Professione editor, Gabriele Dadati si racconta “Mai sovrastare l’autore”

Piacentino, classe 1982, nonostante la giovane età lo scrittore Gabriele Dadati ha all’attivo svariate pubblicazioni con alcuni dei principali marchi editoriali italiani.

Oltre alla scrittura, Dadati è da sempre impegnato anche nel mondo dell’editoria, in particolare nel ruolo di editor. In quest’intervista, realizzata dalla nostra stagista Arianna Gandaglia, Dadati racconta trucchi e segreti di questo mestiere: il fondamentale “dietro le quinte” alla base della pubblicazione di ogni libro.

Come è nata la sua passione per la scrittura?

Più che la passione per la scrittura, ho maturato una passione per il racconto, anche orale. Dapprima in maniera “passiva” – mia madre, quand’ero piccolo, mi leggeva i miti degli degli dei e degli eroi messi in prosa nei libri di epica delle medie per farmi addormentare – e poi in maniera “attiva”: ri-raccontavo quegli stessi miti alle mamme dei miei compagni il pomeriggio al campetto sotto casa. Gli altri bimbi giocavano a calcio, io ero timido e invece di partecipare stavo seduto a raccontare, a raccontare…Crescendo mi sono impossessato dei mezzi della scrittura. E ora eccomi qua.

Quale è stato il suo percorso di studi? Lo rifarebbe?

Liceo classico tradizionale a Piacenza, laurea di primo e secondo livello in Filologia moderna a Pavia come alunno dello storico Collegio Ghislieri e della Scuola Universitaria di Studi Superiori. Una cosa molto lineare. La rifarei? Sì, non cambierei nulla. Ma cercherei di studiare di più per me e meno per conseguire i voti. A volte mi sembra che mi manchi il radicamento profondo di alcune cose che pure ho appreso e dimenticato.

Chi sono stati i suoi modelli e punti di riferimento? Chi sono i migliori editor, ad oggi?

Intanto una cosa: se sono un editor, oggi lo sono solo in parte e lo sono in maniera atipica. In passato l’ho fatto a tempo pieno, ora invece è solo un’attività tra altre. Forse anche per questo non ho particolari modelli. Posso però indicare colleghi di cui stimo la straordinaria sensibilità per il testo (Alessandra Mascaretti), l’intuito generoso nei confronti dell’inedito (Giulio Mozzi) o la larghezza di visione (Alberto Rollo). Ma sono tante le persone che ammiro: Leonardo Luccone, ad esempio, Mattia Carratello, Antonio Franchini, Rosella Postorino, Giulia Ichino…L’elenco è lungo. Un posto a parte, per versatilità e capacità, occupa Benedetta Centovalli.

Come ha iniziato la sua attività di editor?

Grazie a Giulio Mozzi, che sottopose il mio nominativo a Lillo Garlisi. Nel 2010 presi quindi a occuparmi di Laurana Editore, marchio di narrativa italiana che stava per sorgere per volontà di Garlisi a fianco di Melampo Editore, dedicato invece alla saggistica di impegno civile. Lillo fu molto generoso con me: mi mostrò la plancia di comando della casa editrice e mi chiese di occuparmene, con molta fiducia.

Quali sono state le maggiori difficoltà incontrate durante il percorso?

Ognuno è limite a se stesso. La maggior difficoltà è sempre vincere la propria ignoranza, la propria pigrizia, la propria inettitudine, la propria incapacità di rischiare. La mia maggior difficoltà si è sempre chiamata Gabriele.

Di cosa si occupa? Come si svolge la sua giornata lavorativa solitamente?

Quando ero in Laurana leggevo i testi inviati per posta e dagli agenti letterari, mettevo sotto contratto quelli che mi parevano meritori e adatti al marchio, lavoravo sul testo insieme agli autori per raddrizzare eventuali storture o buchi. A volte “inventavo” anche libri: oltre alla narrativa, infatti, ci mettemmo anche a fare saggistica. Trovavo dei temi che mi parevano interessanti, cercavo autori adatti in base al loro pregresso, li “ingaggiavo”. Tutto questo seduto alla mia scrivania a Milano, tra il 2010 e il 2015, ogni giorno della settimana. Oggi mi occupo di pochi testi di narrativa e molto più di testi destinati all’edicola (collaterali ai grandi quotidiani, ad esempio). Si tratta per lo più di saggistica, affidata a docenti universitari di grande livello. Quando mi inviano i testi, compio lavori di editing molto più lievi e veloci di quelli di un tempo. E lo faccio sempre seduto alla scrivania, ma nel mio studio.

Quali sono le qualità e competenze che deve avere un editor?

Una certa cultura generale e un’attitudine ad accrescerla di volta in volta, a seconda degli argomenti che trattano i testi a cui si lavora. Un’eccellente sensibilità linguistica, piegata ad affiancare lo stile dell’autore e non a sovrastarlo. Il carisma affettuoso che serve a ottenere la fiducia dello scrittore con cui si lavora: senza questo, nessun intervento sul testo è possibile, perché non bisogna mai dimenticare che gli appartiene e che l’ultima parola è la sua.

Cosa pensa dell’editoria italiana attualmente?

Che sia piena di ottimi professionisti e di realtà aziendali interessanti, ma che in genere abbia deciso come strategia di sopravvivenza di iperprodurre e di fare tutto troppo in fretta. Il che ha creato un contagio anche su molti scrittori (che scrivono troppo, che tirano via) e che comunque non riesce a recuperare l’interesse dei lettori.

Come si diventa editor?

La cosa migliore credo sia partire da un master di editoria serio come quelli di Pavia o di Milano, o da corsi professionalizzanti come quelli tenuti dall’agenzia Oblique di Roma, e poi cercare un inserimento in stage. Sperando di farsi notare e di poter cominiciare a poco a poco il proprio percorso. Per me è stato diverso. Ho potuto e posso fare un mestiere perché sono prima di tutto uno scrittore, riconosciuto come tale. Ma non è la via più corrette, agevole o veloce.

Cosa consiglia a chi vuole intraprendere questa professione?

Di essere meno radical-chic e modaiolo possibile, e più “topo da biblioteca” che riesce.

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