Jazzfest, Dave Holland trio superlativo al President foto

Di una vera e propria esperienza si è trattato, più che di un semplice concerto. Un trip di un'ottantina di minuti di musica ininterrotta, divisa in fasi caratteriali differenti

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Se avete un superlativo qualsiasi per definire il concerto di venerdì sera del Dave Holland Trio al teatro President di Piacenza, usatelo e non andrà sprecato. Uno spettacolo di rara bellezza, coinvolgente e, in qualche modo, totale nelle pretese espressive. Un’occasione, quella del sesto appuntamento del cartellone principale del Piacenza Jazz Fest, per arricchire in maniera sostanziosa la propria esperienza emotiva e il proprio bagaglio di cultura musicale.
 
Di una vera e propria esperienza si è trattato, più che di un semplice concerto. Un trip di un’ottantina di minuti di musica ininterrotta, divisa in fasi caratteriali differenti, in momenti distinti, ciascuno dei quali occupati dalla libertà espressiva dei musicisti. Solo la costruzione di queste fasi è stata sancita a priori, o per lo meno ha seguito un canovaccio ricorrente. Dave Holland, grande maestro di cerimonia e regista di tutto il trio, introduce ciascuna fase con delle brevi parti in solo, nelle quali viene definito il mood caratteriale, se non armonico e ritmico, della parte successiva.

Un suggerimento, anche solo uno stimolo, che la chitarra di Kevin Eubanks accoglie, elabora, sviluppa con una fantasia e una proprietà a tratti incredibili. Il tutto seguito dal contrappunto ritmico e armonico di Holland e del batterista Obed Calvaire, giovane ma non meno talentuoso terzo componente della formazione. Tema, quindi, che si sviluppa seguendo i percorsi inaspettati e sempre di grandissima ricchezza tracciati in maniera sulfurea da Eubanks, che quando tornano al basso di Holland sono oggetto di assoli raffinatissimi, brevi ma straordinariamente intensi oltre che piacevolissimi all’ascolto.

Assoli che in qualche maniera diventano sintesi acutissima e poetica di tutto il discorso del gruppo. Fino a momenti in cui, magicamente, il trio torna ad essere un organismo compatto e si prepara per il successivo suggerimento del proprio leader.
 
Ma la cosa che rende straordinaria questa performance, e la distingue da tante altre simili per genere nella musica jazz contemporanea, è l’anima che struttura tutto il percorso. Anziché indulgere in derive tecnicistiche, in riflessioni complesse sotto il punto di vista armonico, che pure esistono, la musica di questo trio ha, sempre, al proprio interno tanto funk, vene di grande blues, i ritmi e i sogni della musica nera di sempre. Questa qualità, che emerge dalle scelte espressive dei musicisti, rende tutta l’esperienza estremamente attraente, un flusso che trascina al proprio interno senza stancare mai, costringendo spesso a sobbalzare dalla poltrona, a battere il ritmo se non a muoversi del tutto estratti a forza dal proprio ascolto inerme.   
 
Dave Holland si è confermato anche ieri sera un intellettuale famelico, interessato alle più disparate possibilità espressive legate alla musica, disposto a ridefinire continuamente i propri interessi, i propri obiettivi musicali e i compagni con i quali raggiungerli. Passare dal viaggio lungo e profondamente onirico del trio che si è esibito ieri sera a Piacenza, alle performance di grande statura jazzistica in compagnia di Kenny Barron, al Nicolini pochi giorni fa, alle sperimentazioni in duo con Pepe Habichuela, chitarrista flamenco, il tutto nel breve volgere degli ultimi anni di carriera dimostra quanta energia e curiosità abbia ancora questo straordinario interprete della musica jazz. Che, al contempo, ieri sera ha confermato come la qualità espressiva della propria musica stia anche nella assoluta raffinatezza del proprio tocco, nella capacità di dare puro piacere all’ascolto.

Kevin Eubanks è stata una sorpresa di quelle memorabili. Lo stesso Holland l’ha introdotto dicendo dell’emozione provata le prime volte che ha suonato con lui che è difficile non riconoscere sul volto del bassista inglese durante tutto il concerto. Si tratta di un musicista dalle immense doti tecniche, com’è quasi ovvio in questi casi, ma soprattutto dalla spaventosa, letteralmente  per certi versi,capacità di manipolare il momento emotivo di un brano e di trasportarlo in mondi diversi, di trascinare la mente in viaggi lunghi e completamente avvolgenti. Una scoperta musicale, per chi non l’avesse mai ascoltato prima, decisamente difficile da dimenticare.

Ottimo terzo componente, il giovane Calvaire è batterista assolutamente all’altezza dei due immensi interpreti a cui si accompagna. L’originalità ritmica e l’attenzione con cui ha seguito, accompagnato e stimolato, le evoluzioni di Holland e Eubanks ne fanno un deciso punto di forza del trio.

Fabio Boiardi

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