Fillmore, con don Gallo rivive lo spirito del Savoranola 

Don Gallo e Savonarola, lo stesso spirito diviso da cinque secoli. A conferma di questo legame don Gallo è salito ieri sera sul palco del Fillmore di Cortemaggiore (Piacenza) con lo spettacolo “Io non taccio”, un reading-teatrale dedicato alla figura del frate bruciato in piazza della Signoria come eretico.

Più informazioni su

Don Gallo e Savonarola, lo stesso spirito diviso da cinque secoli. Ascoltando le prediche che Girolamo Savonarola rivolgeva ai fiorentini del ’400 si ha l’impressione di essere di fronte ad un’omelia detta don Gallo nella sua comunità di Genova. A conferma di questo legame don Gallo è salito ieri sera sul palco del Fillmore di Cortemaggiore (Piacenza) con lo spettacolo “Io non taccio”, un reading-teatrale dedicato alla figura del frate bruciato in piazza della Signoria come eretico.

Riconoscere la voce di don Gallo da quella di Savonarola è difficile. Irriverenza, ironia, fede, misericordia e carità sono caratteristiche comuni di due uomini che hanno fatto dell’impegno civile e religioso due aspetti dell’essere uomini di Dio. Cambia il contesto ma il contenuto è lo stesso: se Savonarola si scagliava contro i ricchi mercanti fiorentini, don Gallo attacca la “società delle tra A: Apparire, Avere e Appropiarsi”. Comune è anche la critica ad una gerarchia ecclesiastica che spesso li ha guardati con sospetto (nel caso del Savonarola addirittura scomunicato). “Nella chiesa cattolica – spiega don Gallo – io mi sento a casa. Io non mi muovo da qua, se mai è qualcun altro che dovrebbe andarsene”.

Nonostante i suoi 83 anni don Gallo si muove rapido sul palco, si infervora, alza la voce, applaude i musicisti che lo accompnano (il bravissimo duo C-Project) e poi ritorna agi scritti di Savonarola. Nessuno è risparmiato dalla sua lingua tagliente: ne Papa Ratzinger (definito un “pastore tedesco”), ne Berlusconi (“Secondo lei, don Gallo, Berlusconi è un uomo di fede? Mah, al massimo è Fede ad essere un uomo di Berlusconi”) ne i cappellani militari, copevoli di giustificare guerre e massacri. Ma la vera critica di don Gallo, e di Savonarola, è per due aspetti della nostra civiltà: il consumismo e la violenza. “Siamo schiavi degli oggetti – dice il “prete da marciapiede” – recuperiamo il nostro orgoglio. Trasformiamo le tre A del capitalismo con Accogliere, Ascolto e Amore”. E successivamente: “Non esiste una guerra giusta, non esiste nessun buon motivo per far scorrere il sangue”. I suoi “profeti” da questo punto di vista sono Giorgio Bocca, Gino Strada, Papa Luciani, Giuseppe Dossetti, Antonio Gramsci e naturalmente Fabrizio De Andrè.

Non mancano i riferimenti all’attualità: “La val di Susa è la dimostrazione dello scontro tra democrazia e capitalismo. I No Tav fanno bene a difendere il proprio territorio da un progetto vecchio di 20 anni, senza senso, che rovinerebbe un’intera regione”. Se si può fare una critica è quella di soffermarsi un po’ troppo sulla figura di Berlusconi, ma don Gallo è così, predere o lasciare; un uomo di Dio che vuole solo “essere pacifista, anticapitalista e antifascista”.

Più informazioni su

Commenti

L'email è richiesta ma non verrà mostrata ai visitatori. Il contenuto di questo commento esprime il pensiero dell'autore e non rappresenta la linea editoriale di PiacenzaSera, che rimane autonoma e indipendente. I messaggi inclusi nei commenti non sono testi giornalistici, ma post inviati dai singoli lettori che possono essere automaticamente pubblicati senza filtro preventivo. I commenti che includano uno o più link a siti esterni verranno rimossi in automatico dal sistema.