’Con il Jobs Act si sente aria di ripresa’ Ghizzoni (Unicredit) alla lezione Arcelli foto

Lunedì in Cattolica l’appuntamento annuale di approfondimento e dibattito su temi di carattere economico, finanziario e monetario, promosso dal Centro Studi di Politica Economica e Monetaria (CeSPEM) “Mario Arcelli”

Ha voluto lanciare un messaggio di cauto ottimismo l’amministratore delegato di Unicredit, il piacentino Federico Ghizzoni, intervenuto in occasione della XI Lezione “Mario Arcelli” all’Università Cattolica di Piacenza.

Dopo i saluti del rettore dell’ateneo Franco Anelli la parola è passata a Ghizzoni: “Sono davvero onorato essere qui per la seconda volta. Da 6-7 anni come Unicredit siamo impegnati nel processo di costruzione di un sistema bancario unico europeo, ma nei primi tempi a prevalere era lo scetticismo. La banca come sistema nazionale era invalicabile, oggi però stiamo parlando di un progetto che si è in parte realizzato”.

“Per tre macro motivi: per migliorare la trasmissione politica europea, per separare i rischi bancari, e da ultimo creare un sistema bancario europeo in grado di supportare meglio lo sviluppo dell’economia continentale. Il mio giudizio personale è positivo, direi che c’è ancora da fare parecchio, ma quanto è accaduto è positivo per il sistema bancario nel suo complesso. Partendo dal 2014 con il trasferimento di 130 gruppi bancari sotto il controllo della banca centrale europea si è arrivati a coprire il 70 per cento delle attività. Questo ha portato a una nuova omogeneità, con problemi di carattere interpretativo”.

“Come Unicredit – ha spiegato Ghizzoni – siamo stati sorpresi meno di altri. È stato fatto un controllo accurato sulla qualità dei bilanci delle banche, già nella fase di ispezione si sono concretizzati in Europa considerevoli aumenti di capitale per un valore di 50 miliardi. Ne è uscito un sistema bancario più solido. Che ispira fiducia. Il secondo impatto positivo di questa operazione è l’aver facilitato il meccanismo di trasmissione dei tassi, che oggi sono omogenei. Non ho mai visto tassi così bassi come in questo ultimo periodo da quando lavoro in banca. Il terzo punto importante che ha avuto effetto positivo anche per le singole banche, è quello di disporre di un regolatore unico, in grado di creare un’area europea e non più ’domestica’. Con un mercato più aperto e più competitivo, con benefici per l’economia reale. Si rafforza così il ruolo delle holding, dei capigruppo. La Banking Union ha rafforzato il ruolo della banca centrale europea, e il suo ruolo di supervisore. Oggi l’unica vera voce che i mercati ascoltano è quella della Bce, e agiscono di conseguenza, più che i singoli governi”.

“L’impatto positivo si è registrato anche sull’economia reale: con una disponibilità di liquidità a tassi bassi, la riduzione del costo dell’energia, le riforme che stanno arrivando. Si critica il governo per alcune riforme, come quella sul lavoro, che tuttavia mi fanno pensare che si sta uscendo da questa lunghissima crisi iniziata dal 2009. È inutile pensare che il credito debba andare prima alle imprese in difficoltà, prima deve essere sostenuto il sistema imprenditoriale forte, in grado di fare investimenti ed è per questo che chiedono credito. Poi l’impatto a ricaduta di avrà anche sulle altre realtà. Adesso si torna ad assumere: noi assumeremo entro l’anno 1500 giovani a tempo indeterminato. La qualità è altissima e la voglia di darsi sa fare altrettanto”.


La XI Lezione “Mario Arcelli” si è sviluppata in due contributi importanti
. Il primo proposto in un keynote speech di Federico Ghizzoni, Amministratore Delegato Unicredit, sul tema “L’Europa e L’Unione bancaria: un primo bilancio”. L’appuntamento annuale di approfondimento e dibattito su temi di carattere economico, finanziario e monetario è stato promosso dal Centro Studi di Politica Economica e Monetaria (CeSPEM) “Mario Arcelli”. 

Nella seconda parte, a fare il punto sulla situazione della costruzione europea e dell’euro, alla luce anche della crisi greca e degli eventi più recenti, è intervenuto Rainer Masera, Preside della Facoltà di Economia dell’Università degli Studi G. Marconi, su “il Futuro dell’Euro in Europa”.

Il dibattito è stato introdotto dalla Preside della Facoltà di Economia e Giurisprudenza Annamaria Fellegara, coordinato da Francesco Timpano, direttore del Centro Studi CESPEM, con il coinvolgimento dei docenti Giacomo Vaciago, Maurizio Baussola e Francesco Daveri e le conclusioni di Federico Arcelli (Johns Hopkins University, Washington).

LA LEGA NORD A GHIZZONI: “EURO LA NOSTRA SALVEZZA? NO, LA NOSTRA ROVINA” – “L’analisi di Ghizzoni sull’euro è molto deludente, il solito intruglio di frasi fatte e terrorismo psicologico a cui i ‘gendarmi’ del libero mercato (in assenza di libertà del cambio) ci hanno purtroppo abituato in questi ultimi anni”. Lo afferma con una nota la Lega Nord piacentina.

“Ghizzoni dichiara, innanzitutto, che “l’euro è irreversibile”: queste parole faranno sicuramente contento Draghi ma dimostrano come la sua posizione sia del tutto ideologica, perchè con un minimo di razionalità e di conoscenza storica scoprirebbe che negli ultimi 150 anni sono numerosissimi i casi di cambi bloccati non andati a buon fine, partendo dall’impero austro-ungarico per arrivare fino al cambio fisso che teneva legato il Peso argentino al Dollaro americano, con nel mezzo alcuni sistemi valutari che hanno riguardato anche il nostro paese come il Gold Standard, Bretton Woods e lo SME-ECU, tutti ovviamente falliti dopo svariate promesse di durata eterna”.

“E se l’euro è veramente “irreversibile”, perchè la settimana scorsa il ministro tedesco dell’economia Schaeuble ha chiesto alla Grecia di decidere in maniera definitiva se rimanerci oppure uscirne? Inoltre l’AD di Unicredit ha dichiarato che è anche grazie all’euro, a Draghi ed alla BCE se le banche come la sua hanno ora denaro liquido da poter prestare a tassi bassissimi. E questo è vero, il grosso problema però è che è sostanzialmente inutile: infatti come mai l’accesso al credito per cittadini ed imprese non si sta tramutando in concessioni vere e proprie?”.

“La spiegazione è molto semplice: l’Italia e l’Eurozona tutta vivono un periodo storico di conclamata crisi di domanda, a cui però, non si capisce se per deliberata malafede o per abissale ignoranza delle istituzioni, per provare a rimediare si sta continuando ad agire sul lato dell’offerta tra tassi a zero e/o negativi, Quantitative Easing e Jobs-Act. L’ormai famoso spread, seppur in questo caso sia corretto affermare che tutti i meriti della sua discesa rispetto ai bund tedeschi siano di Draghi (e quindi non di Monti, Letta o Renzi), è oggi ai minimi dallo scoppio della crisi, ma il tasso Euribor è sugli stessi livelli di quando lo spread era sopra quota 500, come ad esempio nel luglio 2012, in pieno governo Monti e prima del famoso “whatever it takes” del governatore della BCE”.

“La realtà è che il modo in cui la crisi dell’euro è stata gestita ci ha portato a vivere in questo mondo di eccesso enorme di liquidità, di tassi bassi e/o negativi, di deflazione salariale e di inflazione negativa, ma questo “fantastico” mondo ci sta tenendo col fiato sospeso sull’andamento dello spread invece che sull’economia reale, ciò che poi influenza realmente la vita dei cittadini”.

“Purtroppo gli indici macroeconomici parlano chiaro: si va dal -9% di PIL perso in 7 anni al PIL pro-capite tornato addirittura ai livelli pre-euro, dall’indice di povertà raddoppiato alla nostra capacità industriale andato in fumo, da un mercato immobiliare letteralmente disintegrato (nel 2014 è crollato ai livelli di fine anni ’80, fonte “Osservatorio Immobiliare”) ad un livello di disoccupazione mai così alto in tempo di pace (e non dal 1977 come erroneamente riportano quasi tutte le principali testate giornalistiche: in quell’anno infatti iniziarono le rilevazioni trimestrali dell’Istat, ma la disoccupazione era inferiore al 7%, praticamente la metà di quella odierna)”.

“Ghizzoni è ovviamente impegnato a difendere i suoi interessi e quelli del mondo finanziario a cui appartiene, che però è bene ricordare non essere il mondo che difende gli interessi del popolo comune. L’euro è la salvezza della banche, e quindi anche dei banchieri, che, grazie alla BCE, possono salvarsi con i soldi pubblici. Non è di certo la salvezza dei cittadini. Una domanda molto semplice: la stragrande maggioranza degli italiani viveva meglio 15 anni fa con la “piccola Liretta” oppure adesso con il “solido e stabile” euro?””.

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