“La Ricerca”, Messa di Pasqua con il vescovo: “Non perdere la speranza” foto

Tradizionale scambio degli auguri di Pasqua per amici, soci, sostenitori, operatori, volontari e ospiti delle strutture dell’associazione “La Ricerca”, che si sono dati appuntamanto con i familiari alla chiesa di San Giuseppe Operaio, dove il vescovo Gianni Ambrosio ha officiato una funzione religiosa

Particolarmente intensa e partecipata la messa celebrata stasera dal vescovo di Piacenza-Bobbio in San Giuseppe Operaio per l’annuale meeting pasquale del Centro “PaCe-La Ricerca” che ha radunato amici, sostenitori, soci, giovani e familiari della trentennale onlus piacentina con i volontari dell’associazione “PaCe”, sua sostenitrice. L’incitazione a non perdere mai la speranza, rimarcata nell’omelia che mons. Gianni Ambrosio ha centrato sul dono del perdono infinito di Dio, ha avuto un riscontro toccante nella testimonianza di grande umanità e tenacia di una mamma, Laura, premiata al termine della funzione religiosa: oggi ottantenne, questa storica volontaria della “Ricerca” è al fianco delle famiglie colpite dal dramma della tossicodipendenza fin dalla fondazione dell’associazione: sono trent’anni che ogni martedì sera, lei che vive in Brianza viene in treno a Piacenza, per dare sostegno ai genitori che frequentano i “gruppi dell’autoaiuto” in parallelo con i percorsi di recupero dei loro figli.

A lei le parole commosse del fondatore, don Giorgio Bosini, che ha sottolineato la forza viva, vitale, che tanti genitori come Laura  portano in questa realtà, e i ringraziamenti calorosi della presidente Daniela Scrollavezza, di cui riportiamo il significativo discorso introduttivo alla celebrazione: “Celebrare la Pasqua, per noi, per il nostro Centro, è da sempre molto importante perché celebrare  significa ricordare e richiamarci, alla duplice essenza nostra, dell’uomo, e di ogni uomo: la finitezza e la spiritualità. Una finitezza che è amore, passione, rabbia, aspettative, delusione, sofferenza, morte… Riconoscere la nostra finitezza, ci porta  a sentire le nostre emozioni più profonde ad ascoltarci, a “prenderci sul serio”, a sperimentare le nostre debolezze e le nostre risorse. Riconoscere la nostra finitezza ci porta a non sentirci onnipotenti e quindi a non negare il nostro bisogno degli altri, ci sprona allora a ricercare una “casa”, un posto dove stare, dove sentirsi accolti, dove accogliere, dove sentirsi aspettati, dove aspettare, un luogo dove sostenere e essere sostenuti”.

“Ma la nostra natura è anche spiritualità. Una spiritualità che ci spinge a ricercare un senso alle nostre giornate, al nostro operato, alla nostra vita. Un senso che cerchiamo in noi, nelle cose, negli incontri, nelle esperienze nel nostro essere.  Una spiritualità che non è guardare oltre la realtà, o oltre la finitezza, ma è guardare attraverso essa per arrivare a catturarne un senso. Una spiritualità che non ci solleva, ma ci porta “dentro” alle esperienze con ascolto, intelligenza, accoglienza, capacità di discernimento….. Una spiritualità che è di tutti gli uomini, ma non è uguale per tutti, non è una ricerca di dogmi, prende forme e vie differenti, non è un “esito” che posso mostrare o imporre ad un altro, è una via che posso proporre ad un altro, ma per l’altro forse  prenderà forme e risvolti differenti….Questa è anche la via che indica Gesù. Gesù è un grande Maestro di finitezza e di spiritualità: è incontrando la vita delle persone e avvicinandosi alle loro debolezze, che riesce a ridare a loro un senso, è incontrando personalmente la sofferenza, la derisione e la morte che sperimenta la necessita di “affidare tutto al Padre”.

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