Carlo Rognoni in Fondazione: “L’Europa? È bella e ci conviene, ma non così”

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Un incontro chiarificatore, ricco di contenuti e a tratti illuminante nella sua capacità di smontare prospettive e luoghi comuni, ribaltandoli: il giornalista Carlo Rognoni ha portato il suo punto di vista alla Fondazione di Piacenza e Vigevano in un incontro in vista delle imminenti elezioni europee del 26 maggio.

“Una Europa dei popoli e non dei nazionalismi di ritorno”, il titolo significativo di un’iniziativa organizzata dall’Anpi piacentina, che con Stefano Pronti, insieme a Romano Repetti, ha introdotto l’ospite.

Direttore di“Storia e Memoria”, rivista dell’Istituto Ligure per la Storia della Resistenza e della Età Contemporanea, ex direttore di Panorama, di Epoca e del quotidiano di Genova “Il Secolo XIX”, ex vice-presidente del Senato e autore su grandi temi d’attualità, Carlo Rognoni non poteva certo non occuparsi e preoccuparsi di Europa e del suo incerto futuro.

Un intervento articolato il suo, basato su un editoriale scritto personalmente per la sua rivista, che muove da una profonda, potente convinzione, sottolineata dall’autore: “Il 26 maggio sceglieremo chi avrà l’ambizione di far crescere l’Unione, dandole quelle istituzioni e quel governo che ne aumentino la competitività internazionale. Oppure ci abbasseremo a tollerare quei parlamentari che soffrono del male incurabile che è il nazionalismo di ritorno, causa di drammi e di guerre? “Storia e Memoria” ha nel suo Dna la lotta per la Resistenza. E oggi la nuova Resistenza passa attraverso un’ Europa più forte. Ricordiamocelo”.

Poi il nodo fondamentale del suo intervento: L’Europa come “grande cantiere in costruzione”. Cosa non ha funzionato nel cantiere? Troppa attenzione a conti e bilanci, poca ai bisogni sociali dei cittadini. Pericolo conseguente i nazionalismi di ritorno, da contrastare con programmi politici chiari ameno su tre punti: “attuazione di politiche fiscali coordinate; gestione cooperativa dei flussi migratori, con poteri più incisivi di Commissione e Parlamento europei, a scapito degli Stati nazionali. Infine “basta con la politica dei veti – sottolinea Rognoni – esercitata dai singoli Stati, che blocca ogni provvedimento. “Perchè la globalizzazione – continua il giornalista – non si affronta da soli, ma insieme”.

E allora ha inizio il racconto della “costruzione del cantiere europeo”, “un progetto aperto, e anzi da modificare profondamente, rilanciare, ma non certo far morire”. “Concepita fin dalle sue origini come Unione politica tra Stati nazionali, volta a mantenere stabilmente la pace in Europa, dal Manifesto di Ventotene del 1941 alla CECA di dieci anni più tardi – evidenzia il giornalista – con la CEE diventa unione economica e, nel 1991, nascono Unione e Parlamento Europei”.

Diversi i trattati emanati, da Maastricht fino a Lisbona, ma è con la “doppia crisi” del 2008, bancario-finanziaria da un lato e migratoria dall’altro, che – continua Rognoni – “l’Unione mostra tutti i limiti, con la grave mancanza di istituzioni centrali capaci di contrastare i biechi egoismi degli stati nazionali”. “Ma è colpa degli stati stessi – non manca di specificare – che non hanno voluto dotare l’Europa di istituzioni adeguate e necessarie”.

E così la crisi del 2008, l’austerità come risposta univoca, i flussi migratori gestiti a livello nazionale, hanno aperto la strada al sovranismo nazionale e al suo potenziale distruttivo e conflittuale. “In un’epoca di sfide globali determinanti per l’intero pianeta – riprende il giornalista -, che coinvolgono tutte le grandi potenze, l’Europa resta, pur con i suoi difetti da emendare, un progetto da difendere strenuamente per i suoi obiettivi: all’avanguardia nella lotta contro il cambiamento climatico, nella tutela dei diritti umani, nella cooperatività e competitività internazionale”. E, nell’epoca insidiosa dei nazionalismi di ritorno appare “fondamentale strumento di lotta per la tutela della democrazia”.

Ma come distinguere il 26 maggio tra coloro che vogliono distruggere l’Europa (pur non dicendolo esplicitamente) e coloro che la vogliono più unita e coesa? Per Rognoni contano “gli obiettivi, le azioni programmatiche, non le parole ben confezionate”.

Nello specifico: “Unione monetaria e tassazione uniforme sulle imprese. Imposizione di una soglia minima comune per accoglienza e distribuzione dei rifugiati nei vari Paesi dell’Unione, con speculare gestione concertata e propulsiva delle politiche di respingimento. Costruzione di una difesa comune sul piano internazionale. Consiglio europeo, che esprimendosi a voto di maggioranza in tutte le materie (sicurezza, fisco, politiche sociali, infrastrutture, neutralizzi il veto dei singoli Stati membri”.

Queste le linee cardine da perseguire secondo il direttore di ” Storia e Memoria, che, focalizzandosi sui migranti, ribalta acutamente le prospettive: “Sembrano la pietra dello scandalo, ma ne abbiamo bisogno. Gli italiani continuano a emigrare, chi va in pensione non viene sostituito da nuovi lavori autoctoni, causa grave il calo demografico. Per contro gli immigrati in Italia versano miliardi di contributi all’Inps con il loro lavoro, pagando ingenti pensioni agli italiani”.

“Una popolazione, quella africana, che nel 2100 sarà il il 40% di quella mondiale, con il 70% della popolazione giovanile secondo l’Istat”- osserva il giornalista. Davvero vogliamo illuderci di “combatterli”? E con il filo spinato? Insomma: “L’Europa è bella e ci conviene. Ma più forte, migliore, per il futuro dei cittadini e dell’intero pianeta”.

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