Carcere, audizione in Comune: “Più poteri al Garante”

Presentare la situazione del carcere di Piacenza. Questo l’argomento al centro della commissione presieduta da Giulia Piroli, che ha visto l’audizione del Garante dei detenuti, Alberto Gromi. 

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Nell’audizione in Consiglio comunale, riflettori puntati sulla situazione delle carceri, con un occhio particolare a quello di Piacenza. Il relatore Alberto Gromi, garante dei detenuti, introdotto da Giulia Piroli (Pd) alla presenza dell’assessore ai Servizi sociali Giovanna Palladini, ha disegnato un quadro non certo edificante, come sottolineato dalla recente sentenza della Corte Europea. In conclusione, Giulia Piroli sintetizza alcune vie da seguire per la commissione, come potenziare la figura del garante, tentare di visitare la struttura circondariale e avere un colloquio con la direttrice e, in futuro, poter avere in audizione rappresentanti del sindacato di polizia penitenziaria. Torniamo però alla voce “grossa fatta” a Strasburgo.


IL GARANTE
– «La sentenza della Corte di Strasburgo ha fatto scalpore e non capisco perché. Credo che sia stata fraintesa dal momento che è passato il messaggio che le carceri di Piacenza e Busto Arsizio siano le peggiori in Italia, ci sono però altri 500 ricorsi alla Corte Europea provenienti da altre case circondariali, a mano a  mano arriveranno le sentenze. A Piacenza il sovraffollamento è diminuito, dal 2010 sono stati trasferiti un centinaio di detenuti. Al 27 dicembre erano 326. Quando ho cominciato a ricoprire il ruolo di garante mi hanno detto che la capienza tollerabile è di 346 detenuti, di 178 quella regolamentare. Com’è possibile un divario così ampio? Un esempio: il nuovo padiglione per due anni è stato detto che ospiterà 200 detenuti, pochi giorni fa il tetto massimo della stessa struttura è giunto a 220. Le celle a Piacenza sono di 9,26 metri quadrati ciascuna e oggi la maggior parte di queste contengono due detenuti che vi vivono per 20 ore. Il problema non è però lo spazio in sé, che comunque manca, la difficoltà maggiore che bisogna affrontare è la rieducazione, prevista tra l’altro dalla Costituzione, cosa che non esiste né nella nostra città né nelle altre. A Piacenza poi non c’è alcun corso di formazione professionale. Come rieducare se non c’è tempo e modo, da parte dei detenuti, di riflettere sulla propria colpa? La responsabilizzazione del detenuto è fondamentale, attualmente non ha alcuna responsabilità, neppure la decisione dell’ora a cui fare la doccia dipende da lui».


ESEMPIO DI BOLLATE
– Un modello da seguire, che Giovanni Castagnetti (Pd) pone come obiettivo a cui avvicinarsi. «Altre carceri – dice – come quella di Bollate, si stanno muovendo in maniera diversa. Il direttore è una persona illuminata. L’aspetto educativo e del reinserimento deve essere predominante».


DOMANDE
– I consiglieri Marco Colosimo e Lucia Rocchi hanno posto diverse domande. Il primo – «scosso dalla morte di un detenuto, un ragazzo della mia età, fatto che nei discorsi con la gente incontrata per strada ha riscontrato tanta indifferenza» – chiede cosa possa fare l’amministrazione comunale in un carcere all’interno del suo territorio, anche per avvicinare le persone libere a questi temi. O ancora, si chiede Paolo Garetti, quale possibilità esiste per poter far lavorare all’esterno i detenuti?


POCO
– Lo dice chiaro l’assessore Giovanna Palladini. Qualcosa il comune può, ma davvero poco. «L’amministrazione comunale rispetto alle carceri può fare ben poco dal momento che gli istituti di pena dipendono dai ministeri. Si può nominare un garante, cosa che abbiamo fatto, migliorare il rapporto con la città e aiutare nel reinserimento gli ex detenuti. Il reato di clandestinità ha peggiorato però a mio avviso la situazione. Detto questo, credo che il fatto di aver nominato il garante sia stato provvidenziale».


CONCRETEZZA
– Elena Foletti, dirigente comunale, spiega che «il Comune cerca di individuare le emergenze e di fare da ponte tra l’istituzione circondariale e la regione. Ci sono tre aspetti a cui ci dedichiamo: il primo relativo agli sportelli per i detenuti stranieri, per fare un prima accoglienza. Quindi il tema del lavoro, finanziando la cooperativa Futura in modo di aiutare anche chi sta scontando misure alternative. E infine più attività giornalistica nel carcere per far esprimere i detenuti e metterli in contatto con l’esterno. E’ essenziale non far scordare alla città che a Piacenza c’è un carcere».

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