Le recensioni di PiacenzaSera: Mr Beaver

E’ un film malriuscito, Mr Beaver, che spreca una buona idea finendo per perdersi in un calderone in cui entra un po’ di tutto, senza un orizzonte chiaro e definito.
Jodie Foster alla regia, e soprattutto Kyle Killen alla sceneggiatura, non hanno saputo mettere a fuoco con precisione il cuore della pellicola: Mr Beaver salta da una sottotrama all’altra, gira intorno alla vicenda del protagonista ma senza mai aggredirla ed esplorarla fino in fondo, accenna a possibili sviluppi senza invece percorrerli, lascia intravedere apertura interessanti e poi si censura subito dopo.

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E’ un film malriuscito, Mr Beaver, che spreca una buona idea finendo per perdersi in un calderone in cui entra un po’ di tutto, senza un orizzonte chiaro e definito.
Jodie Foster alla regia, e soprattutto Kyle Killen alla sceneggiatura, non hanno saputo mettere a fuoco con precisione il cuore della pellicola: Mr Beaver salta da una sottotrama all’altra, gira intorno alla vicenda del protagonista ma senza mai aggredirla ed esplorarla fino in fondo, accenna a possibili sviluppi senza invece percorrerli, lascia intravedere apertura interessanti e poi si censura subito dopo.
Gira a vuoto, insomma, il film: e le prove mediocri dei due protagonisti, Mel Gibson e la stessa Jodie Foster, non aiutano certo la pellicola. 
 
Walter Black è un dirigente di successo che, arrivato alla mezza età, cade in uno stato di forte depressione: la moglie, dopo aver faticosamente fatto fronte a questa situazione per lungo tempo, decide di abbandonarlo e di portare con sé i due figli, che già troppo hanno risentito di questa situazione. Black peggiora ancora, arriva ad un passo dal suicidio, ma miracolosamente si salva.
Alle prese con le cure per riabilitarsi e per riconquistare un ruolo in azienda e soprattutto l’amore della sua famiglia, il protagonista trova fortuitamente il pupazzo di un castoro: lo prenderà con sé e ne farà il suo terapeuta, il suo portavoce, trasferendo a quello la sua identità, dandogli vita, usandolo come strumento per ricucire i rapporti personali.
Questo espediente inizialmente permette a Walter di riconnettersi  con il mondo, di riguadagnare la fiducia dei dipendenti e soprattutto di ottenere una nuova chance dalla compagna, che lo riprende in casa: qui l’uomo riesce a stabilire un nuovo rapporto con la moglie e con il figlio minore, che riconquista, e che accettano di parlare con lui attraverso la marionetta, pur di godersi questo marito e questo padre ritrovato. Ma dal figlio maggiore si allontana sempre più, non accettando il ragazzo questa situazione paradossale di un castoro che si è sostituito al padre.
E questo equilibrio, già precario,  terrà fino a quando la malattia di Walter Black (che ha smesso di farsi curare, affidandosi completamente al castoro) non degenererà, e questi non identificherà sul serio nel pupazzo il suo medico, una persona, addirittura una presenza ostile, fino ad una risoluzione traumatica del loro rapporto.
 
Ecco, proprio questa deriva psichiatrica e angosciante della depressione del protagonista, il suo sdoppiamento iniziale in sé e nel castoro, l’escalation dell’importanza che il pupazzo assume per Water Black fino all’orrore finale della perdita totale di controllo, del castoro che diventa davvero – per il suo padrone – una presenza viva…ecco, questi pochi e poco valorizzati argomenti sono in realtà la parte migliore di Mr Beaver.
Peccato che la Foster sbrighi questa pratica velocemente e solamente nella parte finale del film, lasciando solo intravedere le potenzialità di questa canovaccio, quando invece questo tema, se adeguatamente sviluppato, avrebbe dato vita ad una trama di tutt’altro spessore e interesse: il resto è infatti un polpettone banalotto, che galleggia noiosamente tra idee non approfondite, commedia adolescenziale, dramma psicologico, epopea familiare.
 

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