Alluvione nei Balcani, raccolta fondi di Caritas

Gli ultimi dati parlano di almeno 50 vittime (30 in Bosnia Erzegovina, 20 in Serbia, 1 anche in Croazia), ma il numero è destinato a salire perché in alcune delle città maggiormente colpite (Doboj e Maglaj in Bosnia Erzegovina, Obrenovac e Krupanj in Serbia) sono rimaste isolate per giorni

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Diventa difficile riassumere quanto sta succedendo in Bosnia Erzegovina e in Serbia negli ultimi giorni, a seguito delle alluvioni che stanno devastando molte aree dei due paesi e che hanno poi colpito anche la Croazia. Le notizie tragiche si susseguono da giorni e da ogni parte: intere città sotto acqua, senza elettricità, ponti crollati, strade allagate, frane che si portano via paesi interi, grossi quartieri fatti evacuare, migliaia di sfollati, persone che attendono soccorsi nei tetti o nei boschi, vittime e dispersi, tentativi disperati di alzare gli argini dei fiumi per evitare il peggio.  La preoccupazione è accresciuta dal fatto che in alcune città non funzionano le comunicazioni telefoniche e al tempo stesso sono isolate a causa di allagamenti e frane, per cui non sono ancora chiare a distanza di giorni le reali condizioni in cui si trovano.

Ormai da più parti si parla di “cataclisma”, di “catastrofe”. Le precipitazioni cadute nella zona sono state le più intense da quando si è iniziato a misurare questi fenomeni 120 anni fa ed hanno causato delle piene mai viste dei numerosi fiumi  (ad es. il livello della Sava è più di 1 metro rispetto al livello massimo mai registrato). L’onda di piena dei numerosi fiumi della zona sta proseguendo lungo il corso dei fiumi stessi e sta dunque arrivando in altre aree e anche in alcune zone della Croazia.

Gli ultimi dati parlano di almeno 50 vittime (30 in Bosnia Erzegovina, 20 in Serbia, 1 anche in Croazia), ma il numero è destinato a salire perché in alcune delle città maggiormente colpite (Doboj e Maglaj in Bosnia Erzegovina, Obrenovac e Krupanj in Serbia) sono rimaste isolate per giorni e solo ora si è potuto entrare a verificare la situazione.

In Serbia ci sono almeno 25.000 sfollati di cui almeno 4.000 accolti in strutture improvvisate a Belgrado, mentre i numeri degli sfollati in Bosnia Erzegovina non sono chiari ma sono comunque elevati perché ogni giorno vengono fatti evacuare villaggi e cittadine invasi dalle acque (solo oggi per esempio evacuate 6.000 persone dai villaggi attorno a Bijeljina, 3.500 da Bosanski Samac…).

Le frane soprattutto in Bosnia Erzegovina rappresentano un altro grave problema e stanno distruggendo decine di case in tutto il paese; le città da cui si sta ritirando l’acqua sono coperte di fango e hanno alcuni servizi essenziali (come gli ospedali) inagibili; i medici stanno già mettendo in allarme sui rischi di possibili epidemie.

Le Caritas e le Chiese locali hanno già lanciato i loro appelli attraverso la rete di Caritas Europa, sui media locali e sui social network. Al momento sono impegnatissime nella prima assistenza, nell’organizzazione di punti di raccolta, nella distribuzione di pasti caldi, nel fornire informazioni utili. Gli operatori italiani di Caritas nella regione stanno visitando le località maggiormente colpite e alcuni luoghi di prima accoglienza per poter valutare e rispondere ai bisogni più urgenti.

Al momento attuale la necessità principale rimane comunque la raccolta fondi per coprire le spese della prima emergenza. Per evitare di peggiorare la già grave situazione, sprecare risorse e aumentare la confusione e le difficoltà logistiche, solo in seguito verranno eventualmente indicate altre forme di aiuto, tramite raccolte puntuali di altro genere di materiale.

Per chi desiderasse contribuire alla raccolta fondi in atto, le modalità di sostegno economico sono:
– versamento diretto presso gli uffivi Caritas uffici in Via Giordani, 21 a Piacenza dalle ore 9 alle 12 dal lunedì al venerdì
– C/C bancario tramite Banca di Piacenza intestato a Fondazione Caritas Diocesana (causale “EMERGENZA ALLUVIONI BALCANI”) – Iban: IT61 A 05156 12600 CC0000032157

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