Tutte le sfumature dell’animo umano de “La Gioconda” trionfano al Municipale

Fin dalla prima rappresentazione alla Scala nel 1876 la vita della “La Gioconda”, opera scritta da Arrigo Boito e musicata da cremonese Amilcare Ponchielli, cremonese di Paderno con una spruzzata di piacentinità (nella nostra città per un periodo piuttosto breve ha svolto la funzione di direttore di banda), ha sempre goduto di favori e di consensi.

Se alla prima alla Scala fu un trionfo, l’ultima rappresentazione al Municipale di Piacenza nel ’61 fu un successo memorabile (che abbiamo avuto la fortuna di vivere di persona) soprattutto grazie all’indimenticabile (ed a volte inarrivabile) Gianni Poggi accompagnato dall’ottima soprano romana Emma Danieli e da un sontuoso Lucio Gaetani.

Senza sciocchi paragoni che nell’arte non hanno ragione di esistere, possiamo affermare che l’edizione andata in scena ieri sera, sempre nel teatro Municipale davanti ad un pubblico numeroso ma non da sold out, ha fatto registrare un livello artistico addirittura superiore.

Parlare di trionfo non si esagera; non c’è stato spettatore che non si sia espresso in termini entusiastici al termine dell’opera.

“In quaranta anni di teatro non ho mai assistito ad uno spettacolo così bello” dichiarava il comandante provinciale dei carabinieri Corrado Scattaretico. “Alla Scala se li sognano rappresentazioni come queste” aggiungeva l’esperto Filippo Baldini.

Applausi interminabili al termine ed un’autentica ovazione ha salutato il tenore Francesco Meli al termine della celebre romanza “Cielo e mare”.

Un’altra perla organizzativa, dunque, da aggiungersi alla ricca collana della Fondazione Teatri di Piacenza che ha realizzato l’evento in collaborazione con le Fondazioni dei teatri di Modena e di Reggio Emilia.

A parte l’altissimo livello dell’esecuzione perchè quest’opera incontra così tanto i favori del pubblico? Soprattutto per la bellezza della sua musica composta da un compositore professore (tra i suoi allievi anche Puccini e Mascagni) dotato di rara maestria di orchestratore, di finezza di cesello e preziosità timbrica evidenziate dall’arte professionale del maestro Daniele Callegari, probabilmente il miglior interprete di Ponchielli in ambito mondiale, che ha diretto con notevole acume musicale l’orchestra regionale dell’Emilia Romagna estraendo effetti di straordinaria bellezza.

Quella del complesso (e forse complessato) autore cremonese è una musica di un lirismo con marcata vena romantica con influssi crepuscolari e di francesismo con richiami offenbachiani. Tutta la sua opera è impregnata di un pessimismo che non rattrista ma coinvolge in spazi poetici molto attraenti.

Così Amilcare Ponchielli rimane un autore ancora da scoprire nella sua profondità e nella sua personalità anche perché della circa dozzine di sue opere, “La Gioconda” è l’unica che viene prodotta e rappresentata.

Anche in questa opera viene celebrato l’amore, la cattiveria umana, la passione ed il sacrificio. L’impegno è molto ben distribuito fra coro, orchestra, canto e balletto. Proprio quest’ultimo ha una bellissima pagina nella “Danza delle ore” magistralmente interpretata dalla compagnia Artemis Danza di Monica Casadei.

Vocalmente la Gioconda è molto impegnativa e richiede ai cantanti qualità vocali e musicali non indifferenti. Ebbene tutti hanno superato brillantemente la prova: dalle parte leggere del piacentino Simone Tansini e Lorenzo Izzo per passare al cantore Nicolò Donini ed allo Zuane di Graziano Dallavalle.

Andando ai personaggi principali sicura e convincente Agostina Smimmero nella parte della Cieca. Capacità scenica ed interpretativa da parte del basso Giacomo Prestia in un Alvise Badoer dalla notevole padronanza scenica.

Il baritono romeno Sebastian Catana, pur non essendo al meglio per una leggera forma virale rimediata il giorno precedente ha dipinto la figura di Barnaba con efficacia e sicura intonazione.

I tre mattatori della serata sono state la soprano Saioa Hernandez (Gioconda), l’altra soprano Anna Maria Chiuri (questa volta nel ruolo di mezzosoprano) ed il tenore Francesco Meli.

La Hernandez l’avevamo già ammirata su questo palcoscenico nella Wally. Se allora era una cantante interessante ed in ascesa ora ha raggiunto una dimensione di notevole statura. La sua voce bella e vigorosa, che non s’increspa pur nelle difficili espansioni, viene posta con grazia e sicurezza e raggiunge l’apice nel drammatico. Certamente destinata ad un’importante carriera.

Di Anna Maria Chiuri siamo sempre stati convinti ammiratori per le doti umani e per le qualità artistiche. Interpreta i più svariati personaggi con una disinvoltura impressionante forte di una base musicale e vocale di assoluto valore. Il duetto nel finale tra le due protagoniste con l’aggiunta del tenore Meli difficilmente lo potremo scordare per bellezza timbrica e perfezione musicale.

C’era molta attesa tra i filolirici per sentire dal vivo una delle voci più belle nell’arengo internazionale. Ed il tenore genovese Francesco Meli non ha deluso, anzi, il suo crescendo vocale ha portato il pubblico all’entusiasmo dopo averlo conquistato in “Cielo e mare”. La facilità degli acuti, la chiarezza della voce, squillante ed armonica, dove ogni parola viene scandita ed una ragguardevole maturità artistica lo fanno meritatamente una star mondiale con riconosciuto merito a chi l’ha portato ad esibirsi nel nostro teatro.

Nel contorno discreta regia con buone trovate sceniche e costumi piuttosto originali ma sempre gradevoli.

In chiusura meritato riconoscimento al coro piacentino diretto, dal maestro Corrado Casati, sempre a tempo ed incisivo ed applausi meritati per le “Voci Bianche del Coro Farnesiano di Piacenza diretto da Mario Pigazzini

 

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