Oltre le Correnti: “Riforma della Costituzione: il nostro sì al cambiamento”

"Pensiamo sia fondamentale - affermano - organizzare sul territorio dei comitati referendari che non siano semplicemente comitati elettorali per un sì a prescindere ma che portino il cittadino che dovrà andare a votare ad approfondire i vari risvolti conseguenti al suo voto"

Intervento del Gruppo “Oltre le Correnti” sul referendum sulla riforma Costituzionale

Il 18 Marzo scorso, con un dibattito pubblico, il PD piacentino ha dato il via alla campagna per il SI al referendum confermativo sulla riforma della nostra Costituzione.

La serata è stata molto interessante e speriamo che sarà seguita da altre, con magari una maggiore partecipazione della società civile, dei cittadini, che poi saranno coloro che andranno a votare.

Proprio partendo da quella serata vogliamo fare alcuni ragionamenti sul tema del prossimo referendum costituzionale e renderli pubblici, con l’intento di aumentare l’interesse e la discussione da parte dei cittadini ai prossimi appuntamenti, che siamo sicuri il PD provinciale riuscirà ad organizzare sul territorio.

Partiamo dall’impianto della riforma costituzionale su cui si voterà a ottobre, tra gli aspetti principali segnaliamo:
a-  “Riforma della riforma” del titolo V della costituzione, con un (positivo) riequilibrio del riparto di competenze legislative tra Stato e Regione, con la abolizione della competenza concorrente  tra Stato e Regioni e quindi con un sistema che garantirà maggiore efficienza.

b-  Riscrittura del processo legislativo con abolizione del bicameralismo e  riduzione del numero dei senatori e abolizione delle indennità connesse.

In merito a questo intervento di riforma, si è spesso sentito dire che ‘il governo’ sarebbe dovuto intervenire su ‘ben altri problemi’, ma riteniamo che questo non sia tecnicamente corretto: la maggioranza che sostiene il governo è intervenuta su svariati temi che riguardano l’economia e il sociale, dagli “80 euro”, alle leggi a sostegno del lavoro ed è intervenuto – con questa riforma della Costituzione – su un tema che da almeno trent’anni è ampiamente nell’agenda politica italiana (la prima commissione bicamerale per la riforma della costituzione, istituita nel 1983, era presieduta da Aldo Bozzi), a livello di commissioni, tavoli, agende, bicameraline, ”patti della crostata” e crostatine varie: un tema che è cioè sentito come necessario dalla maggioranza delle forze politiche ma che si son rivelate finora incapaci di realizzare un efficace intervento su questo tema.

Una paralisi, questa, che è indicativa più di una mancanza di visione della nostra classe dirigente e di una conseguente incapacità di effettuare la necessaria ‘manutenzione’ (prevista anche dai padri costituenti), i necessari adeguamenti di alcune regole di funzionamento del sistema alle mutate realtà sociali e politiche, che di un sacro rispetto della Carta fondamentale.

Nel merito dell’intervento di riforma, il nuovo senato è ridisegnato in un senato di ‘rappresentanza delle realtà regionali e comunali’ di 100 membri eletti proporzionalmente alla base demografica territoriale di riferimento, oltre i 5 senatori di nomina presidenziale.

Questo intervento di diversificazione delle due camere, con una distinzione tra una camera legislativa e una con diversa competenza, espressione delle realtà locali, rientra in una discussione già sviluppata in sede di assemblea costituente, oltre ad avere numerosi esempi in altri sistemi democratici occidentali; con questa riforma il potere legislativo viene incardinato sostanzialmente quindi sulla camera dei deputati.

In seguito a questa riforma, se sarà confermata dal referendum, i componenti della camera verranno eletti con il nuovo sistema elettorale con premio di maggioranza: una legge che si pone in sostanziale continuità con tutti (e fin troppo vari e variegati!) sistemi elettorali, tutti maggioritari, che dal 1991 a oggi sono stati approvati. C’è quindi continuità su questo punto con la linea politica che veniva proposta a sinistra.

Osserviamo che non è certo soltanto un ‘sistema elettorale’ a costituire la soluzione dei mali della politica, tuttavia a nostro modesto parere il collegamento diretto tra voto e scelta di una maggioranza di governo, tra elettore e eletto ha in qualche modo ,in questi decenni, (ri)portato lo scettro nella mani del cittadino, obbligando tutte le forze politiche a una maggiore chiarezza di programmi e nettezza di scelte e responsabilizzando il cittadino delle conseguenze politiche delle sue scelte (Berlusconi lo abbiamo votato per vent’anni, non ce lo ha mica imposto nessuno…).

Valutiamo quindi positivamente che il sistema elettorale sia maggioritario e che questa  sia una cosa positiva per la democrazia.

Ma un sistema elettorale maggioritario e un impianto di garanzie e di equilibri costituzionali ancora pensato per un sistema elettorale proporzionale devono essere armonizzati: è necessario, infatti, che la riforma del sistema non si fermi ora (e per questo voteremo sì al referendum confermativo), ma vada avanti, con ulteriori necessari interventi che valorizzino e difendano il ruolo del cittadino e il ruolo dell’opinione  pubblica.

A nostro avviso quindi, con un parlamento eletto con sistema maggioritario, andrebbe prevista sempre la possibilità di ricorrere al referendum confermativo, e quindi abolita la soglia dei 2/3 dei voti, attualmente prevista, superata la quale una riforma costituzionale può essere approvata senza verifica referendaria, col solo voto parlamentare.

C’è bisogno di una legge sul confitto di interessi in costituzione per evitare la formazione di centri di potere abnormi che possano distorcere il dibattito pubblico e la formazione della pubblica opinione.

È necessario che una legge regolamenti le primarie, per garantire che la partecipazione alla selezione della classe dirigente sia attuata con procedure certe e trasparenti, e cosi una riforma dei partiti, per garantirne la democraticità e contendibilità, ed evitare che gruppi personalistici di potere possano inquinare la vita democratica.

Per questi ed altri motivi pensiamo sia fondamentale organizzare sul territorio dei comitati referendari che non siano semplicemente comitati elettorali per un sì a prescindere ma che portino il cittadino che dovrà andare a votare ad approfondire i vari risvolti conseguenti al suo voto, a chiarire i dubbi su una materia così tecnica ma importante perché incide sulla vita democratica di questo paese, dove poter discutere, confrontarsi ed avere risposte.

Riteniamo che il luogo naturale dove questo possa avvenire sia all’interno del Partito Democratico, ma pensiamo che non basti uno o più eventi sporadici ma debba essere incoraggiata una azione informativa che porti ad un allargamento a comitati per il sì che nascano dalla società civile, auspichiamo che il PD offra luoghi e energie per far discutere sul tema e lo faccia il prima possibile.

Dobbiamo lavorare tutti insieme e noi siamo pronti a dare il nostro contributo.

Antonio Cerreto,
Marco Dodi,
Maurizio Fiasché,
Paolo Montalbano,
Oltre le Correnti, Gruppo di discussione interno al PD

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