Ditta “svuotata” dopo il fallimento, quattro in manette foto

Una complessa operazione che ha coinvolto procura di Piacenza, direzione investigativa antimafia di Genova e Guardia di Finanza: emerso un meccanismo di scatole cinesi che rendeva impossibile per i curatori riuscire a recuperare soldi da restituire ai creditori

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Una complessa operazione che ha coinvolto la Procura di Piacenza, la Direzione investigativa antimafia di Genova e la Guardia di Finanza, che ha portato a 4 provvedimenti di custodia cautelare, di cui 3 eseguiti nelle prime ore di giornata.

Le accuse contestate sono autoriciclaggio e bancarotta per distrazione di fondi in società in stato di fallimento: un meccanismo di scatole cinesi che rendeva impossibile per i curatori riuscire a recuperare soldi da restituire ai creditori. Tutto, spiegano gli inquirenti, ruotava intorno ad un imprenditore operante nel territorio di La Spezia, con alle spalle vicende penali relativi a fallimenti di altre società.

L’uomo, secondo le accuse, avrebbe attivato società che venivano “riempite” distraendo parte dei patrimoni di quelle fallite, poi incanalati su conti esteri. Tra queste la ditta Caorso Trasporti, dichiarata fallita dal tribunale di Piacenza, che sarebbe stata riempita e svuotata di 337 veicoli con un passivo di 11 milioni di euro. I proventi sarebbero quindi trasferiti ad altre società o su conti correnti all’estero.

La ditta era stata acquistata nel 2008 dallo stesso imprenditore residente nello spezzino. Durante l’arresto, nella sua abitazione sono stati trovati circa un milione di euro tra assegni e contanti, nascosti in casa anche in piccole somme nelle tasche dei vestiti. Uno degli assegni da 200mila euro, è stato spiegato, era riconducibile alla società da cui ha preso avvio l’attività investigativa: un’azienda che, essendo fallita, non avrebbe in teoria dovuto avere alcun tipo di rapporto con l’imprenditore finito in manette.

Insieme a quest’ultimo sono coinvolti nell’inchiesta faccendieri e anche un’avvocato svizzero, una donna, che lo avrebbero aiutato nelle sue operazioni. Legato a uno di loro un pregiudicato calabrese ritenuto affiliato alla ‘Ndrangheta, figura ha portato al coinvolgimento della Direzione Investigativa Antimafia.

Una rete di interessi molto ampia: tramite un gruppo di professionisti torinesi il gruppo stava cercando di riciclare due milioni di euro in Bulgaria e aveva manifestato interesse per il gasdotto tra l’Algeria e la Sardegna.

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