Summer school, confronto “internazionale” per gli studenti foto

Si è chiusa venerdì la prima settimana dell’International Summer School OPEN CITY, organizzata dalla Scuola di Architettura del Politecnico di Milano, nella sede di Piacenza del Campus Arata, in via Scalabrini.

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Si è chiusa venerdì la prima settimana dell’International Summer School OPEN CITY, organizzata dalla Scuola di Architettura del Politecnico di Milano, nella sede di Piacenza del Campus Arata, in via Scalabrini.

Giornate intense, sia di lavoro ai tavoli di disegno che di visite nelle aree di Piacenza interessate dai progetti di “Architectures for a creative city. Piacenza towards Expo”, titolo dell’edizione 2014 dell’evento, ormai appuntamento fisso per la cultura architettonica e urbana, a livello internazionale.

Venerdì in particolare, oltre 20 professori provenienti da Scuole di architettura italiane ed europee, hanno valutato le idee e le visioni proposte dagli studenti in questi primi giorni di lavoro. Apprezzandone la carica innovativa e creativa, capace di immaginare una città alternativa, dinamica, in continuo movimento, dove la tutela delle preesistenze storiche si accompagna a forme e materiali nuovi. Dove piccoli padiglioni sono l’occasione per rigenerare e riqualificare pezzi di città, spazi pubblici verdi e percorsi ciclo-pedonali.

Proposte in parte influenzate dai contributi e dalle lezioni degli ospiti che ogni sera si alternano sulla cattedra del Padiglione Baciocchi, all’interno del Campus Arata. L’appuntamento di giovedì scorso è stato particolarmente pregnante. In una conferenza a 3 voci, si è parlato di tipologie edilizie, di città creative, di Expo come veicolo della modernità.

La serata è stata introdotta e moderata dalla ricercatrice al Politecnico di Milano Antonella Contin che ha invitato gli studenti a “pensare globalmente e a disegnare localmente”. Frase particolarmente centrata ad una platea di studenti provenienti da ogni angolo del mondo.

Durante la conferenza hanno portato il loro contributo 2 architetti spagnoli, di Madrid il primo, Blanca Lleò, di Granada il secondo, Juan Domingo Santos, e un progettista israeliano di Tel Aviv, David Knafo. Tutti e 3 sono anche docenti nei rispettivi paesi.

Blanca Lleò ha presentato tre suoi progetti di social housing, realizzati nell’arco di un decennio tra Madrid e Barcellona. Lavori che mostrano il tentativo di dare spazio a nuove comunità internazionali, che rappresentano – con tipologie di alloggi innovativi – la complessità della società contemporanea. Edifici che vogliono dimostrare che “nulla è impossibile”, anche costruire edifici belli e affascinanti con investimenti limitati.

A seguire, Domingo Santos ha focalizzato il suo intervento sul tema della città creativa, che “vuol dire soprattutto intervento sull’esistente. Una buona architettura è spesso la storia di una buona trasformazione, magari minima, con pochi materiali e con gesti semplici, che sappiano integrare – come nei progetti mostrati – la natura nelle sue diverse forme all’interno dell’architettura”.

Ha concentrato l’intervento sugli Expo, David Knafo, che in questi mesi sta realizzando quello che sarà il Padiglione Israeliano nell’evento milanese del 2015. L’edificio si chiama “Campi di Domani” e, nell’ottica di un’agricoltura urbana che sia una modalità per combattere le emergenze ambientali e sociali, porterà nel centro del nuovo quartiere di Rho, a pochi passi dal padiglione Italia e dalla piazzetta Piacenza, un frammento (quasi 100 metri di lunghezza per 12 di altezza) di suolo israeliano coltivato a mais, grano e riso. Anche questo intervento è stato particolarmente utile agli studenti concentrati a progettare un padiglione da collocare nella città di Piacenza.

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