Legambiente “Preoccupazione per deposito Eni a Fiorenzuola”

Intervento di Laura Chiappa di Legambiente sul deposito Eni di Fiorenzuola 

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Intervento di Laura Chiappa di Legambiente sul deposito Eni di Fiorenzuola 

Gli insediamenti industriali che trattano sostanze potenzialmente pericolose, come gli impianti chimici, petrolchimici, i depositi di oli, gas, carburanti ecc.. , devono essere obbligatoriamente gestiti con una particolare attenzione alla sicurezza del territorio che li ospita, dal momento che possono costituire un grave rischio per l’ambiente e la popolazione in caso di incidenti che possono procurare contaminazione del suolo,delle acque o dell’aria. Le logiche di mercato e produttività non possono, o meglio non dovrebbero, divenire motivo di aumento dei rischi sanitari ed  ambientali a carico della collettività.
Per questo motivo non possiamo che esprimere seria preoccupazione per il progetto di riorganizzazione che Eni Refining & Marketing vuole effettuare in tutti i suoi depositi ed in particolare in quello di Fiorenzuola, situato nel centro abitato vicino all’Ospedale, alla Stazione ferroviaria, alle scuole, in area densamente abitata e sopra un’area ad alta vulnerabilità della falda acquifera. Se l’intenzione dell’azienda è quella di recuperare reddittività  attraverso la riduzione del personale addetto al controllo del deposito e la  sostituzione dei turni notturni con sistemi di automazione tecnologica – al di là dei riflessi occupazionali, che rappresentano, già di per sé, un fatto grave in un momento di crisi come questo – la questione della sicurezza dell’impianto e del pericolo di aumento dei rischi di incidenti va certamente posta con forza. Questo processo deve necessariamente coinvolgere l’azienda stessa,  che deve per la legge 33499 redigere il Rapporto e lo Studio di sicurezza; gli enti locali, Comune, Provincia e Regione che hanno, ognuno secondo le sue competenze, il compito di tutela dei cittadini e dell’ambiente in relazione al rischio industriale e  la Prefettura che deve redigere il Piano di Emergenza esterno.
In primis ci chiediamo se la tecnologia e l’automazione può sostituire le capacità professionali e di intervento nelle emergenze o nelle criticità di un lavoratore altamente specializzato, ma soprattutto poniamo il problema della sicurezza dell’impianto di notte a fronte dell’eliminazione dei turni notturni. Chi garantirebbe la vigilanza e la  sicurezza di un impianto che immagazzina fino a 71.000 m³ tra benzina, gasolio, petrolio ed additivi, tutti estremamente infiammabili? Chi interverrebbe in caso di incidenti, incendi, sversamenti, emissioni, se non c’è più personale addetto e specializzato? Spetterebbe alle forze dell’ordine, ai Vigili del Fuoco, agli addetti comunali? Ci sarebbero forze sufficienti per farlo con una corretta formazione? ed a quali costi per la collettività? Senza colpo ferire Eni decide di peggiorare ulteriormente la situazione occupazionale e di sicurezza di un territorio che ha già abbondantemente dato il suo contributo.  
Vista l’importanza del deposito e la sua rischiosità, a prescindere dal dato occupazionale, che è comunque preoccupante,  l’invito che facciamo alla Regione ed al Comune è quello di approfondire i rischi per la popolazione e l’ambiente, connessi ad una operazione di questo genere, dandone al contempo la massima informazione ai propri cittadini, dal momento che la legge 33499 all’art.23 prevede non solo che i cittadini siano informati dei possibili rischi derivanti dalla presenza sul territorio di impianti di questo tipo e sui comportamenti da tenere in caso di incidenti, ma anche che siano messi in grado di esprimere il proprio parere. In casi come quello considerato l’informazione deve riguardare le modifiche di impianti e di depositi, di processi industriali, della natura o dei quantitativi di sostanze pericolose che potrebbero costituire aggravio del preesistente livello di rischio .
 
Legambiente circolo di Piacenza “ Emilio Politi”
 
Laura Chiappa
 

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