Mafia e appalti, due aziende sotto sequestro

Nonostante fosse sottoposto ad una misura di sorveglianza speciale continuava a gestire indirettamente due società "clonate" con sede a Piacenza nelle quali si sospetta venissero reimpiegati fondi derivanti da attività illecite riconducibili a "Cosa Nostra".Le società sono state poste sotto sequestro al termine di un’attività di indagine condotta dalla Digos.

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Nonostante fosse sottoposto ad una misura di sorveglianza speciale avrebbe continuato a gestire indirettamente due società “clonate” con sede legale a Piacenza, operanti nel campo dell’edilizia e della carpenteria, e nelle quali si sospetta venissero reimpiegati fondi derivanti da attività illecite riconducibili a “Cosa Nostra”. Un intreccio scoperto grazie ad un’articolata attività investigativa condotta dalla Digos e coordinata dalla Dda di Palermo che ha portato il tribunale della città siciliana a disporre il sequestro delle quote sociali e dei beni aziendali per una delle ditte coinvolte e la sospensione degli organi sociali della seconda azienda.

Entrambe le società, secondo quanto emerso dagli accertamenti, venivano indirettamente gestite da un 51enne palermitano, sottoposto nel periodo interessato dalle indagini alla misura di sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno e ritenuto soggetto organico a Cosa Nostra riconducibile alla famiglia “Galatolo”.

L’uomo, traferitosi già nel 1999 a Piacenza e successivamente a San Rocco al Porto, operava attraverso una società nel settore del noleggio di macchine speciali attiva in tutto il nord Italia e attualmente in amministrazione controllata e sottoposta alla confisca dei beni, con provvedimento emesso dal tribunale di Palermo nell’ottobre 2009. Nell’aprile di quello stesso anno gli investigatori avevano iniziato a rivolgere le proprie attenzioni sul 51enne, in particolare dopo il crollo del ponte sul Po: continuando ad operare con mezzi e nome riconducibili alla stessa ditta aveva infatti partecipato a numerosi appalti e forniture.

Le indagini, condotte attraverso una serie di verifiche, pedinamenti e acquisizioni di atti documentali, hanno portato ad appurare come l’imprenditore abbia sostanzialmente “clonato” l’azienda confiscata creandone altre due in tutto e per tutto identiche. Una delle operazioni è avvenuta proprio a ridosso del provvedimento del trbunale, con la neonata società che è stata intestata al nipote. In questo modo, sottolineano gli inquirenti, il 51enne continuava ad operare dietro le quinte con società apparentemente “pulite” occupandosi indirettamente del procacciamento delle commesse.

Sulla base degli elementi raccolti il tribunale di Palermo ha emesso i provvedimenti nei confronti delle due aziende, alla quale il personale della Digos ha dato esecuzione nei giorni scorsi.

“Il rischio di infiltrazioni mafiose all’interno di attività imprenditoriali è sempre presente – ha sottolineato il questore Calogero Germanà – il problema per chi svolge le indagini è quello di individuare quei soggetti la cui attività apparentemente legale ha alla base proventi realizzati con condotte criminose”. “In questo caso la persona coinvolta, secondo gli accertamenti svolti dalla procura di Palermo, è risultata essere collegata a Cosa Nostra sotto l’aspetto imprenditoriale, e inquadrata come una figura incaricata di reimpiegare mediante alcune aziende i proventi delittuosi ottenuti dall’organizzazione mafiosa”. L’intervista al Questore Germanà

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