Referendum lombardo, Trespidi scrive a Napolitano: “A febbraio inopportuno” foto

 Il presidente della Provincia Massimo Trespidi ha inviato una lettera ufficiale (allegata qui nel testo integrale) per chiedere al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano di attendere ad emettere il Decreto di convalida del referendum

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Sarà una settimana decisiva per conoscere l’esito del tanto discusso riordino delle province, che prevede, lo ricordiamo, l’accorpamento di quella di Piacenza a quella di Parma. Oggi, lunedì 10 dicembre, in Commissione affari costituzionali del Senato saranno votati gli emendamenti che riguardano in particolare il tema della chiusura di prefetture e questure e il possibile salvataggio di altre province. Mercoledì sarà invece il giorno chiave per la pregiudiziale di incostituzionalità sul decreto legge di riordino delle Province che il Popolo della libertà porrà in Senato. Se la pregiudiziale dovesse essere approvata, il provvedimento del Governo andrebbe riscritto.

TRESPIDI SCRIVE A NAPOLITANO – Il presidente della Provincia Massimo Trespidi ha inviato una lettera ufficiale al Quirinale (allegata qui nel testo integrale) per chiedere al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano di attendere ad emettere il Decreto di convalida del referendum indetto per il 10 e 11 febbraio. Trespidi afferma che la data ipotizzata per la consultazione per stabilire il cambio di Regione “risulta assolutamente insostenibile per garantire l’avvio delle operazioni di organizzazione e gestione dell’iniziativa”. Inoltre troppe le ragioni di incertezza che pesano sul riordino delle Province, per questo secondo Trespidi è più opportuno un rinvio delle decisioni a dopo l’Epifania.

SENZA IL DECRETO RISCHIO CAOS – La mancata conversione del dl sulle Province comporterebbe una situazione di caos istituzionale. Tra le conseguenze, oltre ai mancati risparmi, la lievitazione dei costi a carico di Comuni e Regioni e il blocco della riorganizzazione periferica dello Stato. Lo afferma uno studio del dipartimento delle Riforme del ministero della Funzione Pubblica, anticipato dall’Ansa.

Non si saprebbe più a chi vanno le competenze (dalle strade alle scuole, dai rifiuti alla pianificazione territoriale) attribuite a queste all’esito del riordino e ci vorrebbero nuove leggi dello Stato per assegnarle. 

I passaggi in Parlamento però si legano a doppio filo con le vicende del Governo: le annunciate dimissioni di Monti sarebbero legate anche alle perplessità del Pdl sulla questione Province. Questione che potrebbe anche slittare a una nuova legislatura. “Bisogna aspettare mercoledì – ha spiegato il senatore Pdl Filippo Saltamartini all’Ansa – perché all’interno della pregiudiziale bisogna capire se la costituzionalità della riforma delle Province passa tramite la Consulta o se a decidere saremo noi in Parlamento. Potremmo decidere o di bocciare decreto legge, oppure di farlo passare in attesa della pronuncia della Corte costituzionale» la quale, ha ricordato Saltamartini, dovrà esprimersi sul ricorso presentato dalle Regioni. «Valuteremo se mettere la pregiudiziale al voto o meno – ha aggiunto Saltamartini – insomma la poniamo ma potremmo rinunciare al voto. È un’opzione. Che dipende dalla ricaduta che la bocciatura del decreto avrebbe sul piano politico».

Gazzola (Idv). “Astenersi dal referendum”. Il decreto con cui il governo Monti ha tagliato 36 province italiane, tra cui la nostra, deve essere convertito in legge da Camera e Senato entro il prossimo 5 gennaio, meglio entro Natale considerando il ponte di fine anno, altrimenti scadrà e di province non ne sarà tagliata o accorpata nemmeno una. Tutti i partiti della strana maggioranza si sono detti d’accordo sul riordino anche se contemporaneamente hanno lavorato per smontarlo. Da un lato il PD che punta a modificarlo, dall’altro il PDL pronto a sollevare pregiudiziali di costituzionalità ed elaborare una miriade di emendamenti, fino alla Lega contraria allo scioglimento anticipato delle giunte.

La crisi di governo farà tirare a tanti un grande sospiro di sollievo. Dopo il via libera alla legge di stabilità pare infatti che tutto il resto sia destinato ad un binario morto, compreso il decreto di riordino delle Province, benché sia una delle misure invocate nella famosa lettera della Bce.
Un decreto che è stato l’emblema dei compromessi sfornati da governo e maggioranza per cambiare tutto, affinché tutto restasse com’era. Diversamente sarebbe bastato approvare la proposta di legge dell’Italia dei Valori sostenuta da 400.000 cittadini per cancellarle tutte le Province. Invece siamo all’ennesimo bluff: troppi interessi in gioco – come avevamo profetizzato qualche settimana fa in consiglio provinciale – e, in tempi di campagna elettorale, una poltrona non si nega a nessuno.
Così, dopo aver fatto la fila per pagare l’IMU, gli italiani troveranno sotto l’albero di Natale di nuovo intatti e infiocchettati i soliti costi della politica.
L’Italia dei Valori è stata la sola forza politica che ha sempre detto, chiaro e tondo, che le Province sono enti inutili e costosi e, anche se il governo non è mai stato in grado di quantificarne l’importo, è certo che il risparmio, poco o tanto, che si prevedeva di ottenere dalla loro abolizione finirà ora a carico dei cittadini.
Non bastasse, sopra al conto i piacentini troveranno i costi (circa 500.000 €) del referendum del 10 febbraio per decidere se trasmigrare in Lombardia; referendum voluto dal centrodestra, che ora resta con il cerino in mano, dopo aver inseguito un disegno politico tanto folle quanto demagogico forse nella speranza che non se ne sarebbe fatto nulla.
Crediamo che di fronte a una crisi dai risvolti sempre più drammatici l’unica cosa da fare sia evitare la spesa pubblica inutile e improduttiva, in ogni caso astenersi dal partecipare al referendum ed invitare i piacentini a fare altrettanto sarà un modo per non essere complici di una politica sempre più distante dalle persone e dalle loro reali esigenze.

La lettera del presidente Trespidi

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