La geografia fantastica di Piacenza, ecco la “procace” Alseno

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La Geografia “Fantastica” della nostra terra nel “Dizionario Toponomastico Fantastico della Provincia di Piacenza“. Per scoprire tanti posti tra il vero e l’immaginario. Ecco un estratto della pubblicazione edita da Officine Gutenberg in vendita nelle librerie di Piacenza e provincia o nella sede di via Giordano Bruno, 6.

Nelle prossime settimane vi offriremo altre puntate.

LA PREMESSA – Una delle più incredibili vicende raccolte in questo libro è quella di Besenzone, che a partire dal IV secolo d.C. fu popolato da donne molto belle provenienti dal nord Europa: donne alte, di carnagione chiara e dalla lunga chioma, bionda o del colore del fuoco e del rame, che a torto vennero credute streghe.

Un’altra è relativa a una scatenata battaglia tra Barbieri preistorici in un grande Prato al limitare dei boschi del monte Moria, una sorta di nostrano talent show ante litteram. Un’altra ancora a un uomo incurvato dagli anni, con il respiro affannoso, che era solito accovacciarsi sotto le fronde del suo albero di noci per veder volare nel cielo un Gabbiano. Che cosa ci faceva lì, tra le colline di Pianello, quello strano uccello? E che dire di Doppi, abitato solo da gemelli, o di Settesorelle, umile rifugio di una vedova che alla fine del Settecento crebbe da sola sette figliole?

Sull’origine dei toponimi di Mareto e di Montalbo non c’è invece certezza: vi sono in campo diverse ipotesi, tutte (quasi) verosimili. In altri casi, dubbi non ce ne sono. Castelvetro deve il suo nome al maniero (tutto trasparente) di un conte assai geloso della sua giovane moglie; I Vaccari allo spettacolo itinerante del circo indiano del Grande Capo Toro Accovacciato (il cui figlio sarebbe poi diventato il ben più noto Toro Seduto); Corano alla prima enclave islamica in val Tidone; San Polo a un geniale stilista cinese che disegnò la prima maglietta con il collo (assai prima di Lacoste e di Ralph Lauren); Tuna a un’azienda inglese che sulle sponde del fiume allevava il tonno già inscatolato.

E ancora: i meriti dell’enogastronomia piacentina. A Brodo, piccolo borgo alle pendici della Pietra Parcellara, si inventò – appunto – il brodo, tanto che ancor oggi è gemellato con Knorrburg, in Germania. A Perino, invece, un fantastico liquore ad alto tasso alcolico, ovviamente a base di pere.

Come dite, non l’avete mai bevuto? Non vi resta che leggere queste pagine, se volete conoscere la vera storia (fantastica) dei nostri paesi e delle nostre vallate.

NON SI PUO’ CHE COMINCIARE DA… ALSENO

ALSENO (Alsèin)

È attraversato dalla via Emilia, la strada romana fatta costruire (dal 189 al 187 a.C.) dal console Marco Emilio Lepido per collegare in linea retta Rimini con Piacenza. La sua collocazione geografica lo vede a metà strada tra Parma e Piacenza, dalle quali dista circa 30 km in corrispondenza con l’intersezione della via di Genova. Il toponimo antico era senum e ufficialmente deriva dalla particolare orografia del terreno su cui il sito venne fondato in epoca romana. Oggi è sede di Comune; vi sono inoltre: la scuola elementare e media, l’asilo e la chiesa intitolata a San Marino.

Il mercato settimanale si tiene la domenica. Il paese viene ricordato fino dagli anni Ottanta per la presenza di un enorme centro commerciale (la famosa Casamercato prima; oggi è stata sostituita dal Rossetti Market) che causa notevoli ingorghi automobilistici e nel cui parcheggio i vucumprà fanno affari d’oro con i più svariati generi di abbigliamento rigorosamente taroccati.

Si narra che durante la costruzione della via Emilia, realizzata per consentire all’esercito il rapido accesso alla regio VIII Aemilia, le maestranze che necessitavano di punti di ristoro e alloggio trovavano ospitalità in una piccola osteria posta sulla sponda del torrente Grattarolo, molto rinomata per la cuoca particolarmente dotata e per i gustosi piatti con alimenti genuini ed energetici. In breve tempo il gradimento del locale si sparse di bocca in bocca a tutto l’impero, e arrivò anche all’orecchio del console Marco Emilio Lepido la notizia della Michaeli sidereum culina governata dalla cuciniera caratterizzata dal “pectore magno che divenne uno dei libatio-gossip romani del periodo, con recensioni sui marmorei socialis signam viatoris.”

Incuriosito dalle svariate voci, un bel giorno il console Emilio, in occasione di un sopralluogo per la verifica dell’avanzamento dei lavori, decise – con la propria coorte – di fare tappa nel cubiculum dell’hospitale e deliziarsi con le famose ricette piacentine. Ma, dato che la lingua colta latina non era ben compresa dai padani, le cui origini celto-liguri denotavano un dialetto e una parlata ambigua – caratterizzata già all’epoca dall’inconfondibile “evve” – fu così che venne equivocato il messaggio dell’ambasciatore consolare, riservando solo una stamberga per “Emilio cal ghèva famm el’vuriss la consa”, con “pisareli et fabam et album vinum”.

Resisi poi conto dell’equivoco, venne prestamente apparecchiata la tavola e preparata la migliore stanza per il riposo del titolato. Emilio, dopo aver abbondantemente manducato, post cibum et potum si fece sentire l’effetto energetico del ristoro con una poderosa evocazione al dio Priapo. Erano anni che al console non si manifestava un tale fenomeno a causa degli stress psicofisici causati dalle tensioni per il rispetto dei tempi di consegna delle infrastrutture viarie, ritardate dalle paludi, dagli scioperi degli operai, dalla mancanza degli approvvigionamenti degli schiavi o dalle varie invasioni dei barbari.

Ebbene, per rimediare a tale evento venne chiamata la procace cuoca, la quale, dopo una breve ma intensa seduta, pose fine al malessere consolare con una pratica segreta, tramandata da padre in figlia (e da fratello a cugina) e tipica della cultura celtoligure dell’alto Appennino. Da allora il misterioso luogo venne denominato locum mulieris ubera magnum in lingua colta, ma nel dialetto popolare suonava all’incirca MAGNO AL SENO, da cui ALSENO.

Le prodigiose vivande fecero sì che i lavori di realizzazione del tratto della via Emilia venissero ultimati ben prima della scadenza prevista, con grande soddisfazione della committenza. Ancor oggi la caratteristica peculiare delle bariste lungo la via Emilia, ma non solo alsenesi, è quella dell’imponente decolleté; non è raro sentire gli abitanti locali dire “andùm a bèv un bicèr in dal bar d’la tatòna”

[CLAUDIO SESENNA, assiduo frequentatore del bar d’la tatòna]

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