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Rotary Piacenza Valli Nure e Trebbia, conversazione sul decreto sicurezza foto

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Al Rotary Piacenza Valli Nure e Trebbia conversazione sul Decreto Sicurezza

Graditissimo ospite durante l’ultimo incontro del Rotary club Piacenza Valli Nure e Trebbia è stato il Sindaco di Rottofreno, e Socio del Rotary club Piacenza Farnese, Raffaele Veneziani, che, subito dopo la presentazione da parte del Presidente del sodalizio rotariano Riccardo Cioce, ha tenuto una conversazione sul tema del “Decreto Sicurezza” e le sue ripercussioni sui Comuni.

Dopo essere stato approvato dal Consiglio dei Ministri, il Decreto Sicurezza è ora diventato legge con il via libera anche da parte del Senato e della Camera.

Si tratta di un provvedimento molto atteso, in pratica il primo recante la firma di Matteo Salvini, con il nuovo ministro dell’Interno che così andrà a disporre misure su alcuni delicati temi come il terrorismo, la lotta alle Mafie e la pubblica sicurezza.

Dopo le prime analisi del Decreto Salvini su immigrazione e sicurezza, sono emerse alcune preoccupazioni dei primi Cittadini che, a prescindere dal colore politico e dalle proprie idee, si troveranno a gestire situazioni che potrebbero risultare esplosive per i territori.

Secondo il decreto sicurezza e immigrazione, ha spiegato Veneziani, le uscite dal sistema di accoglienza dei migranti con permesso di soggiorno umanitario possono avvenire alla consegna del permesso di soggiorno, con il quale la persona può iniziare a cercarsi un lavoro.

Questo non è sostanzialmente cambiato rispetto alla precedente legge; ciò che invece è mutato è appunto il circuito degli SPRAR, il cui nome (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati) si è trasformato in “Sistema di protezione per titolari di protezione internazionali e per minori stranieri non accompagnati”, e fa capire come ora a questo programma possano accedere solamente coloro i quali possiedono la protezione internazionale, o i minori non accompagnati.

Chi però ha il permesso umanitario non deve essere mandato via dallo SPRAR, bensì può rimanerci fino al termine del progetto a cui partecipa. I richiedenti asilo ora non potranno più accedere all’ex SPRAR, ma possono comunque andare o restare nei Cas, cioè nei Centri di accoglienza straordinaria.

La confusione che si è generata probabilmente è dovuta anche al fatto che il decreto sicurezza non sembra aver previsto norme transitorie. Da un giorno all’altro, infatti, i richiedenti asilo “sospesi”, cioè in attesa di un primo giudizio, sembra siano diventati invisibili.

La cancellazione della protezione umanitaria, sostituita da un insieme di altri permessi, porterà alla presenza di un considerevole numero di persone senza un regolare permesso di soggiorno e con l’unica alternativa del rimpatrio, soluzione tanto costosa quanto di non facile attuazione sia per ragioni amministrative (accordi con i paesi di provenienza) che per ragioni costituzionali, dato che la nostra Costituzione, all’articolo 10, garantisce allo straniero gli stessi diritti previsti per gli italiani.

Le preoccupazioni dei sindaci sono dovute al fatto che si dovranno confrontare con un maggior numero di “invisibili” sul loro territorio, persone a rischio marginalizzazione con fragilità e bisogni: rimuovere persone dal sistema di accoglienza significa metterle a carico dei servizi sociali comunali.

Il problema principale di questo atto infatti è rappresentato dalle conseguenze dell’abolizione della protezione umanitaria, rendendo “nebulosa” la posizione di coloro che godevano di questa protezione. Le ripercussioni non saranno immediatamente riscontrabili, in quanto i richiedenti asilo che già stanno beneficiando dello SPRAR potranno usufruirne fino alla scadenza del progetto in corso, già finanziato, ma quando scadrà il progetto, o per quelli che la protezione umanitaria la stavano per avere.

Il cambiamento dello Sprar, con l’espulsione dei richiedenti asilo (anche quelli considerati vulnerabili) e di coloro che saranno titolari di forme di protezione alternative, potrebbe avere come conseguenza che i richiedenti asilo (anche vulnerabili, appunto) saranno ospitati in centri straordinari, di grandi dimensioni, alimentando da un lato paura sociale e dall’altro minori possibilità di inclusione; la stessa sorte toccherà ai titolari delle forme di protezione residuali. La somma delle due componenti rischia di superare le centomila unità.

Le incognite individuate dall’analisi del Decreto riguardano quindi gli effetti concreti a lungo termine sui comuni e sui territori, con una sempre maggiore domande di accesso ai servizi sociali e con la necessità di gestire un maggior numero di persone che altrimenti rischiano di sfuggire alle reti di inclusione e sicurezza.

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