Caso Aldrovandi, Chiaravalloti (Siap): “Non c’è nulla da applaudire”

Pubblichiamo l’intervento del segretario generale provinciale Siap sulla vicenda degli applausi con i quali, durante il congresso nazionale del Sap (Sindacato Autonomo Polizia), sono stati accolti tre dei quattro agenti condannati per la morte del 18enne dopo un controllo a Ferrara

Pubblichiamo l’intervento di Sandro Chiaravalloti, segretario generale provinciale Siap (Sindacato Italiano Appartenenti Polizia) sulla vicenda, che ha trovato ampio risalto sui media nazionali, degli applausi con i quali, durante il congresso nazionale del Sap (Sindacato Autonomo Polizia), sono stati accolti tre dei quattro agenti condannati per la morte del 18enne Federico Aldrovandi, morto durante un controllo a Ferrara il 25 settembre del 2005.

“Nei nostri ambienti, aldilà di come la si pensi – scrive Chiaravalloti, presente a parte del congresso –  è apparso strano che in un Paese dove per un reato colposo in galera non va quasi nessuno, soprattutto se incensurato, i tre agenti condannati abbiano fatto la galera. Ed è questo che crea malumore insieme a campagne denigratorie create ad arte anche in casi in cui la Polizia di Stato opera bene. Un insieme di cose che creano disagio, ma sono convinto che questo malumore, se lo si vuole esternare,  andrebbe a mio parere esternato con rispetto di un ragazzo morto mentre era in mano dello Stato e per il rispetto di un dolore incommensurabile di una intera famiglia. Cosa avremmo fatto se una cosa del genere fosse accaduta a noi? Non c’è nulla da applaudire”.


L’intervento

Credo di poter dire ,senza temere smentite, che abbiamo  sempre sostenuto che a noi poliziotti, sia che si sbagli o no, ad eventi eclatanti si riservano trattamenti particolari che ci rendono vittime di pregiudizi che giudico offensivi e poco rispettosi per una intera categoria che vive un momento estremo di disagio oggettivo. Molte volte ho potuto assistere a vere campagne denigratorie contro una categoria che per comodo si vuol far credere privilegiata e immune agli errori commessi, anche quando errori non ce ne sono, e che nel sostenere  questo si finisce per ricevere punizioni e attenzioni ben più dure di quelle previste; ciò anche quando, a mio parere, non c’è nulla da punire in un Paese  dove i criminali diventano eroi e dove i poliziotti diventano cretini. 

Detto questo, senza nessun tentennamento, ancora una volta porto la mia piena solidarietà alla famiglia Aldrovandi per quello che è successo a Rimini dove un sindacato di Polizia  – Sap –  applaude per circa cinque minuti tre agenti condannati per eccesso colposo per la morte del giovane Aldrovandi. Va evidenziato, perché a mio parere determinante nella credibilità , che nell’ambito dell’inchiesta erano stati rinviati a giudizio altri 4 agenti. Le accuse nei loro confronti, a vario titolo, erano: falso, favoreggiamento e omissioni di atti d’ufficio. A parere dell’accusa avrebbero mentito e cercato di manomettere dati con lo scopo di aiutare i colleghi. Tre di loro verranno condannati e uno, che ha scelto il rito ordinario, assolto.  

Nei nostri ambienti, aldilà di come la si pensi,  è apparso strano che in un Paese dove per un reato colposo in galera non ci va quasi nessuno, soprattutto se incensurato, i tre agenti condannati abbiano fatto la galera. Ed è questo che crea malumore insieme a campagne denigratorie create ad arte anche in casi in cui la Polizia di Stato opera bene.  Un insieme di cose che creano disagio, ma sono convinto che questo malumore, se lo si vuole esternare,  andrebbe a mio parere esternato con rispetto di un ragazzo morto mentre era in mano dello Stato e per il rispetto di un dolore incommensurabile di una intera famiglia. Cosa avremmo fatto se una cosa del genere fosse accaduta a noi? Non c’è nulla da applaudire. 

Per quanto mi riguarda è ora che cali il silenzio nel senso che  le battaglie da fare si facciano pure, ma con rispetto, in quanto sono convinto che ai tantissimi colleghi che hanno ucciso una persona anche  per legittima difesa non farebbe piacere ricevere un applauso: la perdita di una vita è sempre una sconfitta per tutti, è un dolore e la morte va rispettata in quanto, seppur la fine, fa  parte della vita stessa  Non c’è nulla da applaudire, perché applaudire per una mamma che ha perso un figlio  può significare: “bravi”!  

Sono stato presente la mattina al congresso del Sap, non c’ero il pomeriggio quando hanno applaudito, e mi spiace constatare che alla fine tutti gli spunti interessanti emersi nella mattinata attraverso un ampio dibattito dove hanno partecipato il mio Segretario Generale Tiani,  il capo della Polizia Pansa, gli onorevoli Gasparri , La Russa e telefonicamente anche Berlusconi, alla fine rischiano di perdere la loro importanza a discapito di tutti i colleghi compresi, quelli che non applaudirebbero affatto, in quanto si rischia ancora una volta di perdere fiducia.

Quando noi del Siap abbiamo organizzato lo scorso ottobre un convegno a Ferrara che riguardava i fatti del caso Aldrovandi e di altri simili, su quali accorgimenti adottare in questi perchè certe cose non accadano più, per la salvaguardia dei cittadini e dei colleghi stessi, la prima cosa che ho chiesto al Sindaco di Ferrara è stata di chiedere alla Signora Patrizia Monetti, mamma di Aldrovandi, se tale iniziativa la avesse turbata: nel caso avremmo rinunciato. Era una iniziativa positiva, pacifica, dove abbiamo detto la nostra con umiltà, ma il rispetto di una morte, di un dolore di una mamma è sacro”.

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