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Economix: l’industria italiana oltre la crisi. Una mappa

A fine 2013 la produzione dell’industria italiana si è ridotta del 24% rispetto ai picchi raggiunti nel 2008 (la Germania ha perso un -2,3%, ed è l’unico paese ad avere recuperato quasi pienamente i livelli produttivi precedenti alla crisi)

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L’industria italiana oltre la crisi

Martedì 18 marzo si è tenuto un incontro al MIP Politecnico di Milano, nel quale è stato presentato il rapporto ISTAT dal titolo “Chi vince e chi perde. L’industria italiana oltre la crisi”: una “mappa” dettagliata dei settori e delle imprese del made in Italy che hanno attraversato con successo le difficoltà degli ultimi anni e di quelle che invece hanno perso competitività.

Si tratta di un’analisi che non si basa soltanto su numeri macroeconomici, ma che valuta aspetti qualitativi, che sposta l’attenzione sulle strategie ed i comportamenti adottati dalle imprese.

A fine 2013 la produzione dell’industria italiana si è ridotta del 24% rispetto ai picchi raggiunti nel 2008 (la Germania ha perso un -2,3%, ed è l’unico paese ad avere recuperato quasi pienamente i livelli produttivi precedenti alla crisi). Un risultato allarmante, frutto di due recessioni consecutive (2008-2009 e 2011-2013). Un dato che riguarda in particolare il mercato interno, perché le esportazioni, in controtendenza, hanno registrato un aumento di circa il 3%.

Un dato che va analizzato più nel dettaglio, che vede una sorprendente forbice tra le imprese fortemente in crisi e quelle che invece continuano ad avere, in un periodo difficile per tutti, risultati molto positivi. L’analisi ha infatti individuato quattro gruppi di aziende, come evidenziato nel grafico che segue:

 

 

In Italia le imprese “in ripiegamento”, che si trovano di fatto in situazioni di grandi difficoltà, a causa di sostanziali perdite di fatturato, rappresentano la maggioranza relativa del 35,60%, mentre le “vincenti”, che non hanno avuto conseguenze negative a causa della crisi, e che lavorano principalmente (se non quasi esclusivamente) con l’estero, sono il 18,10%.

Un fatto, che può sembrare sorprendente, è che l’aspetto dimensionale non è una discriminante: piccole e grandi si trovano ugualmente nelle quattro categorie individuate.

Si riscontrano invece differenze per quanto attiene ai settori merceologici: alimentari e alcuni comparti della metalmeccanica mantengono buone performance a differenza invece di mobili, abbigliamento, stampa e legno che presentano i dati peggiori.

Gianluca Spina, Presidente di MIP, enfatizza i motivi che hanno determinato ad alcune imprese di, non solo mantenere le quote di mercato raggiunte, ma anche di aumentarle. Si tratta infatti di imprese che hanno puntato molto sull’investimento in buone prassi. Non solo tecnologie, ma soprattutto investimenti sul capitale umano, come evidenziato nello schema che segue:

Va precisato che la delocalizzazione ha interessato le imprese “crescenti all’estero” e non le “vincenti”, per le quali non ha rappresentato un fattore determinante per lo sviluppo delle imprese.

Roberto Monducci, direttore del dipartimento per i conti nazionali e le statistiche economiche dell’istituto nazionale di statistica, è convinto che “se si dimenticano per un attimo le evidenze negative, si possono individuare chiaramente gli elementi che servono alle imprese tricolori per trasformarsi ed essere competitive: vincono le imprese che sanno innovare e sono capaci di andare lontano, con un’occhio all’internazionalizzazione. Perde chi resta nei settori tradizionali e si ostina a competere ad armi pari con i Paesi emergenti: certe quote di mercato non possono essere difese”.

Per Andrea Rangone, docente di Strategia d’impresa e digital business al Politecnico di Milano, “per uscire dalla crisi bisogna guidare la trasformazione e riattivare le capacità e lo spirito imprenditoriali che hanno sempre contraddistinto gli italiani”.

Lo schema che segue riepiloga, in nove dati (numeri e percentuali), l’andamento delle imprese italiane durante questi ultimi anni di difficoltà:

Per maggiori dettagli sul rapporto ISTAT “Chi vince e chi perde. L’industria italiana oltre la crisi” si possono scaricare le SLIDES in acrobat.

Andrea Lodi (economix@piacenzasera.it)

 

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