Diario da Cannes, il festival apre con il Grande Gatsby foto

La prima puntata di Diario da Cannes, che il giornalista Stefano Cacciani scrive per noi direttamente dalla Croisette in occasione del 66esimo festival del cinema.

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La prima puntata del Diario da Cannes, che il giornalista Stefano Cacciani scrive per noi direttamente dalla Croisette in occasione del 66esimo festival del cinema.

Saranno le palme deferenti che rinfrescano la facciata del Palais du Cinema, saranno le bellezze non proprio comuni che passeggiano sulla Croisette, i prezzi da capogiro sulle etichette degli smoking esposti nelle vetrine del centro, oppure l`elettricità che si respira nell`aria in attesa della prima di questa sera de “Il Grande Gatsby”. Forse il Festival di Cannes è davvero l`evento di cinema più importante del mondo, come continua ad autoproclamarsi, di sicuro appare come il più glamour. A dimostrarlo ci sono le frotte di fans piazzate già da domenica di fronte alla passerella che porta alla montée des marches, una folla arrivata con 72 ore di anticipo in attesa della passerelle sul tappeto rosso – e onestamente non so dire che fine facciano durante la notte tutte queste persone urlanti, quando anche Cannes si concede qualche ora di riposo: forse abbandonano momentaneamente il marciapiede, decise a riposare. O forse restano lì, preoccupate che lo sgabello e le scalette in alluminio che hanno portato e ben lucchettato alle sbarre non bastino a dare loro la precedenza su tutti gli altri mortali desiderosi di gettare uno sgurado e di conquistare un autografo del divo di turno.

È l`apertura della 66esima edizione del Festival di Cannes, una giornata ombreggiata dalle minacciose nuvole provenienti dal mare che, stando alle infauste previsioni, accompagneranno tutti e quanti gli undici giorni di manifestazione. È il giorno di Baz Luhrman che porta sullo schermo il romanzo di Francis Scott Fitzgerald e dona al romantico e decadente Jay Gatsby il volto di un Leonardo Di Caprio affiancato sullo schermo da Carey Mulligan e Tobey Maguire. Il libro dello scrittore americano pubblicato a New York nel 1925 racconta la storia d`amore che più o meno tutti, da piccoli, abbiamo letto: il desiderio di innalzare la propria condizione sociale e la propria intera vita elargendo fascino a mani basse con feste grandiose in un castello nel Long Island, all`epoca in cui il proibizionismo e una una Grande Mela in piena ascesa promettevano divertimento e occasioni di facile ricchezza. Il tutto attraverso il cuore di una donna da conquistare a dispetto del mondo.

Il film proiettato in 3D è stato accolto tiepidamente nella proiezione per la stampa di questa mattina, più fischi che applausi. Ed in effetti viene il dubbio che Luhrman sappia fare davvero bene una cosa: divertire. Che lo sappia fare come in “Moulen Rouge” con inquadrature aeree e immagini sfarzose, con montaggi frenetici e canzoni toccanti accompagnate da baci ammiccanti, e che lo sappia fare nel contesto di una città rutilante in cui ognuno amerebbe stare almeno per un giorno, in questo caso la New York dell`estate 1922, nell`altro la Parigi del 1899. Ma viene anche il dubbio che il regista australiano, nonostante un Di Caprio capace come sempre di riempire lo schermo, non sappia fino in fondo arrivare al nocciolo della questione quando questa si allontana dal semplice “divertissement”. La luce verde che Gatsby insegue per tutta la vita al di là della baia è qualcosa che ha il fascino meraviglioso e impossibile di un miraggio in lontananza: il lirismo “alla Fitzgerald” e il suo sogno-incubo americano non abitano nella chiassosa Australia di Baz.

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