Processo Eternit, “Nuova era per la tutela dei lavoratori”

A dirlo è il presidente dell’Amnil Piacenza Bruno Galvani in un comunicato stampa relativo all’esito del processo Eternit,

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“E’ arrivato alla fine lo storico processo Eternit che con la severa condanna comminata ai vertici dell’azienda, Stephan Schmidheiny e Jean Louis de Cartier, 16 anni di reclusione, ha suscitato la medesima eco della sentenza Thyssen Krupp ed era una condanna auspicabile che ci lascia sperare che la nostra società sarà più rispettosa verso la salute dei lavoratori. Questi “imprenditori” per il loro profitto, nonostante si sapesse sin dal 1962 che la polvere di amianto provocava il mesotelioma pleurico, a Casale Monferrato, Eternit e Fibronit continuarono a produrre manufatti fino al 1986, tenendo all’oscuro per trent’anni i loro dipendenti e tutti i cittadini dei rischi cui erano esposti. Ora è giusto paghino questo comportamento criminale. Oggi possiamo dire che ci sentiamo tutti Casalesi”. A dirlo è  il Presidente di ANMIL Piacenza Bruno Galvani.

“Il Tribunale piemontese – spiega – ha giudicato colpevoli di reati di disastro doloso permanente e di omissione dolosa di misure antinfortunistiche, accogliendo quasi integralmente le richieste del Pubblico Ministero, Dott. Raffaele Guariniello: una sentenza esemplare per la quale è la prima volta, in Italia, che i massimi esponenti di un’azienda vengono condannati per aver volontariamente cagionato un disastro ambientale. Ora speriamo solo che davanti all’affermazione della giustizia non si cominci a far passare l’idea che questa sentenza frenerà gli investimenti nel nostro paese da parte di aziende estere. E comunque le aziende che non hanno rispetto della salute dei lavoratori è giusto non vengano in Italia, come sarebbe giusto non operassero da nessuna parte del mondo”.

“Purtroppo la sentenza ha dichiarato estinti per prescrizione i reati commessi dagli imputati negli stabilimenti di Rubiera (Reggio Emilia) e Bagnoli (Napoli) – ha aggiunto con una certa amarezza Galvani – e, a nostro giudizio, i risarcimenti riconosciuti ai familiari delle vittime costituitesi parte civile sono stati abbastanza contenuti nel loro ammontare se si pensa che quelle vite sono state ‘liquidate’ in media con una provvisionale dell’importo di € 30.000,00!”.

“La tragedia dell’amianto non è però finita – conclude – questa sostanza è la principale causa di tumore legato all’attività professionale e l’emergenza sanitaria non è cessata con la chiusura o la messa in sicurezza delle fabbriche. Le terribili malattie che ne conseguono hanno una latenza che può anche arrivare a 40 anni dall’esposizione e colpiscono non solo i lavoratori, bensì anche i familiari che vengono a contatto con l’amianto ad esempio lavando i vestiti del congiunto, o il caso del barbiere che tagliava i capelli ai lavoratori delle fabbriche ed ancora le persone che semplicemente vivono nei siti a rischio. L’industria dell’amianto è ancora attiva: è stata spostata dall’Europa in Ucraina, Russia, India, Egitto e Cina, dove si continua a lavorare esposti alla polvere killer, senza alcuna protezione”.

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