Suicidi in polizia, Chiaravalloti (Siap): “Assistenza psicologica per gli agenti”

"Nei prossimi giorni - afferma il segretario provinciale - parteciperemo ai lavori che si dovranno effettuare per quanto riguarda la valutazione rischio stress correlato; noi siamo convinti che bisogna parlare di assistenza psicologica da poter effettuare serenamente anche attraverso un dialogo"

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Intervento di Sandro Chiaravalloti, segretario provinciale Siap (Sindacato Italiano Appartenenti Polizia)

7 mi risultano i colleghi della sola Polizia di Stato che in questi sette mesi del 2015 hanno scelto di non vivere più. Una carneficina che ancora oggi a mio modesto parere non è sottoposta a quelle attenzioni in un ambiente lavorativo dove questo maledetto  “morbo” , così violento e tragico, coinvolge non solo la Polizia di Stato, ma tutte le forze di Polizia e l’Esercito.

In tanti Paesi democratici, anche oltre oceano, negli Interni degli Uffici ci sono psicologi, non in divisa, che senza nessuna dipendenza con il capo Ufficio, perché a volte il vero problema psicologico e la vera causa potrebbe essere proprio il capo Ufficio, forniscono agli Operatori di Polizia, LAVORATORI ARMATI, quel sostegno psicologico che in Italia manca e che potrebbe salvare la vita a persone che, da una parte vivono le ansie giornaliere della vita come semplici cittadini e, dall’altra, sono costrette a subire ansie dettate da un lavoro usurante, soprattutto nei servizi di turnazione: a volte – troppe – siamo chiamati a subire angherie interne, provvedimenti disciplinari, demansionamenti occulti, rilievi di sinistri stradali mortali con il coinvolgimento di vite innocenti anche giovani, rilievi e rinvenimenti di cadaveri di persone morte a seguito di violenze e torture, violenze su minori, violenze sulle donne, subire violenze da parte di energumeni che non hanno nulla da perdere mentre lo Stato che rappresenti tante volte è più latitante degli stessi latitanti che stai cercando, violazioni di diritti umani, violenze psicologiche, umiliazioni ecc.. ecc.. , che negli anni alimentano una ferita lasciata troppe volte aperta e che, nel momento in cui si vive per diverse ragioni una sofferenza, quella ferita non ti permette di sopportare più nulla.

Una continua usura che giornalmente ti corrode la vita e che, quando te ne accorgi, è troppo tardi. Da poco tempo, anche se per le modalità con le quali si svolgono i lavori non sono soddisfatto – ma voglio vedere comunque il bicchiere mezzo pieno e un inizio – si stanno avviando negli Uffici di Polizia i lavori per determinare, come la legge impone da anni, la valutazione del rischio stress correlato.

Un rischio che noi del Siap, per primi, affrontammo in questa città e poi in altre, anche attraverso il sostegno di uno sciopero della fame che durò diversi giorni. Seppur soddisfatti per l’inizio, ma non per le direttive a mio parere carenti, credo che siamo ancora lontani in quanto senza una presa di coscienza sulla gestione del personale, ad ogni livello, e senza una giusta riforma che tuteli il lavoratore che potrebbe ammalarsi di patologie psicologiche per le quali si guarisce attraverso cure mediche adeguate, la soluzione è lontana in quanto ad oggi, come ben sappiamo, se un qualsiasi Poliziotto dovesse rivelare il fatto che sta vivendo un periodo di stress, per qualsiasi ragione, immediatamente si attiverebbe un procedimento medico di sospensione dal servizio con il ritiro della pistola, del tesserino e delle manette, con l’invio ad una commissione medica per la quale si ha poca fiducia – le cosiddette CMO.

Per questo qualsiasi lavoratore tende a non dichiarare il suo stato per paura di subire l’iter che metterebbe in dubbio anche un eventuale rientro in servizio con la perdita di ingenti risorse economiche e provocherebbe ferite ancor più gravi anche nell’orgoglio qualora dovesse poi essere dichiarato non più idoneo al servizio di polizia.

In sostanza, a mio parere, bisogna fare in modo che l’operatore di Polizia possa lavorare serenamente e con tempi di recupero ben evidenziati nel contratto di lavoro – dove la cosiddetta volontarietà comoda all’amministrazione va respinta – , con una assistenza medica meno istituzionale e meno “fredda” – come quella delle CMO militari – che possa ingenerare fiducia nel lavoratore-paziente che ricordiamo, ed è questo il punto, in quanto armato è una persona che, diversamente da altre che al momento di decidere come mettere in atto il terribile gesto di togliersi la vita tendono a rinunciare, ha la “soluzione” a portata di mano.

Nei prossimi giorni parteciperemo ai vari lavori che si dovranno effettuare per quanto riguarda la valutazione rischio stress correlato e noi del Siap siamo convinti, sin da ora, che bisogna parlare di assistenza psicologica da poter effettuare serenamente anche attraverso un dialogo, come può avvenire nel confessionale, e abbandonare percorsi dove per potersi curare o visitare – questo sta avvenendo solo in questura – bisogna fare i salti mortali a dispetto di una legge e di un contratto di lavoro che parla chiaro.

Del resto, e gli atti parlano chiaro, un poliziotto quando ha a che fare con la burocrazia interna di una istituzione non ancora trasparente e ancora ancorata a vecchie nostalgie militaristiche che soffocano i diritti attraverso lo spensierato calpestio di quelle direttive e norme che regolano la gestione del personale e l’organizzazione lavorativa, accumula ansie ancor di più di quello che le inside del lavoro ci procurano.

Ma pare che le cattiverie gratuite in questo ambiente non cessano di esistere. Si parla sempre di sicurezza, di strategie fantascientifiche di chi la spara più grossa, ma si evita sempre di percorrere strade che vanno sulla gestione del personale che dia motivazione e serenità  che per una azienda privata, dove dirigenti incapaci verrebbero licenziati, sarebbe oro colato.
 

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