Confagricoltura: “Troppi costi per le aziende, piano rifiuti da rivedere”

“Se approvate, in questi termini – commenta Enrico Chiesa, presidente di Confagricoltura Piacenza – le modifiche introdotte determineranno una maggiorazione di costi per le aziende pari al 25%"

Il nuovo piano di smaltimento dei rifiuti della regione Emilia-Romagna prevede, stando alle proposte di indirizzo contenute nella bozza, che una parte dei rifiuti delle PMI non venga più qualificata come assimilabile al domestico ma venga classificata come derivante dalle attività produttive. “Se approvate, in questi termini – commenta Enrico Chiesa, presidente di Confagricoltura Piacenza – le modifiche introdotte determineranno una maggiorazione di costi per le aziende pari al 25%. Un aggravio insostenibile per le imprese agricole che a fine anno andrebbe a sommarsi anche alla nuova imposta statale Tares”.

In un momento in cui il sistema delle imprese rischia il collasso e stenta a reperire le risorse finanziarie necessarie per la ripresa, Confagricoltura chiede al Presidente della Regione Emilia-Romagna, Vasco Errani, di rivedere e modificare urgentemente il nuovo piano. “Concordiamo con la forte disapprovazione e preoccupazione espressa nei giorni scorsi anche dal presidente di Confagricoltura Emilia-Romagna, Guglielmo Garagnani – prosegue Chiesa -. La nostra Associazione è pronta a contrastare i punti cardine del documento assieme alle altre organizzazioni aderenti al Tavolo regionale dell’Imprenditoria dell’Emilia Romagna di cui condividiamo la posizione”. A metà giugno si è tenuto un incontro del Tavolo proprio su questo tema le Organizzazioni aderenti (quasi 340.000 imprese ed oltre 845.000 addetti) incontrando l’Assessore all’Ambiente Sabrina Freda non hanno mancato di evidenziare come “si rischia il collasso: è inaccettabile che i costi dell’attuazione del Piano regionale di gestione dei rifiuti siano pagati da cittadini e imprese. Inoltre, gli obiettivi appaiono talmente ambiziosi da essere difficilmente raggiungibili”.

In particolare, secondo il TRI non è realistico ipotizzare, a livello regionale, entro il 2020, la riduzione della produzione di rifiuti del 25%, il raggiungimento del 70% di raccolta differenziata e il 60% di rifiuti recuperati, senza che questo produca conseguenze e pesanti ripercussioni economiche sulle imprese ed i cittadini. I rappresentanti del Tavolo Regionale dell’Imprenditoria hanno espresso all’Assessore Freda un giudizio negativo in particolare sull’ipotesi di “deassimilare”, ai fini della raccolta e dello smaltimento, i rifiuti delle imprese da quelli urbani. Se passasse questa logica, infatti, per smaltire i propri rifiuti speciali le aziende non potrebbero più avvalersi del servizio pubblico, con un inevitabile aumento dei costi e degli oneri burocratici a cui assolvere, perché sarebbero costrette a rivolgersi ad altri operatori sul mercato, senza essere nel contempo esentate dalla TARES, pagando così due volte per lo stesso motivo.

“Contestiamo – spiega Chiesa – il marcato indirizzo ideologico del piano: la proposta di de-assimilazione dei rifiuti non li fa diminuire in termini quantitativi ma li sposta da una parte all’altra, dalla “privativa” al libero mercato, causando solamente un aumento di costi per imprese e famiglie. Una gestione responsabile e sostenibile dei rifiuti, deve tener conto, oltre delle esigenze dell’ambiente, anche di quelle degli attori sociali ed economici, e, in particolare, del sistema imprenditoriale, della cui sopravvivenza ci si occupa sempre molto marginalmente. Dobbiamo evitare di ripetere la vicenda Sistri, il sistema di gestione dei rifiuti speciali e pericolosi che ne doveva registrare la tracciabilità, ma proprio per la sua inapplicabilità viene continuamente prorogato e modificato, è stato al centro di un’inchiesta giudiziaria e rischia per l’ennesima volta di aggrovigliarsi su se stesso”.

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