Intitolata al sindacalista antimafia Rizzotto l’area verde di via Montelungo foto

E’ stata intitolata a Placido Rizzotto, sindacalista antimafia, l’area verde di via Montelungo a Piacenza, nel quartiere della Farnesiana. Alla cerimonia hanno preso parte l’assessore alla Legalità Luigi Gazzola, insieme a rappresentanti dell’associazione Libera e della Cgil Piacenza

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E’ stata intitolata a Placido Rizzotto, sindacalista antimafia, l’area verde di via Montelungo a Piacenza, nel quartiere della Farnesiana. Alla cerimonia hanno preso parte l’assessore alla Legalità Luigi Gazzola, insieme a rappresentanti dell’associazione Libera e della Cgil Piacenza, fra cui il segretario Gianluca Zilocchi. Al termine, dopo la benedizione di don Maurizio Noberini, parroco della chiesa di Santa Franca. è stato offerto ai presenti un piccolo rinfresco con prodotti originari delle terre confiscate alla criminalità organizzata.

“A nome mio e della famiglia Rizzotto – ha fatto sapere con un messaggio il nipote di Placido Rizzotto, che porta il suo stesso nome – esprimo grande soddisfazione per la Vostra iniziativa che oggi vede intitolata a mio zio un giardino della Vostra città, segno che ormai la figura di Placido Rizzotto è patrimonio non solo di Corleone o della Sicilia, ma di tutto il nostro paese, soprattutto nella coscienza di tutti gli italiani onesti che credono nei valori di eguaglianza e dei diritti e che sono convinti che il lavoro, qualunque esso sia, deve dare dignità e deve consentire alle persone di sentirsi liberi e non sotto ricatto da chi tenta di vivere in maniera parassitaria alimentando la sfiducia nelle istituzioni, creando i presupposti per la precarizzazione del lavoro per vivere sfruttando i loro simili mantenuti in condizione di costante bisogno”. 


Il ricordo della Spi-Cgil

PLACIDO RIZZOTTO (2 gennaio 1914/10 marzo 1948, Corleone/Palermo) primo di sette figli, perse la madre a 7 anni e quando l’anno dopo il padre, accusato di far parte di un’organizzazione mafiosa fu arrestato dai carabinieri del Prefetto Cesare Mori, e poi condannato a 4 anni e 7 mesi, fu costretto ad abbandonare la scuola per occuparsi dell’intera famiglia. Durante la 2° guerra mondiale prestò servizio nel Regio Esercito sui monti di Carnia e dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 si unì ai partigiani delle Brigate Garibaldi come socialista.

Rientrato a fine guerra a Corleone, iniziò la sua attività politica e sindacale. Ricoprì l’incarico di Presidente dei reduci e combattenti dell’ANPI di Palermo e quello di Segretario della Camera del Lavoro di Corleone. Fu esponente di spicco del P.S.I. e della CGIL.

Venne rapito nella serata del 10 marzo 1948 da un gruppo di persone guidato dal giovane mafioso Luciano Leggio detto Liggio. Lo portarono in una fattoria, lo picchiarono a sangue, gli fracassarono il cranio e buttarono il suo corpo in una foiba di Rocca Busambra. I mafiosi presi dalla furia del pestaggio non si accorsero che all’assassinio aveva assistito un piccolo pastorello, Giuseppe Letizia,12 anni. Tornò a casa sconvolto, il padre pensò ad un delirio febbrile e lo portò nell’ambulatorio del dottor Michele Navarra, padrino mafioso di Corleone alla cui cosca era affiliato Liggio. Il dottore intuì il rischio della possibile testimonianza e gli fece un’iniezione d’aria che portò il piccolo alla morte il giorno dopo. Un certo Dott. Ignazio Dall’Aira stilò un certificato di morte per “tossicosi” per poi scappare in Australia senza far mai più ritorno.

Il posto di Placido Rizzotto alla guida della Camera del Lavoro di Corleone fu preso dal comunista Pio La Torre, poi alto esponente Parlamentare del PCI, assassinato dalla mafia il 30 aprile 1982 a Palermo. Le indagini sulla morte di Rizzotto furono affidate all’allora Capitano dei carabinieri Carlo Alberto Dalla Chiesa anch’egli assassinato dalla mafia il 3 settembre 1982 a Palermo perché voleva fare con Cosa Nostra quello che gli era riuscito con le Brigate Rosse: la distruzione. Nel frattempo Liggio aveva fatto “carriera” nella mafia; fece uccidere il dottor Navarra diventando ii capo del clan dei corleonesi. Infine, con i compari Bagarella, Provenzano, Riina, diventò il capo di “Cosa Nostra”.

Le indagini condotte da Dalla Chiesa portarono all’arresto di tali Vincenzo Collura e Pasquale Criscione che ammisero il concorso all’assassinio di Rizzotto insieme con Liggio. Questi due delinquenti, unitamente a Liggio rimasto “latitante” fino al 1964, furono infine assolti per “insufficienza di prove” dopo aver ritrattato la loro iniziale confessione.

Il 9 marzo 2012 l’esame del DNA comparato con quello estratto dal padre Carmelo Rizzotto, deceduto nel 1969, ha confermato che i resti trovati Il 7 luglio 2009 all’interno di una foiba di Rocca Busambra a Corleone, dopo una Munga e difficile indagine condotta dalla Polizia di Stato in servizio presso il Commissariato PS di Corleone, appartengono a PLACIDO RIZZOTTO.. Il 16 marzo 2012 il Consiglio dei Ministri ha deciso I Funerali di Stato per Placido RIzzotto„ svolti a Corleone il 24 maggio 2012 alla presenza del Presidente Giorgio Napolitano.

Rizzotto è stato Insignito di Medaglia d’Oro al merito civile con la menzione “Politico e Sindacalista fermamente impegnato nella difesa degli ideali di democrazia e giustizia, consacrò fa sua esistenza alla lotta contro la mafia e lo sfruttamento del contadini, perdendo tragicamente la giovane vita in un vile agguato ad opera degli esponenti mafiosi corleonesi. Fulgido esempio di rettitudine e coraggio spinti fino all’estremo sacrificio”. Tornato in Sicilia, negli anni dal 1944 al 1950, furono tanti i Sindacalisti della CGIL, militanti del Partiti di Sinistra, contadini uccisi per mano mafiosa indirizzata da agrari e latifondisti.

ASSASSINATI PER LA TERRA. Tutto era Iniziato il 19 ottobre 1944 quando il ministro dell’Agricoltura del governo Badoglio, il Comunista Pietro Cullo, firmò un Decreto Legge in cui si stabiliva che le terre incolte o mai coltivate dagli agrari e dai latifondisti venissero assegnate alle Cooperative di contadini. Lo stesso giorno dell’entrata in vigore del Decreto, un plotone del 139° Reggimento fanteria della Divisione “Sabaudia” fu comandato a sparare sulla folla che protestava a Palermo per la mancanza dl pane: 24 morti, 158 feriti, fra cui donne e bambini.

In Sicilia i contadini si trovarono fra due fuochi: da un lato nobiltà e baronati latifondisti che affidavano al mafiosi la custodia dei loro beni. Dall’altro polizia e carabinieri che “dovevano tenere l’ordine pubblico”. Quando i contadini occupavano terre Incolte erano attaccati da tutti costoro.. Contadini, Sindacalisti, Militanti erano fra l’incudine delle manette e il martello della lupara.

Una fase storica drammatica che trovò il suo apice nella strage di Portella della Ginestra del 1° maggio 1947.  Corleone era un grosso centro agricolo in cui la mafia comandava. Uno come Placido Rizzotto ogni giorno combatteva contro la violenza, le minacce, la morte Incombente. Era la RESISTENZA

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