Pasolini e Bach, tra passione e spirito. Ovadia al Verdi

Bach e Pier Paolo Pasolini in un unico spettacolo “Tra la carne e il cielo” con Moni Ovadia per l'apertura della stagione teatrale del teatro Verdi di Fiorenzuola

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PASOLINI E BACH: SPIRITUALITÀ E PASSIONI RACCONTATE AL VERDI DI FIORENZUOLA

Bach e Pier Paolo Pasolini in un unico spettacolo “Tra la carne e il cielo” con Moni Ovadia per l’apertura della stagione teatrale del teatro Verdi di Fiorenzuola. Teatro semi-pieno per un pastiche di letteratura e musica, diretta da Valentino Corvino con il contralto Elisa Bonazzi, Zero vocal Ensemble e l’Orchestra da Camera di Imola.

Un percorso, quello raccontato da Moni Ovadia, tra le passioni più terrene e la spiritualità autentica di Pasolini. Perchè Pasolini, fu comunista e anticlericale, ma conservò sempre una componente religiosa, autentica, che pervade le sue opere cinematografiche. Nei suoi film, ci sono le note di Bach e nelle sue lettere la sua vita spezzata.

Pasolini scrive a Pina Kalz, a Silvana Mauri, ad Alfredo Bini, ad Evgenij Evtushenko, cita Moravia e i luoghi della sua vita, a partire da Fumicino e Casarsa. Una vita, la sua, conclusa senza amore, pervasa da una musica assoluta, che assolve la funzione estetica e didattica. Il voler amare ha reso asfissiante il desiderio d’amare e la sua stessa omosessualità, sentita come un nemico, e la sua ricerca di gioia per cui fu punito senza pietà, rivelano un personaggio di grande coraggio e umanità.

Per Pasolini gli intellettuali non guardavano la realtà, per questo lui dovette pagare un prezzo per la sua vita. In “Una disperata vita” le parole si adagiano sull’Andante in re minore dal Concerto Brandeburghese n. 2 Bwv 1047, in “Perchè siamo tutti in pericolo” le note sono di “Wir setzen uns mit tra’nen nieder”. I suoi testi, parlano di Bach e dell’amore per la musica, ma parlano anche del suo amore per il sottoproletariato e il mondo contadino.

E se nei suoi testi c’è un amore velato, c’è però anche un forte attacco alla cultura di massa, così profetizzata allora e realizzata oggi. “Un’arena in cui tutti sono deboli e vittime, ma anche colpevoli per il massacro”. L’omologazione per Pasolini era la forma di fascismo più terrificante, perché toglie dignità all’uomo e lo costringe ad introdurre delle etichette.

I testi proposti sono onde di pathos, raccontano le esperienze più vere ma anche i pensieri più tenui. E per questo, c’è il suono dei violini e di Bach, che Pasolini amò tanto.

Valentina Barbieri

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