Piace, 15 giorni per salvare 90 anni di storia IL PUNTO

Quattro le ipotesi future: un ripensamento di Garilli, l’intervento di un imprenditore o di una cordata entro il 30 giugno con una ricapitalizzazione immediata e l’iscrizione alla Lega Pro, la mancata iscrizione e la necessità di ripartire da capo, o dalla Terza categoria o dalla serie D

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Rimane poco da dire della partita di Bergamo. Un primo tempo sconcertante, con una squadra completamente assente e terrorizzata. Evidentemente le tensioni e le polemiche della vigilia sono state incanalate in modo negativo, e hanno trasformato la brutta squadra ammirata negli ultimi mesi in una creatura terribile, inguardabile. La parodia di una squadra di calcio.

Rimane la reazione disperata della ripresa, insufficiente, inutile. Rimangono soprattutto quei venti minuti terrificanti di inizio ripresa di Daniele Cacia, capace da solo di ribaltare l’inerzia della partita, con accelerazioni devastanti sulla fascia e il coraggio e la determinazione di chi è capace di gettare il cuore oltre all’ostacolo. Alla fine rimarranno le lacrime del capitano, una delle – poche – immagini che noi fortunati (o sfortunati) che c’eravamo ricorderemo a lungo.

Rimane la grande prova del pubblico biancorosso, il migliore in campo. Tradito dalla vicenda delle scommesse, umiliato da coloro che hanno infangato la maglia, sconcertato dalla recenti prestazioni del Piace, il popolo biancorosso ha sostenuto in modo commovente la squadra, anche quando alla fine del primo tempo c’erano tutti gli elementi per mandare tutti a quel paese. Fino alla fine Forza Piacenza, si era detto, è così è stato. L’invasione di Bergamo era iniziata con la processione di una decina di pullman, ed era proseguita con un tifo incessante e continuo sugli spalti dell’Atleti azzurri d’Italia, dove il Piace ha quasi giocato in casa. Si è chiusa con il coro La nostra fede non retrocede nel stesso piazzale antistadio durante la notte, prima della spedizione sotto casa di Fabrizio Garilli, dove una cinquantina di ultras hanno inutilmente aspettato il presidente per un chiarimento.

Rimane la decisione di Fabrizio Garilli, che manda i titoli di coda su un’epoca durata 29 anni. Dal campo di Brembilla a quello della Juventus, i tifosi biancorossi che hanno avuto la fortuna di viverla conserveranno tanti fotogrammi e tanti ricordi, che periodicamente riaffioreranno nelle serate con i vecchi amici, nelle tavolate dopo le sfide tra scapoli e ammogliati, e nei racconti ai nipotini. Il doppio rigore del Mindo a Pavia, i baffi di Pippo Reali e lo spareggio di Firenze, la prima volta in A, la celebrazione della retrocessione dopo la famosa Milan-Reggiana, i gol di Hubner, De Vitis, Caccia, Pippo Inzaghi. Un lungo film fatto di gioie e di dolori, come ha sottolineato il comunicato stampa, ma la cui trama negli ultimi anni aveva preso una piega ben precisa.

Rimane doveroso un ringraziamento dell’intera città alla famiglia che ha regalato alla città queste emozioni, a prescindere dal giudizio sul comportamento attuale della proprietà. Mai come oggi sembra una scelta azzeccata e doverosa l’intitolazione dello stadio a Leonardo Garilli. Il suo nome rimarrà legato a quello della squadra comunque vada, ed è giusto così.

Rimane però la contrarietà per come è stata gestita la fase del disimpegno da Fabrizio Garilli. Il rifiuto sdegnato di qualsiasi tipo di aiuto e sopporto, quando c’era ancora tutto il tempo per intervenire, è difficile da spiegare oggi, a 15 giorni dalla scadenza del dentro o fuori. Perché al di là della legittima delusione e dalla motivata rabbia per il fango dello scandalo scommesse, non possiamo fare a meno di pensare che alla base della decisione del presidente ci sia una situazione economica e finanziaria della società molto problematica, forse disperata. I segnali sono evidenti da tanto tempo, da quando la gestione della società ha perso ogni elemento di programmazione strategica e si è trasformata in un uno sforzo immane di portare avanti la baracca grazie a piccole e provvisorie tattiche e continui tagli finalizzati e limitare i danni, tra tensioni e incomprensioni con la piazza sempre crescenti.  La tattica senza strategia è il rumore che precede la sconfitta”. Sun Tzu (VI secolo a.C.)

Rimangono, a sole 24 ore dalla retrocessione e dalla dichiarazione shock di Garilli, sempre più dubbi nella testa dei tifosi biancorossi. Il futuro del Piace si deciderà in pochi giorni, dal momento che la scadenza per l’iscrizione alla Lega Pro è il 30 giugno. Dalle informazioni trapelate, sembra che occorrano 3 milioni di euro per una ricapitalizzazione immediata, ma il passivo della società è certamente pesante, dai 10 ai 15 milioni di euro secondo le voci. Come ha sintetizzato efficacemente il sindaco Roberto Reggi, occorre capire su che base voglia trattare Garilli per la cessione della società. Quanto costa il Piace? Domanda legittima da parte di un potenziale acquirente. Tre milioni per la ricapitalizzazione e quanto altro chiede Garilli, a copertura eventuale degli impegni presi dall’attuale proprietà?

Rimangono quattro ipotesi future: un ripensamento di Garilli, che ci sentiremmo di escludere; l’intervento di un imprenditore o di una cordata entro il 30 giugno (ma chi? Si parla di Giglio, di Rispoli, del fratello Stefano Garilli, chi altri? Quali sono gli imprenditori del territorio piacentino che possono permettersi un’opera di salvataggio simile, interessati magari ad un ritorno di immagine?), con conseguente ricapitalizzazione e iscrizione alla Lega Pro, dove il derby con la Cremo e la possibilità di tornare immediatamente in B potrebbero addolcire la pillola ai tifosi biancorossi; la mancata iscrizione e la messa in liquidazione della società, con conseguente perdita del titolo sportivo e necessità di ripartire da capo: o dalla Terza categoria oppure, grazie alla storia, al blasone e al bacino d’utenza, alla serie D, dove il derby con il Pro Piacenza sarebbe invece tanto inedito quanto indigesto.

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