Le recensioni di PcSera: Mumford & Sons e Alt – J
La recensione di PiacenzaSera.it, scritta da Giovanni Battista Menzani.
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MUMFORD & SONS
Babel (2012)
ALT-J
Days (2012)
Britannia in crisi.
Poche cose interessanti, se si eccettuano i grandi vecchi come Paul Weller o conferme tipo Xx. In attesa di ascoltare alcune novità celebrate dalla critica più alternativa, come Toy e O.Children.
Il nuovo lavoro dei Muse, The Second Law, è tronfio e scontato, quasi imbarazzante.
Grande battage anche per il secondo album dei Mumford & Sons, tra le rivelazioni del recente passato con il loro folk caciarone e di facile presa.
La premiata ditta di Mumford e figli conferma la scaltra ricetta dell’esordio, anche se inizia a essere già a corto di fiato. Dice bene Bertoncelli, nel rimarcare la ripetizione continua della formula vincente: “quasi tutte le canzoni hanno l’identico sviluppo, crescono piano da un bocciolo di voce struggente e poi fioriscono impetuose, trascinano, diventano inno a voce spiegata”.
Assai meglio, oltreoceano, il nuovo Mountain Goats (Transcendental Youth).
Il folk-pop che propongono gli Alt-J – ? si pronuncia Alt-J e deriva dal comando Mac per ottenere la lettera greca delta, ma non su tastiera italiana – è invece alquanto più destrutturato e contaminato. Originari di Leeds ma presto emigrati a Brixton, sono assurti all’onore delle cronache in quanto freschi vincitori del Mercury Prize, assegnato ogni anno al miglior disco di artisti britannici e irlandesi, con particolare attenzione ad etichette ed artisti indipendenti. Ovviamente per molti il fatto di vendere copie è un crimine, e infatti sono fioccate – oltre a recensioni positive – stroncature impietose. NME li ha definiti sbadati, impazienti e complessi, mentre Pitchfork definisce An Anesome Wave, il loro album di debutto, come “troppo pieno, confuso ed elaborato”.
Lo avevo ascoltato in tarda primavera su consiglio di un amico avvocato – lo stesso che ormai trenta anni fa mi prestò i dischi di Stooges, Doors e Clash – e mi aveva spiazzato per la vocalità particolarissima di Newman; decido quindi di riprenderlo in mano ora.
Lo sguardo è ampio e disincantato: si va dall’elettronica (per esempio Tessellate, il cui video ha una scenografia ispirata al Rinascimento italiano) al soul, ci sono stop&go e cori a cappella, Fleet Foxes e Radiohead, Wild Beasts e Django Django. Qualcuno ha parlato di post-tutto. Il risultato suona ancora un po’ acerbo (i quattro sono giovanissimi) ma fresco e gradevole, li aspettiamo alla prova del nove, Intanto, si annuncia il tutto esaurito per il loro show di Milano, il prossimo 30 novembre ai Magazzini Generali.
Giovanni Battista Menzani
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