Le Rubriche di PiacenzaSera - Nave in bottiglia

Il ricordo di una giornata biancorossa, 25 anni fa foto

Il 13 giugno non è una data qualsiasi per ogni tifoso biancorosso che si rispetti. Esattamente 25 anni fa il Piacenza Calcio approdava per la prima volta nella sua storia in serie A.

LA STORIA DEL PIACENZA CALCIO

Cosenza, 13 giugno 1993, ore 17,17: Fulvio Simonini, attaccante tra i più dimenticati nella storia biancorossa, firma il gol della vittoria sui calabresi che vale il biglietto d’ingresso per la serie A. Per la prima volta in 74 anni di storia il Piacenza è nell’Olimpo del calcio italiano: un sogno che si avvera, l’ennesimo miracolo di quel manipolo di “pazzi” che risponde al nome di Cagni, Marchetti e Garilli.

Un’impresa, peraltro, non prevista né prevedibile ai nastri di partenza del campionato di serie B: tra le pretendenti al trono c’erano squadre blasonate come Bologna, Verona, Ascoli, Padova…tutte corazzate lasciate indietro dall’agile vascello di De Vitis e compagni. Proprio al bomber spetta un ringraziamento in più: le sue 19 reti sono state il trampolino di lancio verso la promozione.

Alcune bellissime (come quella al Verona), altre d’astuzia, tutte ugualmente pesanti. Ma non si possono dimenticare le sgroppate di Turrini e Piovani, le parate di Taibi, la saggezza (tecnica e umana) di un allenatore entrato di diritto nei cuori dei piacentini.

Gigi Cagni ha stentato non poco prima di riuscire ad assemblare una squadra convincente: quando c’è riuscito, nessuno è più riuscito a fermare i biancorossi. (tratto da storiapiacenza1919.it)

Per celebrare questo anniversario ripubblichiamo la “Nave in bottiglia”, la rubrica di PiacenzaSera.it curata da Mauro Molinaroli, con il racconto di quella giornata.

Storia, memoria, impasto di emozioni e sensazioni irripetibili. Tutto questo il 13 giugno 1993 quando il Piacenza entra nella storia. Supera il Cosenza per 1 a 0 con un gol di Simonini ed è in serie A. Piacenza città delle meraviglie. Io sono laggiù, insieme ad altri amici e colleghi giornalisti. Commozione, baci, abbracci. Festa, gioia e alcune considerazioni.

Vorrei che fosse ancora vivo mio padre per dirgli quanto è grande la mia gioia, mia madre ascolta dagli schermi di Telelibertà la mia telecronaca. E’ una grande gioia per tutti. Ma nessuno di noi, giunti fino a Cosenza si immagina cosa stia accadendo a Piacenza.

Terminata la partita scendo negli spogliatoi. Cagni ha la testa tra le mani e un groppo in gola. La voglia di piangere e il bisogno di urlare. Testardo, spigoloso, noioso e puntiglioso fino all’inverosimile. Ha la fama di essere un uomo forte, ma in quella domenica dolce come il miele vorrebbe sciogliersi, non ci riesce. Ha la tensione incollata addosso.

In tre stagioni ottiene due promozioni, la prima in serie B e la seconda in A. Taibi, Chiti, Broschi / Suppa, Maccoppi, Lucci / Turrini Papais, De Vitis, Iacobelli (Moretti), Piovani. Questa formazione è ancora oggi una sorta di filastrocca da ripetere a figli e ai nipoti. E lui, Cagni? Fa grande il Piacenza. Ci mette del suo. Controcorrente e coerente fino alla noia, crede solo ed unicamente nel suo lavoro.

piace promozione Libertà

Cagni nutre una sorta di venerazione per l’ingegner Leonardo Garilli. Ha ragione. Egli sa di avere dato tanto al Piacenza ma è anche consapevole di avere avuto molto dai piacentini e soprattutto da un grande presidente. Nessun altro allenatore riscuote tanti consensi. Piacciono in lui la risolutezza e la serietà. Vive di calcio. Non molla mai. Anche nei momenti più difficili la città è dalla sua parte. Come i giocatori, del resto. «Crediamo nel suo progetto, i suoi difetti passano in secondo piano», dice Giorgio Papais a un cronista.

Il progetto e il gruppo sono la stessa cosa. Resta a Piacenza sei stagioni e lascia per trovare nuovi stimoli. Potrebbe essere l’Inter oppure il Napoli e invece è Verona. Non ha fortuna e retrocede in B. Sfiora il miracolo, sempre in B, con la Salernitana e poi sulla sua strada Genoa e Sampdoria. Per uno come lui, Genova è più di un’idea. E’ una bellissima realtà. Il mare e il sole.

Torniamo al 13 giugno. Da Cosenza si corre in auto fino a Lamezia Terme e poi sull’aereo insieme alla squadra. Un’occasione e una sensazione irripetibili. Dal silenzio e dal groppo in gola dei protagonisti alla gioia più sfrenata. Canti, cori, abbracci. E’ serie A. Nessuno di noi sa che a Piacenza è il finimondo. Atterriamo all’aeroporto di Parma alle 22,30. Uno spettacolo. Un migliaio di piacentini non ce l’ha fatta ed è giunto all’aeroporto per salutare gli eroi. Bandiere, canti, cori improvvisi. E’ serie A. E una grande emozione. In auto arrivo, insieme a Paolo Gentilotti, a “Libertà”. Voglio che la mia firma sia sul giornale del giorno dopo per una giornata che apparterà alla storia. Stremato, stanco. Intanto lo stadio è gremito fino all’inverosimile.

Piacenza si è svegliata. Ha gettato la maschera. Una città in amore. Una storia infinita con diecimila persone che affollano le tribune. E quando gli eroi di Cosenza si presentano in campo, è quasi l’una. La gioia si mischia all’emozione. L’Ingegner Garilli si traveste da burbero ma questa impresa lo rende felice, commosso. E poi via via tutti i protagonisti di una notte fatata, magica, da bere. Siamo in serie A. E se ancora oggi mi chiedete qual è stata l’emozione più grande, rispondo senza reticenze.

Il 13 giugno 1993 quando il Piacenza conquista la serie A in una notte da bere. I giornali si spendono per questo miracolo. Viene fuori l’immagine di una squadra umile e operaia, di una realtà che quasi per magia ha ottenuto una promozione straordinaria. Ma nei giudizi non c’è la giusta attenzione verso il grande impegno e la grande destrezza imprenditoriale dell’Ingegnere. Piacenza vive uno dei periodi più belli della sua storia recente.

Mauro Molinaroli

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