Il Csi alla scoperta della via Malaspina. Il DIARIO di viaggio foto

Pubblichiamo il diario di viaggio del gruppo escursionistico del Csi che ha affrontato un cammino particolarmente insolito ed affascinante, "La via dei Malaspina Bassa: da Pavia a Ponte Nizza (Pv)"

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Pubblichiamo il diario di viaggio del gruppo escursionistico del Csi che ha affrontato un cammino particolarmente insolito ed affascinante, “La via dei Malaspina Bassa: da Pavia a Ponte Nizza (Pv)”. Si tratta della prima tappa della variante francigena interna appenninica: il primo giorno il percorso ha toccato Pavia, Cervesina, Voghera; il secondo giorno da Voghera fino a Ponte Nizza, per un totale di una cinquantina di chilometri percorsi.

Variante Francigena interna appenninica
Diario di viaggio della Prima Tappa: Pavia-Ponte Nizza (sabato e domenica 29-30 marzo 2014)

Il cammino dei Pellegrini è cominciato e ben 11 peccatori hanno deciso di espiare le loro colpe, compresa quella di non saper resistere al loro diavolo tentatore, quel Ruggente Ruggero che ogni anno riesce a traviarli. Il progetto è ambizioso, la meta ultima lontana, ma la mente è salda e il piede impavido. Chi nella tasca, chi nel cuore, ognuno porta con sé il proprio sasso, metafora del carico peccatorum, di cui ci si potrà liberare solo alla fine del percorso, salvo che, al contrario, il carico non si faccia più pesante e accresca anziché decrescere… il cammino è lungo e le tentazioni sempre in agguato!

In quattro anni (ma forse in tre, perché qualche pellegrino più saggio e canuto chiede di accelerare il passo, temendo di dover approntare uno zaino più pesante, carico di strumenti non propriamente escursionistici), distribuendo le rimanenti 14 tappe in altri 7 fine settimana, i Nostri raggiungeranno Lucca, percorrendo quella che il Ruggente ha definito ‘Variante Francigena interna appenninica’ e che si snoda prima lungo la Via dei Malaspina, poi segue la Via degli Abati, infine percorre la Via del Volto Santo.
Procediamo con ordine e vediamo come se la sono cavata gli Undici in queste due prime tappe, che da Pavia li hanno portati fino a Ponte Nizza, mettendo a dura prova calli e schiene pur ben allenate ad ardue fatiche.

I Nostri hanno deciso di inaugurare il cammino con il rito propiziatorio della lauta colazione al bar, incuranti dell’incoerenza di un vago retaggio pagano e subito dimostrando una certa propensione al peccato di gola. Cappuccino a parte, uomini e donne che attraversano la città a piedi, con uno zaino fuori misura rispetto a quello degli scolaretti, attirano l’attenzione e la domanda sorge spontanea: ‘Dove andate viandanti?’. ‘A Lucca!’.

Lo sguardo stralunato fa capire che occorre spiegare meglio, ridimensionare, specificare il primo vero obiettivo: ‘Oggi però arriviamo a Voghera’. Non convince neanche quest’ultima risposta; in un’epoca in cui il piede serve principalmente per schiacciare un acceleratore o indossare un tacco 12, l’idea di coprire tali distanze senza mezzi di locomozione sembra quantomeno strana e forse un tantino folle. Comunque, placati i morsi della fame, il Ruggente in testa, la combriccola si mette in moto. La giornata scivola via gioiosa, lungo gli argini assolati del Ticino e del Po; i km scorrono sotto le scarpe e il ritmo lo dettano gli scricchiolii dello sterrato o il tonfo sordo dell’asfalto.

L’allegro chiacchiericcio dei Pellegrini (che ancora non mostrano segni di contrizione!!) viene interrotto solo da silenzi contemplativi, che ci si immagina grevi di profonde riflessioni, ma che in realtà celano ben più materiali elucubrazioni perché si avvicina il momento dell’agognata sosta del mezzodì. Lasciatisi alle spalle il Santuario del Novello, attraversato il lungo ponte di Bressana e riguadagnato l’argine, ecco il praticello, ecco l’ombra, via la zavorra dalla schiena, giù le terga! Ma il tempo è tiranno e il Ruggente ha di nuovo inforcato lo zaino, è il momento di rimettersi in moto. Giunti a Cervesina il gruppo si scinde: alcuni (forse quelli con il sasso più pesante!) vogliono infierire ancora un po’ sui piedi già fumanti, altri, che ritengono di aver espiato abbastanza, almeno per il primo giorno, scelgono una ‘scorciatoia’. Ma ormai la meta è vicina e in breve tutti si ritrovano a Voghera.

Fatte sbollire le infelici estremità, ormai libere da calzature, gli Undici sono pronti per il meritato desco, dove tra piatti di tortelli e passatelli, c’è tempo per condividere emozioni, ricordi, tante risate e infinita amicizia. Mannaggia all’ora legale, che li costringe a riparare presto verso i loro giacigli!

Il giorno successivo, le 8 passate da poco, i Pellegrini sono nuovamente in cammino, accolti da una bruma lattiginosa e dal silenzio tipicamente domenicale, interrotto solo da un concerto canino, che un poco disturba le orecchie ancora poco pronte al rumore. Ma le dolci colline all’orizzonte (e lo stomaco rinfrancato da pane e marmellata!) ripagano di cotanta stonatura e rinvigoriscono l’entusiasmo: oggi ‘conquisteranno’ Ponte Nizza! Seguendo principalmente il percorso dell’ex ferrovia Voghera-Varzi, ignorando con stoica caparbietà il richiamo della Cantina Torrevilla, forse consapevoli di avere un compito meno arduo rispetto al giorno precedente, i Pellegrini raggiungono Godiasco, ufficialmente giunti in Valle Staffora.

E guarda caso, giusto in quell’ora in cui non si possono più ignorare i brontolii dello stomaco, qui li aspetta un’accogliente piazzetta, assolata ma rinfrescata dall’aria primaverile e… dotata di panetteria ben fornita! Ebbene, il peccato di gola si conferma la principale ‘mancanza’ degli Undici, il loro vero ‘sasso del Pellegrino’ (che per fortuna non si può mangiare!), che porteranno sì fino a Lucca, ma forse anche oltre, chi lo sa? Torniamo alla nostra piazza, cuore pulsante di un piccolo paese, che ora guarda incuriosito questi bipedi affamati e per giunta scalzi, perché hanno deciso di godere al meglio della loro sosta. Hanno invaso la visuale della gente ivi raccolta, visuale fisica e mentale (gli si legge in faccia lo stupore!), là così al centro, così in evidenza con questi piedi all’aria, che con la loro nudità ricordano a tutti a cosa servono, mostrano quanta stanchezza possono sopportare e quanta soddisfazione regalano per un tempo ‘altro’, quello lento e pieno del cammino.

Ma abbandonate auliche riflessioni miei Prodi, pensate ad addentare la focaccia e le ciambelle di Godiasco, perché il Ruggente presto riprenderà il suo zaino che, sia detto per inciso, sulle sue spalle è decisamente anarchico, libero di scivolare dove gli pare, un po’ verso destra, poi un puntatina verso il basso, per risalire di colpo a sinistra, restando però sempre fedele a se stesso, cioè sbilenco!

Ebbene è tempo di ripartire, Ponte Nizza non è più così lontano, ma ci sono ancora dei km da macinare. Passata Osteria Nuova, che nonostante il nome promettente non poteva indurre in tentazione perché dell’Oste non v’era traccia, sfiorata anche Cecima, i Nostri hanno ben presto agguantato Ponte Nizza, giusto un’oretta prima dell’arrivo dell’autobus che dovrà riportarli a Voghera. C’è un solo modo per godere a pieno di quest’abbondanza di minuti, di questa fase di limbo, dove giunge la consapevolezza di dover presto abbandonare zaino e scarpone per tornare all’abito civile: ci si siede insieme, ristorando le gole assetate, lasciando spazio alla parola in libertà, ma anche a quella pace silenziosa da cui ci si lascia riempire l’animo, soddisfatti e appagati da ogni minimo istante dei due giorni trascorsi, che sono già ricordo, ma ricordo prezioso e nuovo bagaglio da portare con sé nello zaino.

Del ritorno, del viaggio all’inverso (stavolta decisamente motorizzato!), si può anche non raccontare, ma nessuno pensi sia rattristato da foschi pensieri, perché il cuore è sereno, l’entusiasmo ancora alto e la mente rivolta al futuro, ancora e sempre in cammino.

Mara Pedrazzini

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