Le Rubriche di PiacenzaSera - Universi

La redazione di “Universi” incontra il baskin, l’intervista

La redazione di “Universi” alla scoperta del baskin, l’attività sportiva che si ispira al basket e consente a normodotati e disabili di giocare nella stessa squadra.

Protagonista dell’intervista dei redattori, Micaela, Roberta, Chiara e Hassan, l’ingegner Antonio Bodini, ideatore e promotore della disciplina che in provincia di Piacenza annovera una squadra a Caorso.

Ad invitare Bodini la nostra redattrice Roberta, giocatrice di baskin e grande appassionata di questo sport. E’ stata l’occasione per tutta la redazione di conoscere una realtà nuova e interessante, anche se ancora poco diffusa a Piacenza.

Bodini viene infatti da Cremona, territorio dove il baskin è praticato su vasta scala.

IL VIDEO del baskin

Ad introdurre e presentare Bodini proprio Roberta, poi è iniziata la chiacchierata in forma di intervista. Ecco il testo.

La redazione non poteva partire dalla domanda più semplice e diretta: in che cosa consiste il Baskin?

Purtroppo io non sono più allenatore, perché devo fare il coordinatore delle squadre. Però mi piaceva molto di più fare l’allenatore, perché avevo un contatto più diretto con i ragazzi.

Sono il Presidente dell’Associazione Baskin, che è stata fondata proprio per istituzionalizzare questo tipo di sport, che, se vogliamo, nasce molto prima di noi perché nasce con la legge per l’integrazione scolastica degli alunni con disabilità.

È una legge che è stata ed è tuttora all’avanguardia perché comunque in Francia, in Belgio, in Germania e in Inghilterra ci sono ancora le scuole speciali, mentre in Italia no.

Dopodiché bisognava trovare delle prassi che rendessero questa legge sfruttabile, di modo che si vedesse che non era solo un’utopia l’inclusione tra persone normodotate delle persone disabili.

Quando io sono entrato nel mondo della scuola per la seconda volta, cioè per i figli, ho cominciato ad occuparmi di questa cosa qui.

Per consentire a disabili e a normali di giocare insieme dovevamo cambiare le regole e le modalità dei giochi tradizionali. Volevo che ci fosse questa possibilità di sfruttare l’ambiente scolastico (grazie alla legge sopracitata) e far vedere quanto fosse bello e gustoso e divertente poter fare sport insieme, persone con disabilità e senza.

Dopodiché bisognava inventarlo questo gioco: io giocavo a basket, e quindi conoscevo quello e mi sono ispirato a quello. A differenza degli sport integrati, nel baskin abbiamo cercato di chiarire alcune idee: tutti devono riuscire a arrivare all’obiettivo finale, cioè fare canestro.

Questo è il punto chiave: evidentemente dobbiamo riconoscere che qualcuno ha delle difficoltà molto maggiori di qualcun altro, a qualcuno manca la forza, quindi non può tirare la palla come la devono tirare gli altri, perché non tutti partono da uno stesso livello.

Così se uno non ha la forza, gli facciamo tirare una palla più leggera, non lo facciamo tirare da lontano ma da più vicino: ma deve sempre essere una sfida, una condizione limite per cui può fare canestro e può anche non farlo, perché solo lì c’è il gusto di sfidare sé stessi e anche il gusto di competere con gli altri.

Ma si parte dal riconoscimento della difficoltà di una persona e non dal fatto che, per bontà o per buonismo, “io ti faccio tirare con una palla più leggera o da più vicino così gioca anche tu”: ciascuno deve poter giocare, deve poter arrivare all’obiettivo, facendo punti per la propria squadra, facendo canestro.

Però riconosciamo anche chi non ha la stessa fluidità e motricità. Questa è la caratteristica principale del baskin che nasce così: tutti si gioca insieme e a tutti viene richiesto il massimo. I giocatori normodotati non possono permettersi di far giocare gli altri perché così la perdi la partita, devi dare il meglio di ciò che hai.

Naturalmente non puoi difendere contro una persona che ha difficoltà di un certo tipo. Però gli altri possono difendere su di te, per cui tu, oltre ai normodotati, hai anche gli altri che vengono a circondarti e a darti fastidio per ostacolare la tua azione. Alla fine diventa estremamente bello anche per chi non ha disabilità.

Ed è la mia soddisfazione, quando vedo le persone normodotate che, oltre ad essere felicissime di giocare, fanno venire nuova gente a giocare a baskin perché hanno scoperto il posto dove ci si diverte. Bisognerebbe vederlo, perché altrimenti sembrano solo parole.

Una domenica sì e una no ci sono le partite del campionato a Cremona o a Caorso. Quando ci sono le nostre partite c’è la palestra piena.

Le nostre partite, rispetto a quelle tradizionali, sono belle da vedere, sono molto dinamiche. Per poter far giocare tutti insieme abbiamo anche introdotto delle novità di natura sportiva: non c’è un obiettivo solo, quello di andare a fare canestro o a finalizzare l’azione, ma ce ne sono due, contemporaneamente presenti.

C’è quello tradizionale a fine campo e poi ci sono due canestri a metà campo (uno a metà altezza e uno un po’ più basso). Quindi l’azione può essere finalizzata in quello tradizionale o in quello intermedio.

In questo canestro più basso tirano le persone che hanno delle difficoltà di forza quindi tireranno, a seconda delle loro difficoltà, in quello più alto o più basso. Il concetto è che ci sono due gradi di libertà: questa cosa è unica negli sport.

Il baskin è il primo sport dove ci sono due gradi di libertà: questo significa che si gioca nella indeterminazione, non si sa mai se si va a tirare in un canestro o nell’altro.

Gli spettatori sono interessati perché sono sempre sorpresi da dove andrà a finire il gioco. Sono i giocatori che in campo, a un certo punto, che decidono di andare da una parte o dall’altra, a seconda delle situazioni che si presentano.

Questa imprevedibilità nasce per poter far giocare tutti, introduce una novità in campo sportivo, ed è una novità efficace perché permette, oltre che alle persone che giocano, anche agli spettatori di godere di questo gioco, il che non è scontato.

Io tante volte, quando vado a vedere le partite di basket, mi diverto l’ultimo quarto, quando si decide come va a finire la partita. Quando sono stato un pomeriggio intero a vedere partite di baskin, dove tutto c’è questo dinamismo e questa imprevedibilità, non mi stanco mai. Sono andato a volte con amici stranieri a vedere il basket e mi han detto “It’s boring”, mentre del baskin “Wonderful!”.

A Cremona ci sono 14 squadre di baskin: non c’è nessuno sport che ha così tante squadre, associazioni sportive dilettantistiche. Nel Veneto, che si sta espandendo, ce ne sono (tra Vicenza e Padova) 21 di squadre. Nelle Marche, in Piemonte, Val d’Aosta, nord della Lombardia, in Emilia si sta espandendo molto. Però non abbiamo una federazione: parte tutto dal basso, dal passaparola delle persone che dicono “Guarda che qui ci si diverte!” e alla fine convincono qualcuno a fare una squadra. Adesso in Italia ci sono 83 squadre, tutte associazioni sportive dilettantistiche.

Domanda di Chiara: come può avvenire sul campo la collaborazione tra disabili e normodotati?

Avviene per necessità di far punti: le regole, che sono l’oggetto culturale del baskin, prevedono che per andare a canestro ci si possa andare in un certo modo.

O portando la palla alla persona che tira nei canestri laterali e può tirare senza difesa; oppure andando nel canestro tradizionale, magari portandola ad uno che ha difficoltà nel canestro tradizionale fa 3 punti.

Tu devi investire anche sulle persone disabili. È una delle poche volte in cui persone normodotate investono sulle persone disabili perché loro quando gli porti la palla hanno 10 secondi tempo per tirare e fare canestro.

Quindi hai convenienza a portarla a loro, se la persona con disabilità gioca bene, altrimenti non gliela passi perché, evidentemente non è la giornata giusta. Come succede ai normodotati che, in certe giornate, non va dentro mai, e quindi è meglio non dargliela, così succede con certe persone con disabilità.

Ma i disabili in carrozzina non possono venire ostacolati, possono tirare liberamente?

Hanno un tempo determinato e devono prendere certe posizioni, vengono posizionati dai compagni. Le persone che hanno le maggiori difficoltà nella forza, hanno come sfida quella di riuscire a posizionare correttamente la palla che ha in mano su uno scivolo che è stretto, e poi devono lasciarla andare in modo che scorra giusto, senza dare spinte laterali che la farebbero andare fuori. Se lo riesce a fare la prima volta vale 3 punti, altrimenti se vuole più tentativi vale 2.

Quindi, in un certo senso, individualizzate anche il tipo di strategia da seguire in base alle difficoltà della persona?

Esattamente. Non ci si può ancorare sempre sulle stesse cose. Bisogna sviluppare una certa flessibilità mentale. Se l’obiettivo è inclusione, dove poter giocare chiunque. Abbiamo avuto esperienze con persone ipovedenti, persone che hanno il deambulatore, persone che hanno avuto degli ictus. Le due categorie sono fino a 16 anni e da 16 anni in su.

Ci sono persone di 50 anni che sono tornate ad avere una vita sociale perché giocano a baskin. Io ho visto le mogli in tribuna quando i mariti dovevano tirare: che partecipazione intensa! Sono tornati ad avere una vita sociale in cui si è importanti, nel bene e nel male: puoi dar punti o fai perdere la tua squadra. Così è anche nella vita, bisogna accettare che le nostre azioni hanno delle conseguenze.

Domanda di Hassan: in generale, come funzionano i tornei-campionati nel baskin?

Ci sono due categorie: sotto i 14 anni, e quella è pratica scolastica; dai 14 anni in su, fuori dalla terza media, è categoria senior. Questo permette che l’integrazione non c’è solo a scuola, ma anche dopo.

Uno dei grossi problemi è anche quello: finché c’è scuola c’è inclusione, finita la scuola torni per conto tuo nella tua famiglia. Invece qui vai avanti, con delle associazioni sportive, così da poter stare insieme a tutti nel luogo deputato per fare sport.

Tutte le squadre di baskin sono tutte associazioni sportive dilettantistiche. Ci sono tante sezioni territoriali, che più o meno corrispondono alle regioni (Lombardia Sud e Nord, Veneto Est e Veneto Ovest, Piemonte, Val d’Aosta, Emilia, Marche, Toscana, Sicilia, Puglia etc).

Nell’ambito della sezione si fanno i campionati. C’è il responsabile della sezione, che è uno dell’Associazione baskin. Ci sono le società sportive, le quali si tesserano per un ente di promozione, che può essere uno qualunque (CSI, UISP, Xena), per avere l’assicurazione.

Viene così organizzato il campionato, in varie forme (all’italiana, play-off, dipende dal numero di squadre). Ogni due anni c’è il campionato italiano: per cui le vincenti di ogni sezione territoriale vanno a fare la fase finale del campionato italiano.

Il primo era stato a Cremona nel 2013, il secondo nel 2015, nel 2017 a Montecchio in provincia di Vicenza. Nell’anno in cui non c’è il campionato si sviluppa un altro tipo di competizione, ovvero la Coppa Italia, e ogni anno c’è un criterio diverso di scelta: tutte le squadre che sono nate quell’anno, le più giovani ad esempio; oppure le squadre che hanno fatto tesserare più giocatori.

Il criterio cambia perché non deve essere solo chi arriva prima che deve andare a fare la fase finale. Quest’anno per esempio alla Coppa Italia partecipano solo le squadre nuove che sono nate quest’anno.

Domanda di Monica: gli allenamenti ogni quanto ci sono?

Gli allenamenti ci sono, al minimo, una volta alla settimana; ci sono anche squadre che ne fanno di più, nelle Marche ne fanno anche 3 alla settimana, a Milano ne fanno 2, Sant’Ilario ne ha fatti anche 4 per migliorare molto.

Domanda dell’assistente di Chiara: qual è la stata la prima squadra ad essere formata?

Noi abbiamo cominciato nel 2001 a sperimentare, a provare. Quando abbiamo cominciato eravamo io, il prof. Cappellini e un gruppetto di ragazzi. Provavamo, e chiedevamo sempre “Ma è bello? Vi divertite così?”, molte volte proponevano di cambiare.

È stato proprio calibrato sul divertimento delle persone che partecipavano: è per questo che funziona così bene. Nel 2004 abbiamo formulato il regolamento, abbiamo deciso di uscire dalla scuola e di proporlo a delle società sportive esterne.

Ammetto che avevo molta paura perché, conoscendo il mondo della pallacanestro, sapevo che c’era molto pregiudizio rispetto alla disabilità. Invece è andata benissimo, sono stato smentito. Fatte 4 squadre, abbiamo fondato l’Associazione baskin: le prime 4 squadre sono state San Michele, la Sas e due di Castelleone.

Una cosa bellissima me l’ha detta una ragazza che giocava a basket nella Geas, che è stata una delle squadre più importanti della storia della pallacanestro femminile italiana, che ha vinto non so quanti scudetti.

Si è avvicinata e mi ha detto: “Voglio raccontarle questa cosa: ho giocato nel Geas per anni, a un certo punto la pallacanestro mi usciva dagli occhi, non ne potevo più, e ho deciso di smettere. Poi sono stata coinvolta nel baskin, ed è nata una nuova vita, mi strapiace”. È tornata sui campi da gioco grazie al baskin.

Domanda di Hassan: come vengono organizzate le trasferte durante la Coppa Italia e altri campionati?

A Cremona, essendoci 13-14 squadre, si gioca praticamente tutti in una stessa palestra, i genitori accompagnano, non c’è tanta strada da fare. Quando ci sono delle trasferte più importanti ci sono le macchine e i pulmini.

Ci si ferma a dormire: se c’è una persona che ha bisogno di assistenza viene con una persona che la assiste. E’ sempre prevista, nel caso si debba dormire fuori, che ci sia la stanza dell’albergo adatta.

Se invece è una partita che in giornata si torna a casa allora no. Per limitare però questi spostamenti si fanno i cosiddetti concentramenti: in una giornata si fanno 4 o 5 partite (non tutte la stessa squadra ovviamente). È anche un beneficio da un punto di vista della gestione economica (vedi arbitri ad esempio).

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