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Nuovi treni? Parenti: “Devono essere sostenibili” L’INTERVISTA (2)          

Seconda parte dell’intervista al presidente della Camera di Commercio di Piacenza Giuseppe Parenti, all’interno della rubrica di PiacenzaSera.it "Pillole di Economia"

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Seconda parte dell’intervista al presidente della Camera di Commercio di Piacenza Giuseppe Parenti, all’interno della rubrica di PiacenzaSera.it “Pillole di Economia” curata da Mauro Peveri.

Ecco la seconda parte dell’intervista con l’ingegner Giuseppe Parenti, imprenditore di successo e Presidente della Camera di Commercio di Piacenza. La prima parte è pubblicata qui.

Perché le aziende italiane faticano a trovare una successione? Se noi guardiamo alle imprese piacentine degli anni ’70, quante ne sono rimaste?

“Molto poche. Una mortalità elevata al passaggio generazionale va considerata in qualche modo fisiologica, ma bisogna pensare che, se il sistema è sano, avviene naturalmente che sulle ceneri delle aziende che chiudono ne nascano delle nuove che conservano le competenze e le professionalità, contribuendo così a formare quei distretti industriali che sono tutt’ora la nostra forza. Se un imprenditore sbaglia paga sulla propria pelle, diversamente da quanto accade nelle strutture pubbliche”.

Secondo lei non è un problema quello delle banche che non erogano credito?

“Attenzione, il problema delle banche che non erogano credito è legato alle insufficienti garanzie offerte dai richiedenti. La banca deve in primo luogo custodire i denari dei risparmiatori per poterli rendere a loro richiesta, è normale che sia prudente in periodi così difficili. Se il nostro sistema economico fosse competitivo, le aziende sane investirebbero e le banche farebbero la loro funzione. Non dobbiamo dimenticare che l’imprenditore che investe si fa carico di tutti i rischi in caso di insuccesso, mentre se le cose vanno bene deve versare quasi tutto allo stato sotto forma di imposte che a volte possono anche superare il 100% dell’utile aziendale, grazie al fatto che si tassano pure i costi. Mi chiedo come faccia un’azienda chiedere soldi per investire in queste condizioni? Noi abbiamo una gran fortuna come Paese, nelle classifiche della competitività economica siamo quasi sempre negli ultimi posti, non dobbiamo inventare nulla, se noi copiamo gli altri paesi, ci guadagniamo sempre.

Come facciamo ad abbassare le tasse con il debito che abbiamo?

“Tagliando i costi, possiamo tagliare dappertutto. Pensi solo che il nostro Presidente della Repubblica, pur bravo che sia, costa più della Regina d’Inghilterra e dell’Eliseo messi insieme, con 2600 dipendenti. Come dicevo basterebbe copiare dagli altri, se fossimo i primi della classe non sapremmo da chi copiare. Ma siccome siamo tra gli ultimi, copiando ci possiamo solo guadagnare. Tutti quelli che hanno le rappresentanze di ruolo e sociali dovrebbero fare un passo indietro, essere un po’ più umili ed avere coraggio. Dalle rappresentanze sindacali a quelle industriali. L’Italia è un paese nel quale, se lei prende l’aereo per andare nella propria capitale, paga un biglietto quasi doppio rispetto a un viaggio per le capitali degli altri, e anche le autostrade sono tra le più care.

Le uniche due spese dello Stato italiano fuori controllo, rispetto agli altri Stati europei sono la spesa pensionistica e quella militare.

“Solo noi al mondo abbiamo avuto il coraggio di mandare in pensione le persone a 35 anni. Ho degli amici che si vergognavano ad andare a ritirare la pensione allo sportello, perché erano troppo giovani”. Riguardo alla spesa militare basterebbe alienare un patrimonio edilizio obsoleto e costoso per le manutenzioni per migliorare le cose”.

Parliamo della situazione economica di Piacenza: rispetto al resto dell’Emilia Romagna vi sono alcune difformità in peggio nei dati della produzione. Perché Piacenza ha questo gap rispetto alla Regione?

“Le esportazioni crescono anche sul nostro territorio, ma il dato è in parte falsato dalla logistica, quelle che si esportano sono infatti le merci di altri. E poi occorre considerare anche che a Piacenza vi sono tante industrie con le sedi legali fuori della Provincia, quindi il loro reddito viene registrato altrove. E poi abbiamo un’unità economica molto piccola e quindi grandi commesse possono occasionalmente spostare l’indice della produzione anche di mezzo punto percentuale. Io credo che al netto di queste particolarità, siamo vicini alle altre province emiliane. L’agroindustria è un po’ cresciuta, sta andando abbastanza bene. La logistica ha assunto migliaia di persone ma tanti con una qualifica molto bassa, una manodopera a basso costo, con la necessità di importare molti lavoratori stranieri. La crisi ha poi portato ad un perdita dei posti di lavoro, con la conseguente nascita di molte imprese individuali. I lavoratori stranieri, se vengono selezionati, sono una potenziale ricchezza ma solo in caso di sviluppo economico. Draghi e la Bce hanno fatto calare il costo del denaro e ciò è certamente una cosa buona, ma se il cavallo non beve occorre agire su altri più importanti fattori.”.

E dell’euro lei cosa ne pensa?

“E’ importante ritornare ai livelli di cambio da dove siamo partiti, siamo partiti con il cambio uno a uno con il dollaro e dobbiamo cercare di ritornare lì. Così i nostri prodotti al di fuori della zona euro potrebbero tornare più competitivi. Se fossimo rimasti alla lira sarebbe venuta a meno la spinta alle riforme e all’ammodernamento dello stato. Dobbiamo procedere con urgenza però perché la moneta unica ha l’effetto di favorire i paesi forti anche a danno dei deboli, per cui o diventiamo più competitivi in tempi brevi oppure per noi sarà sempre peggio.”.

Il museo nazionale dell’agricoltura a Piacenza, si farà?

“Ha senso fare il museo dell’agricoltura a Piacenza per alcuni motivi semplici. Perché siamo nel baricentro dell’agricoltura, abbiamo avuto tante aziende che hanno prodotto macchine agricole e abbiamo degli immobili stupendi adiacenti ai musei farnesiani. La combinazione di questi tre fattori, con in particolare il fatto di avere questi immobili già pronti, potrebbe consentirci di partire con un museo dell’agricoltura nazionale che farebbe aumentare anche l’attrazione dei musei farnesiani. Perché sarebbero richiamati qui molti studenti del settore agricolo. Potrebbe crearsi una situazione simile al museo della scienza di Milano. Ovviamente l’Expo è un motivo per partire, almeno con un bel progetto museale, e posare una prima pietra. Ci sono le risorse della comunità europea che possono essere intercettate a questo scopo. I progetti sono molto importanti, come quello che la Camera di Commercio ha promosso sulla ciclabile Rivergaro-Bobbio lungo il fiume. Il progetto è stato adottato dalla Regione e sarà inserito nei finanziamenti europei da qui al 2020 e costerà 2 milioni e mezzo di euro”.

La vicenda del treno veloce per Milano non sappiamo come finirà, lei è ottimista? Ho visto che in Veneto attraverso i fondi europei hanno preso 300 milioni di euro per finanziare i treni dell’alta velocità. Non potevamo fare la stessa cosa in Emilia?

“E’ vero, forse si poteva. Il problema è che abbiamo una linea intasata a cavallo di due regioni, e l’Alta Velocità ha convogli nuovi e molto costosi. Fu la Camera di Commercio a finanziare il primo studio su questa materia, perché voglio ricordare che anche se non ci sono le risorse economiche, predisporre i progetti è comunque fondamentale. Nel caso escano i finanziamenti, ci facciamo trovare pronti. Senza buoni progetti, non si va da nessuna parte. Avevamo fatto finanziare la prima ricerca del Politecnico sulla tratta ferroviaria Piacenza-Milano e le conclusioni ci dicevano che senz’altro 3-4 treni al mattino negli orari dei pendolari e 3-4 treni alla sera si autofinanziavano. Dobbiamo essere consapevoli che oggi non si possono più chiedere servizi che non siano sostenibili economicamente. Poiché noi abbiamo 5mila pendolari, di cui solo 2500 usano i treni, aggiungere qualche treno in orari strategici che porti a Milano in 29 minuti con precisione attirerebbe certamente tanti pendolari che oggi usano i propri mezzi. Ma un treno che parte da Crotone come fa ad essere puntuale quando arriva a Piacenza? Occorre partire da un ragionamento economico, anch’io vorrei un treno ogni 20 minuti, però il problema è chi lo paga? Per l’Expo riusciremo ad ottenere certamente un supplemento di treni, il presidente di Confindustria Bolzoni si è molto impegnato in questo senso”.

Perchè abbiamo la sensazione che Piacenza sia sempre un po’ in ritardo sugli altri? Ad esempio sull’aeroporto di San Damiano, si dice facciamo di tutto per tenerlo aperto. Ma quando ci fu la proposta di fare lo scalo civile, tutti si erano opposti.

“Attenzione l’andamento dell’economia non consente di fare progetti di questo tipo. Basti pensare che l’aeroporto merci di Montichiari è a rischio chiusura perché non ha abbastanza traffico. Oggi conta la massa critica, un carrello per scaricare un Jumbo costa una cifra non sostenibile senza adeguati volumi. Anche un aeroporto legato alla nostra logistica costerebbe troppo, si pensi a quello di Parma che è in grandissima difficoltà, pure i cinesi che stavano per comprare, si sono defilati. Dobbiamo chiederci come mai le compagnie aeree che volano anche all’interno del nostro paese sono in mano ai nordici e non ad altri imprenditori? Noi ci permettiamo un lusso tale da farci portare in giro da ’vettori’ nordici come Easyjet e Ryanair. Avevamo la nostra compagnia che un tempo primeggiava a livello mondiale, ma la sua vicenda è stata un disastro. Quale miglior evidenza dell’inefficienza del nostro sistema economico?”.

Uno dei fattori di difficoltà della nostra economia è la mancanza di investimenti, una delle voci fondamentali per generare Pil. Lei non crede che la Fondazione potrebbe intervenire in modo virtuoso, diversamente dal passato? Non crede che la Fondazione potrebbe utilizzare i fondi che ha invece che investirli in obbligazioni strutturate?

“I soldi della Fondazione, essendo i soldi di tutti i cittadini, devono essere salvaguardati il più possibile. Dobbiamo fare in modo che le imprese possano guadagnare, così possono creare posti di lavoro, possono chiedere soldi in banca, possono fare investimenti e produrre utili. Se si crea un clima fertile in questo senso, l’economia migliorerà. Ma qui in Italia si sono dette tante cose, ma concretamente non si è ancora fatto nulla. Si è detto che l’articolo 18 è stato rimosso, ma in realtà solo sui contratti futuri, e non nel pubblico impiego”.

Le aree militari, non potrebbe essere l’occasione per sottoscrivere un project financing da parte della Fondazione e delle banche locali?

“Ma è un meccanismo pericoloso, abbiamo visto che tanti project financing si sono risolti in disastri. Bisogna riuscire a produrre ricchezza altrimenti correre dei rischi diventa un problema per qualunque impresa. Oggi le aziende pensano a rimanere tali o a difendersi, la pressione fiscale è tremenda e non è proporzionata al reddito. Ci sono case in pietra in alta montagna, che in altri Stati verrebbero tutelate, e qui invece occorre togliere il tetto per non pagare l’Imu”.

La pressione fiscale viene misurata con denominatore comprensivo anche del nero, ovvero l’economia sommersa, mentre nel numeratore ci sono quelli che le tasse le pagano in chiaro. Per questo la vera pressione fiscale è molto più alta di quella ufficiale…

“Per questo oggi non rimane nulla per fare investimenti, è questa la cultura che abbiamo subito. Si guardi la legge sulla privacy, chi può permettersi di secretare tutto? O l’antiriciclaggio… C’è una burocrazia pazzesca, perché per anni si è partiti dal presupposto che l’imprenditore abbia qualcosa da nascondere. Allora gli dobbiamo costruire intorno una gabbia ferrea, ma in questa gabbia ci rimaniamo tutti”.

Expo 2015 e le iniziative di Piacenza, forse qualcuno ha promesso troppo e poi non ha mantenuto?

“Purtroppo le necessità, quando si sono chiusi i progetti, si sono rivelate di più di quelle previste e invece le risorse sono state meno. Bisogna avere il coraggio di fare dei tagli. Per noi Expo resta una grande opportunità, senza pensare di fare i fuochi d’artificio, perché è una palestra di preparazione per le imprese, per migliorare la qualità dei nostri prodotti e i rapporti economici con l’estero. Siederemo su una poltrona di prima fila a Milano, pur avendo avuto tanti tagli, le istituzioni hanno messo tutte quello che potevano. Se non faremo l’ascensore nella zolla che costa 70mila euro, non importa, fondamentale è la piazzetta. I progetti arrivati dal territorio sono stati un centinaio ma non si potevano sostenere tutti. Ci ritornerà quello che ci meritiamo. Le nostre strutture ricettive hanno un limite e saranno tutte complete, tutti si stanno attivando per il meglio. Un grazie particolare lo dobbiamo al Dott. Silvio Ferrari, Presidente dell’Ats, che tanto si è prodigato per il successo di Piacenza all’Expo.”

Lei non ha l’impressione che il livello della classe dirigente sul nostro territorio si sia abbassato di qualità, c’è stato un decadimento?

“Il decadimento della classe dirigente è legato al decadimento dell’economia. Se andiamo a vedere le altre province confinanti, le situazioni sono simili alla nostra. Perché i dirigenti, sia nel settore pubblico, sia in quello privato seguono lo sviluppo economico del paese e se la competitività del sistema è scarsa, anche loro hanno poco successo ”.

E il polo universitario resterà fondamentale per Piacenza?

“Le nostre università, che significano ricerca ed innovazione, ci permetteranno di crescere anche nei prossimi anni perché avremo per noi i talenti migliori ed è per questo che dobbiamo impegnarci a sostenerle il più possibile. Se noi cresciamo riusciamo ad imbrigliare anche il problema del debito pubblico. Ma se non cresciamo abbiamo davanti scenari assai negativi. Come fanno gli altri paesi, migliori di noi? Guardiamo loro per far diventare più competitivo tutto il nostro sistema economico.”

Le iniziative dei laboratori Leap e del Musp, come le vede?

“Sono due centri di ricerca importanti per il nostro territorio, l’essenziale è che si sorreggano economicamente, quando va male l’economia anche questi centri purtroppo soffrono”.

Lo scenario per un giovane che entra nel mondo del lavoro oggi è molto diverso dal passato, non crede che ci sia meno meritocrazia di una tempo?

“Credo di no. Nelle aziende private il merito è tutto, sono costrette altrimenti vanno a schiantarsi, mentre anche negli enti pubblici è indispensabile che meritocrazia sia vincente”.

Abbiamo fatto cenno alla logistica in precedenza, lei pensa che non sia più strategica per il nostro territorio?

“E’ la nostra posizione che è strategica e che favorisce la logistica, che è uno strumento indispensabile per un paese moderno, quindi noi facciamo un grande servizio al paese, ma ci vorrebbe anche un riconoscimento da parte del Paese al nostro territorio. Alla fine ci vorrebbe una logistica con più valore aggiunto, alcuni esempi come Amazon o il polo di Castelsangiovanni sono positivi, non vedo bene invece la prospettiva di diventare il retroporto di Genova o La Spezia, con l’arrivo solo di container da stoccare e distribuire senza aprirli. Significherebbe molto inquinamento e nessun valore aggiunto”.

Quali prospettive economiche vede per i prossimi mesi a Piacenza?

“Dovremmo leggermente migliorare nei prossimi mesi, per poi migliorare ancora di più nel 2016. Che è un po’ quello che ci si attende anche nel resto d’Italia. Nel nostro territorio vi sono già elementi di concretezza perché si stanno facendo azioni importanti, come l’unione dei consorzi alimentari, così come la meccanica avanzata. Il crollo del prezzo del petrolio non aiuta la raccorderia, che sta ancora andando bene”.

FINE 

 

Mauro Peveri
mauro.peveri@gmail.com

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