Emilia “locomotiva del paese”. Confronto sulle regionali alla festa Pd foto

Confronto a distanza in vista delle primarie Pd per la candidatura a presidente della Regione Emilia Romagna, tra Roberto Balzani e Stefano Bonaccini

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Confronto a distanza in vista delle primarie Pd per la candidatura a presidente della Regione Emilia Romagna, tra Roberto Balzani e Stefano Bonaccini. Due interviste distinte, condotte dal direttore di Piacenzasera.it Mauro Ferri, che hanno chiuso la festa cittadina dell’Unità in piazza Cavalli a Piacenza. Il doppio incontro è stato preceduto dall’incontro con il responsabile economico del Pd, Filippo Taddei, insieme a Maurizio Fiasché. 

La parola è poi passata ai candidati alle primarie, per primo Roberto Balzani, docente universitario e sindaco di Forlì fino alla primavera scorsa. 

Una candidatura che viene vista come un elemento di rottura: “La Regione Emilia Romagna si è differenziata all’inizio, negli anni Settanta, per la capacità di leggere i cambiamenti politico – ideali, e questo ha alzato il livello della sfida. Una delle sue peculiarità e’ il cosiddetto modello emiliano, un patto economico – sociale in grade di sorreggere il grande sviluppo tra gli anni Settanta e gli anni Ottanta. Modello andato in crisi – dice – perché è cambiata la storia. I tassi di crescita sono venuti meno, ed è divenuto difficile poter sostenere economicamente quella realtà. Dobbiamo rifondare un nuovo modello, che sia all’altezza di chi ha fondato la Regione Emilia Romagna, abbiamo a disposizione la possibilità di fare un salto davvero europeo”

Sul fronte della sanità, tema caldo per Piacenza come le vicende del 118 e dell’ospedale di Fiorenzuola, “la premessa generale e’ che la Regione, in questi anni nell’impossibilità di sostenere i costi del modello – dice Balzani -, ha visto venire meno la possibilità di progettare visioni. I territori quindi tendono ad andare per proprio conto e riverberare i propri interessi, prima di tutto bisogna dire che bisogna ridare capacità di visione della Regione, visto che in questo settore passa l’80 per cento della spesa regionale. Il centralizzarsi del potere politico e’ un approccio sbagliato, il tema invece esige una profonda conoscenza delle realtà territoriali. Spesso la progettazione non è concordata con i territori, e viene vista come una mannaia calata da Bologna. Dobbiamo darci degli obiettivi, un processo che deve coinvolgere i territori e deve produrre, non lo dico per difendere i territori. Io ho chiuso l’ospedale di Forlimpompoli. Siamo arrivati a questa decisione senza spargimenti di sangue, perché il processo è stato gestito gestito dal basso. Sono scelte di riorganizzazione che producono risparmi”.

Quale idea di riforma del modello regionale ha in mente? “Come in ogni sistema di governo, occorre partire dalla testa e cioè dalla giunta. Quella regionale  è strutturata come la giunta comunale, peccato che sanità pesi per l’80 per cento, e la cultura lo zero virgola. Noi invece abbiamo bisogno di chi si occupi solo dell’Europa, per recuperare fondi da ridistribuire. E poi gli enti locali dipendono per un verso o per l’altro da vari assessorati, e spesso le visioni non sono collimanti. Il territorio e’ un unicum.

Sul fronte delle partecipate, per Balzani sono “uno strumento prezioso dei Comuni, senza le quali non riusciremo a gestire servizi fondamentali. Però devono stare in piedi. Io mandato in fallimento e liquidazione alcune partecipate del mio Comune, per poi trasformarle in una holding. Dal dibattito Anci emerge una semplificazione eccessiva. Noi come enti locali abbiamo l’obbligo di esercitare controllo e programmazione dei servizi, se no non riusciamo a governare le tariffe. Occorre quindi vedere se alcuni servizi vadano affidati a privati o se non debbano restare in capo al pubblico, senza però produrre debito. Noi ci dobbiamo tenere in mente che beni in gestione di monopolio devono essere controllati dal pubblico, proprio per governare le tariffe.

Sul fronte del lavoro, le direttrici di sviluppo per il candidato alle primarie va ricordato che la Regione ha messo in campo, in numerosi casi con successo, interventi per arginare la crisi. Adesso si tratta di capire se posso aiutare le grandi opere da mettere in cantiere, così come un grande piano ferroviario. In Regione non abbiamo un servizio di metropolitana di superficie, naturale per implementare qualunque forma di sviluppo. Basta vedere la stazione di Bologna, sia la vecchia che la nuova sono impresentabili. Occorre poi investire sulla ricerca avanzata.

Quale, infine, il rapporto con Piacenza? C’è una sindrome di marginalizzazione, dice Balzani. “La vostra città è snodo logistico di primaria importanza, collegato con territori molto importanti. Occorre capire qual e’ la sofferenza del territorio. Se e’ comune a tutta la Regione o se è specifica e risente di dinamiche locali”.

La parola poi passa a Stefano Bonaccini, segretario regionale del Pd. Consigliere regionale uscente, è stato coordinatore dell’ultima campagna delle primarie di Matteo Renzi, ed è membro della segreteria nazionale del Pd, in qualità di responsabile degli enti locali.

Queste primarie sono state caratterizzate da molte schermaglie, con polemiche a distanza con uno degli altri candidati, Matteo Richetti. Perché ha scelto di candidarsi?

La risposta di Bonaccini: “Voi state seguendo i dibattiti interni alla destra e al M5s, per la scelta dei candidati? Noi siamo gli unici che mettendoci la faccia siamo davvero democratici. A chi vuole misurare il mio tasso di “renzismo”, rispondo che non mi piace che un a persa venga definita con il cognome di un altro. Matteo Renzi mi ha chiamato a coordinare campagna elettorale, per le primarie dello scorso anno, e sono membro della segreteria nazionale. Ho deciso di candidarmi perché non c’era una candidatura unitaria. Stimo Matteo Richetti, che, ricordo è stato consigliere regionale per 10 anni, ma il suo progetto politico guarda al neocentrismo. Noi dobbiamo costruire il Pd, composto da tanta gente cui non interessano più la Margherita e i Ds. Mi sono candidato perché credo di conoscere la Regione meglio di chiunque altro. Cambiare per cambiare senza dire cosa fare e’ complicato”.

 
“Quello della Regione Emilia Romagna è un modello che deve farci inorgoglire – ha proseguito – i parametri che esprime in tanti campi appartengono a una Regione di eccellenza. Siamo una delle aree più ricche d’Europa. Ma non possiamo accontentarci, la quota del turismo ad esempio è ancora troppo bassa, è una forma di economia ancora da sviluppare. Non possiamo sentirci arrivati. 

E’ necessario intervenire su una burocrazia talvolta troppo soffocante, spingere per l’accorpamento dei Comuni, per lo sviluppo Patto per la crescita. Italia è paese vecchio, che ha perso il gusto della sfida, non si può stare fermi. Dobbiamo essere con il governo Renzi, la punta avanzata del Paese, dobbiamo essere la locomotiva di questo paese”. 

“E Piacenza può essere una punta di eccellenza – ha aggiunto – del sistema regionale, come porta di accesso Lombardia e Emilia Romagna. Expo 2015 occasione incredibile. Grande occasione di conoscenza. Ha più prodotti dop di tutta la regione, è un’eccellenza, così come le vostre valli straordinarie, qui si mangia benissimo. Eccellenze che dal punto di vista enogastronomico, culturali, ambiente, può dare lavoro e mantenerlo. Noi non possiamo piangerci addosso”.

Sul versante della sanità Bonaccini ha evocato l’intervento “eccellente” sull’ospedale di Fiorenzuola. “Lo dice sempre Romano Prodi, il nostro modello di sanità pubblica lo dobbiamo andare a vendere ai cinesi”. Bonaccini si è poi soffermato sulle aggregazioni dei comuni e sul riordino territoriale: “Occorre avere qui più coraggio per le aggregazioni dei Comuni, fondersi in un’unione, e’ fondamentale, non è un problema di destra o di sinistra, ma di buonsenso”.

 
Sui costi della politica e delle partecipate: “Abbiamo 8mila società, è uno scandalo se servono per sistemare amici, e in questo senso dobbiamo intervenire. Ci sono situazioni da correggere. Ma sui costi della poitica noi abbiamo già tagliato, abbiamo cancellato il vitalizio in Regione, e ridotte del 30 per cento indennità”.
 
Infine si è toccato il tema del lavoro: “Il vero problema è il calo della produzione interna. Servono fondi europei, occorre creare sinergie per candidarsi e proporre progetti in grado di intercettare finanziamenti E occorre chiedere al governo nazionale lo sblocco patto di stabilità. In questo campo un ruolo nuovo si profila per delle Regioni. Saranno enti più programmatori che gestori, la semplificazione può aiutare”.

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