornello de “L’era dell’acquario, per esempio). Insomma: sono molto Baustelle.  

Tra le fonti di ispirazioni, peraltro più volte ammesse: Battiato, Beatles, Bacharach, Morricone, Daft Punk.
E poi: “pop” non è mica una brutta parola.

Ovviamente, sono soprattutto i testi a non deludere, nonostante la consueta abbondanza di citazioni, da David Foster Wallace (“Ti ha lasciato un figlio, Foster Wallace, tre maglioni/E queste cazzo di parole senza senso dentro le canzoni”) ad Amanda Lear, da Enola Gay all’intro di Sandokan, da Biancaneve all’Eurofestival. 

Questi invece molto contemporanei, a parte qualche concessione alla nostaglia, come in “La musica sinfonica”: “Mi ricordo le canzoni che cantavi tu/E il giorno in cui tuo padre disse: Non ne posso più/Che cadevano i governi/e noi ci sentivamo eterni/E mano nella mano a scuola”.

Andiamo a caso.
Da “Il Vangelo di Giovanni”, che fa rima con “Idiozia di questi anni”: “Giorni senza fine, croci lungomare/Profughi siriani, costretti a vomitare/Colpi di fucile, sudore di cantiere/Nel cortile della scuola, tese ad asciugare/canottiere rosse, rosse a sventolare”.
Da Betty: “Piove su immondizia e tamerici/Sui suoi cinquemila amici/Sui ragazzi e le città/Tanto poi ritorna il sole”.

E dalla bellissima “Ragazzina”, che chiude alla grande il disco: “Ragazzina che cammini con i mostri/Con tuo padre che non riesce più a capire/Se il problema più importante del reame/Sia vivere o morire”. Oppure: “Biancaneve tra milioni di maiali/Orsi buoni e rime giuste da rappare/Guardi il mondo che ti sbuccia le ginocchia/E ti fa sanguinare”.

Infine, “La vita”: “Non avere mai paura/non stare male per qualcosa che non è/non tremare mai la sera/ricordati che stai giocando a un gioco senza vincitori”
Uno stile insieme popolare e rivoluzionario, qualcuno ha scritto.
 
Giovanni Battista Menzani
@GiovanniMenzani
 

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