Neuropsichiatria infantile: un quinto degli utenti sono migranti

Una fetta sempre più rilevante dei minori che sono in carico ai servizi di Neuropsichiatria infantile è oggi rappresentata dai migranti: i bambini e gli adolescenti non italiani sono oltre un quinto del totale, in costante aumento. Se si fa riferimento ai servizi sociali comunali, la quota sale addirittura al 60 per cento. 

Una fetta sempre più rilevante dei minori che sono in carico ai servizi di Neuropsichiatria infantile è oggi rappresentata dai migranti: i bambini e gli adolescenti non italiani sono oltre un quinto del totale, in costante aumento. Se si fa riferimento ai servizi sociali comunali, la quota sale addirittura al 60 per cento. Di fronte a questo scenario in continuo cambiamento, il dipartimento di Salute mentale dell’Ausl di Piacenza ha intrapreso alcuni anni fa un percorso per rispondere al meglio a esigenze diverse e offrire un aiuto clinico mirato, fruibile e sostenibile. 
Il modello seguito è quello della scuola parigina di Marie Rose Moro, una dei massimi esperti europei sul tema, ieri ospite in città proprio per due giorni di workshop che hanno consentito agli operatori sanitari e dei servizi sociali di fare il punto su quanto finora sperimentato sul campo. 
“Si è trattato – spiega Giuliano Limonta, direttore del dipartimento di Salute mentale dell’Ausl di Piacenza – di un vero e proprio confronto operativo, per misurare l’efficacia clinica degli interventi”.
Cornice dell’incontro di lavoro è stata la suggestiva sala dei Teatini, che ha ospitato (tra giovedì e venerdì) poco meno di 200 partecipanti. “In questi anni neuropsichiatri, psicologi, tecnici della riabilitazione, assistenti sociali e mediatori hanno lavorato insieme, integrando le competenze, per “piacentinizzare” il modello (tecnicamente definito clinica transculturale) europeo”.
“Abbiamo sentito il bisogno di attrezzarci preventivamente sul piano tecnico professionale e sulla preparazione clinica, per poter affrontare i disturbi mentali, i disturbi dell’età evolutiva e le problematiche sociali con una modalità diversa, e aggiornata, rispetto ai percorsi per gli utenti italiani”. Un esempio immediato è quello dei test di valutazione: “Quelli normalmente utilizzati non sono accreditati per i migranti”. A partire dal modello della Moro, la cooperativa milanese Crinali (ieri rappresentata dalla psicologa e psicoterapeuta Patrizia Bevilacqua) ha fornito una traduzione operativa dei principi e dei metodi di stampo europeo.
“I nostri operatori si sono formati e hanno lavorato, sotto la supervisione clinica di questi esperti, per adattare il modello alla nostra realtà territoriale, sia nell’ambito sanitario, sia del servizio sociale”. Giovedì e venerdì, ai Teatini, si sono esaminati sei casi clinici, per valutare l’efficacia clinica del percorso finora effettuato, confrontandosi con la professoressa Moro, che rimane il punto di riferimento europeo. È stata quindi proposta una rassegna concreta di esperienze reali, esposte a più voce dalle equipe che le hanno prese in carico.
Tra le novità più interessanti del modello clinico è da rilevare l’utilizzo del mediatore culturale: “Non è più – evidenzia Limonta – solo il traduttore linguistico ma un vero e proprio operatore, appositamente formato, che costituisce parte integrante dell’equipe”. La Neuropsichiatria infantile ha a disposizione oggi una quindicina di queste figure, che hanno acquisito (in 200 ore di teoria e pratica) gli elementi base della psicologia in età evolutiva. Si tratta di mediatori che hanno almeno un diploma o sono laureati e partecipano a tutti gli effetti all’attività di diagnosi e di assessment con i minori.

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