La rivoluzione dei Pronto Soccorso: massimo sei ore di attesa. A Piacenza quasi 92mila accessi l’anno

Nuovi Pronto soccorso negli ospedali dell’Emilia-Romagna. Ripensati negli spazi, più moderni e confortevoli, con ancor più personale specializzato, la riorganizzazione della presa in carico e una permanenza che non potrà andare oltre le sei ore, per un obiettivo chiaro e ambizioso: ridurre al massimo i tempi di attesa per le persone.

Nel 2018 in provincia di Piacenza (vedi tabella sotto) sono stati complessivamente 91mila e 793 gli accessi ai Pronto Soccorso dei tre ospedali in provincia, con quello cittadino (61mila 480) a fare la parte del leone.

Pronto Soccorso piano per ridurre accessi

Da 1.875.560 nel 2016 a 1.891.005 nel 2017, fino a 1.921.960 nel 2018: gli accessi ai Pronto soccorso dell’Emilia-Romagna sono in costante aumento. Anche per l’importanza del ruolo che rivestono nell’ambito dell’articolata rete dei servizi sanitari: fondamentali per i pazienti in condizioni gravi, o con patologie i cui esiti sono fortemente legati alla tempestività dell’intervento medico (come per l’infarto, i traumi, gli ictus, le sepsi); e al tempo stesso snodo cruciale tra l’ospedale e il territorio nella gestione dei percorsi per i pazienti cronici e/o portatori di più patologie.

Di fatto il Pronto soccorso rappresenta una delle principali porte di accesso all’ospedale (il 50% dei ricoveri ordinari avviene dopo un ricorso al Pronto soccorso) ma, in alcuni casi, in particolare per le fasce più vulnerabili della popolazione, all’intero sistema dei servizi sanitari.

La Regione punta a ridurre le attese con un piano dedicato, basato su diverse linee d’azione: 7 milioni di euro per potenziare e qualificare ancora di più il personale sanitario, e quindi attraverso ulteriori, nuove assunzioni (circa 130, tra medici, infermieri e operatori socio-sanitari); una ridistribuzione dell’attività interna attraverso percorsi definiti, con cinque codici per il triage (ai 4 attuali si aggiunge il colore blu) e tre livelli di intensità e, allo stesso tempo, una maggior efficienza nelle consulenze, negli esami e nell’invio diretto agli specialisti, oltre che nella gestione dei posti letto.

E ancora: interventi strutturali per ridisegnare gli ambienti sia nelle costruzioni ex novo che nelle riqualificazioni, per aumentare il comfort dei pazienti e la funzionalità degli spazi di lavoro.

Dopo il lavoro fatto per l’abbattimento delle liste d’attesa per visite ed esami e per i ricoveri programmati, la Giunta regionale punta ora l’attenzione sui Pronto soccorso, in particolare sul governo dei tempi di permanenza. Mettendo in campo un progetto ad hoc per migliorare sempre più l’accessibilità, entro dodici mesi, a strutture sanitarie di cruciale importanza, che rappresentano una delle principali porte d’ingresso all’ospedale e rivestono un ruolo fondamentale nella presa in carico dei pazienti in condizioni di elevata gravità.

La permanenza nei Pronto soccorso dovrà rispettare dunque standard precisi: al massimo sei ore, con massimo un’ora in più per i casi di maggiore complessità, in cui ad esempio siano necessarie numerose prestazioni e consulenze o un’osservazione temporanea.

Obiettivi e contenuti della riorganizzazione sono stati illustrati in Regione dal presidente e dall’assessore alle Politiche per la salute Sergio Venturi in occasione del convegno “Nuovi standard per i Pronto soccorso della Regione Emilia-Romagna”.

Già nel Piano sociale e sanitario 2017-2019 era stato individuato come prioritario il miglioramento dell’accessibilità dei servizi sanitari, in particolare quelli dedicati alla presa in carico dell’emergenza-urgenza. Dopo l’approvazione, sempre da parte dell’amministrazione regionale, delle “Linee di indirizzo per la gestione del sovraffollamento nelle strutture di Pronto soccorso”, che indicavano una serie di strategie utili nelle fasi di maggiore criticità (ad esempio, nel periodo influenzale), ora si procederà a interventi più organizzativi e strutturali, per rispondere in modo sempre più adeguato alle esigenze dei cittadini.

Tempi d’attesa più brevi – Il tempo di permanenza è considerato, a livello internazionale, una misura utile per valutare, e quindi migliorare, le performance dell’intero processo di emergenza. Di fatto, è il tempo che intercorre tra l’accesso del paziente in Pronto soccorso (registrazione) e l’uscita (chiusura del caso); racchiude, quindi, tutti i passaggi e le relative attese intermedie. A livello nazionale è in discussione da diversi anni uno standard di 8 ore.

In Emilia-Romagna circa l’85% già si conclude in media in meno di 6 ore, l’obiettivo è quello di garantirlo per tutti. Nelle situazioni in cui dovessero permanere casi di particolare complessità, il tempo di permanenza oltre le 6 ore non potrà comunque superare un’ulteriore ora aggiuntiva.

7 milioni di euro per rafforzare il personale – L’accesso al Pronto soccorso avviene ovviamente in modo non programmato, per cui si alternano fasi di stress del sistema, causato da forte afflusso di pazienti, e fasi di ridotto afflusso. Per la Regione è necessario, dunque, continuare a investire sul potenziamento e sulla qualificazione del personale, sia in termini quantitativi che di acquisizione di competenze nel settore dell’emergenza/urgenza. Per questo la Giunta regionale mette sul piatto un investimento da 7 milioni di euro.

Sarà portato avanti e ulteriormente rafforzato il piano regionale di rafforzamento del personale: medici, infermieri, tecnici e operatori, che ha già reso possibili, dal 2016 a oggi, oltre 10.300 assunzioni, tutte a tempo indeterminato, nel servizio sanitario dell’Emilia-Romagna, con percentuali di turn over fino al 150%.

Pronto soccorso

Riorganizzazione: cinque codici triage e tre livelli di intensità – È prevista una ridistribuzione dell’attività interna al Pronto soccorso con percorsi basati sul livello di complessità del paziente e non più solo sul codice di priorità (codice colore).

In questa prospettiva cambierà anche la funzione di triage, cioè la valutazione della condizione clinica dei pazienti e del loro rischio. Ciò avverrà attraverso l’attribuzione di una scala di codici colore volta a definire la priorità di trattamento, che passa da 4 a 5 codici (si aggiunge il blu) per differenziare meglio i pazienti, in particolare quelli a complessità intermedia, e avviarli al percorso più appropriato. Nella cosiddetta “complessità alta” confluiranno i pazienti con codice rosso, in quella “intermedia” i codici giallo e verde e in quella “bassa” i pazienti con codice blu e bianco.

Fare rete per aumentare appropriatezza ed efficacia – Fare rete: questa la chiave per alzare i livelli di performance del Pronto soccorso, perché non è l’unico soggetto chiamato a dare una risposta ai problemi di chi si presenta presso una struttura di pronto intervento.

Direzioni sanitarie, Ausl e Aziende ospedaliere dovranno agire insieme, per coinvolgere in questo percorso anche tutti gli attori che giocano un ruolo nel prestare soccorso a chi ne ha bisogno: altre unità operative (medicina d’urgenza, altre aree mediche e chirurgiche), servizi (laboratori, radiologie), e le strutture coinvolte nei percorsi extra-ospedalieri: le Case della salute (per ridurre gli accessi impropri) e gli Ospedali di comunità (come sostegno nelle dimissioni).

Dovranno, inoltre, diventare più efficienti i processi a supporto del Pronto soccorso, come le consulenze, le indagini di laboratorio e quelle radiologiche. Saranno potenziati anche i cosiddetti “fast-track”, ovvero gli invii diretti agli specialisti.

Un ruolo fondamentale per i pazienti che richiedono un’osservazione prolungata, o il ricovero, sarà rivestito dalle funzioni di Osservazione breve intensiva e di gestione dei posti letto. Quest’ultima, in particolare, dovrà raccordarsi con i reparti ospedalieri, in modo da evitare tempi di sosta eccessivi in Pronto soccorso, in attesa del posto letto.

Spazi più confortevoli e funzionali per pazienti e operatori – Comfort per i pazienti e funzionalità degli spazi di lavoro: i nuovi standard per i Pronto soccorso individuati dalla Regione prevedono anche interventi strutturali, sia nelle costruzioni ex novo che nelle riqualificazioni.

Ad esempio, la realizzazione delle “camere calde” (ambienti nei quali accedono i mezzi di soccorso) in modo tale che possano consentire l’accesso di più di un mezzo di soccorso contemporaneamente; l’allestimento di aree per le attese dimensionate in base al numero dei pazienti; un’attenzione particolare alle luci e all’utilizzo dei colori./CV

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