Tentato omicidio alle Novate, anche un agente fra gli arrestati

Un brutale "pestaggio punitivo" ai danni di un detenuto delle Novate con la connivenza di un’assistente di polizia penitenziaria. E’ pesante l’ipotesi accusatoria formulata dalla Procura di Piacenza. Tre le ordinanze di custodia cautelare. L’accusa è di tentato omicidio. 

Un brutale “pestaggio punitivo” ai danni di un detenuto delle Novate con la connivenza di un’assistente di polizia penitenziaria. E’ pesante l’ipotesi accusatoria formulata dalla Procura di Piacenza che al termine delle indagini ha emesso tre ordinanze di custodia cautelare ai danni dell’agente e di altri due detenuti con l’accusa di tentato omicidio. 

L’attività, coordinata dal sostituto procuratore Ornella Chicca, è partita nel luglio scorso dopo la denuncia della convivente di un uomo di 45 anni, originario del genovese, che sta scontando una pena nel carcere delle Novate. La donna ha raccontato di un violento pestaggio ai danni del compagno, ricoverato in ospedale con una prognosi di 40 giorni per un grave trauma facciale con fratture multiple, spiegando di averlo trovato intimidito e poco propenso a raccontare quanto accaduto. Le indagini hanno ricostruito come il 45enne nel giro di un mese, tra giugno e luglio, avesse subìto tre aggressioni da parte di altri detenuti. La più grave, avvenuta il primo luglio in un corridoio della struttura, era stata portata da un gruppo di sei o sette persone e aveva coinvolto anche il compagno di cella, riuscito a fuggire e a dare l’allarme.

I primi riscontri, ottenuti visionando i filmati delle telecamere di sorveglianza e sentendo alcuni testimoni, hanno fin da subito portato l’attenzione sul comportamento dell’agente, un 39enne di origine campane, ritenuto quantomeno anomalo. Non solo infatti non sarebbe intervenuto per cercare di sedare la rissa ma, secondo la Procura, avrebbe anche permesso ad un 23enne peruviano, uno dei due aggressori riconosciuti con certezza dalla vittima, di accedere al corridoio dove è avvenuto il pestaggio nonostante appartenesse ad un’altra sezione.

Il sospetto degli inquirenti è che l’agente favorisse in varie forme alcuni detenuti: una situazione della quale la vittima si era lamentata più volte e che sarebbe alla base delle aggressione, avvenuta proprio con la connivenza del 39enne. Ad aggravare la sua posizione anche le contradditorie dichiarazioni, scritte nelle relazioni di servizio, attraverso cui ha ricostruito quanto accaduto quel giorno: fra le altre cose avrebbe infatti prima sostenuto di non essere intervenuto per paura della sua incolumità, poi di aver pensato ad una zuffa fra la stessa vittima e al compagno di cella.

Non risulta inoltre abbia utilizzato il telefono cordless in sua dotazione per chiamare rinforzi: la segnalazione ai colleghi sarebbe arrivata con ritardo. Una forte incongruenza, ha sottolineato il sostituto procuratore, riguarda anche quanto dichiarato dall’agente sul detenuto peruviano: secondo la sua relazione nell’arco temporale in cui è avvenuta l’aggressione, il giovane si sarebbe trovato in una saletta del carcere. Una versione smentita non solo dalla testimonianza del 45enne aggredito, ma anche dalle immagini delle telecamere che riprendono il sudamericano nel corridoio dove è avvenuto il pestaggio, consumatosi in una zona d’ombra e del quale non esistono immagini.

Tutti elementi che hanno portato all’emissione di un’odinanza di custodia ai suoi danni con l’accusa di tentato omicidio e falso. L’uomo si trova ai domiciliari. Di tentato omicidio dovranno rispondere anche i due detenuti riconosciuti dalla vittima, il sudamericano 23enne ed un marocchino di 36 anni. Non sono invece al momento state individuate le altre persone che avrebbero preso parte al pestaggio.

“Un fatto molto grave – ha commentato il sostituto procuratore Antonio Colonna – connivenze come quelle emerse nel corso delle indagini tra detenuti e personale di polizia penitenziaria sono inammissibili. Comportamenti di questo tipo vanno a ledere l’immagine di tutti quegli agenti che fra mille difficoltà svolgono nelle strutture penitenziarie il loro compito con professionalità e correttezza garantendo la sicurezza di tutti i detenuti”.

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