Lockwood, schiaffi e carezze al suo violino elettrico foto

Successo per il quartetto del violinista francese al Piacenza Jazz Fest, protagonista anche Tullio De Piscopo

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“Suoneremo qualche standard e alcuni brani scritti da Antonio, forse. In realtà non so bene cosa suoneremo, del resto il jazz è la scienza del perdersi. Per cui voi dovrete venirci a cercare, quando noi ci saremo persi”. Ha esordito così iero sera sul palco del teatro President di Piacenza il violinista francese Didier Lockwood, protagonista dell’ennesima serata di grande musica del Piacenza Jazz Fest, giunto quest’anno alla decima edizione, con il suo Didier Lockwood Quartet: con lui ad esibirsi per i numerosi appassionati piacentini alcuni pezzi da novanta della scena musicale nazionale, quali Antonio Faraò, Riccardo Fioravanti e Tullio De Piscopo.

Ed è stato un piacere per il pubblico del President seguire Lockwood e il quartetto in un viaggio onirico e suggestivo nei meandri della musica contemporanea, senza barriere e senza etichette nè classificazioni in rigidi schematismi. Una soddisfazione particolare per chi, come chi scrive, possiede una copia di almeno uno dei dischi dei suoi Magma, innovativo e per certi versi folle gruppo di progressive rock della grande stagione degli anni 70 che aveva creato un suo linguaggio specifico, sia musicale che verbale (il kobaiano, una lingua completamente inventata: dei precursori dei Sigur Ros, celebre gruppo post-rock isalandese dei nostri giorni).

Jazz, ovviamente, ma anche fusion, progressive rock, blues, funk, il tutto suonato con grande maestria tecnica e soprattutto notevole armonia e affiatamento tra i musicisti, grandi interpreti a completa disposizione del progetto. Lockwood, che inventando il violino elettrico ha di fatto rivoluzionato la concezione del violino nell’ambito del jazz, ha incantato alternando soavi melodie a sfuriate dissonanti sul suo amato strumento, quasi una propaggine del suo stesso corpo. Violino a cui Didier ha dispensato carezze ma anche schaffi violenti, accompagnando l’esecuzione con un linguaggio corporeo che ha trascinato ulteriormente il pubblico.

Possente e puntuale la base ritmica di Tullio De Piscopo, batterista che non ha bisogno di presentazioni e che vanta excursus nella “buona musica leggera” (come l’ha definita Gianni Azzali, direttore artistico del festival) con Pino Daniele, e Riccardo Fioravanti, apprezzato contrabassista già collaboratore di Rava, Fresu e Bosso; virtuoso e brillante il pianista Antonio Faraò, l’unico italiano ad aver suscitato l’ammirazione di Herbie Hancock, autore anche dei brani orginali brani in scaletta Positive life e Around Frygian, sapientemente alternati agli standard Solar, Someday my prince will come, In a sentimental mood, All the things you are, Impression e ai pezzi di Lockwood Globetrotter e Barbizon blues.

La manifestazione Piacenza Jazz Fest prosegue martedì 30 aprile al Teatro Comunale dei Filodrammatici di Piacenza con il primo appuntamento della rassegna Cinema di Jazz, organizzata in collaborazione con l’Associazione Amici del Teatro Gioco Vita, che presenta il film di Franco Maresco “Io sono Tony Scott, ovvero come l’Italia fece fuori il più grande clarinettista del jazz”, alle ore 21.15, in collaborazione con Concorto Film Festival.


Grazie per le immagini ad Angelo Bardini

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