“How many roads”, le mille anime di Bob Dylan alla Passerini Landi

Lasciato da parte il Nobel, si è preferito discutere sul Bob Dylan musicista e sull’impatto rivoluzionario che ha avuto nella cultura del secondo novecento

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“Per aver creato nuove espressioni poetiche all’interno della grande tradizione della canzone americana».

Così recita la motivazione dell’accademia svedese al momento dell’assegnazione del premio Nobel per la letteratura a Bob Dylan. La polemiche sulla bontà della scelta si sono trascinate e si trascineranno con tutta probabilità avanti ancora a lungo coinvolgendo scrittori, cantanti o semplicemente tutti coloro che hanno sotto mano una tastiera e dispongono di una connessione ad internet.

“L’infinita diatriba è irrilevante, stucchevole se non odiosa”. Lo dicono tre “Dylanogi” Doc intervenuti nella sala Augusto Balsamo della biblioteca Passerini Landi in un incontro aperto a tutti dal titolo “How many roads… Omaggio a Bob Dylan”.

Coordinati dalla giornalista Eleonora Bagarotti hanno parlato a ruota libera per oltre un’ora il giornalista Mauro Zambellini, direttore del mensile di informazione rock Buscadero, Marco Denti, consulente editoriale, autore e redattore, e Seba Pezzani, musicista e autore, nonché “anima” della sezione letteraria del festival blues “Dal Mississippi al Po”, che si è esibito alla chitarra acustica e all’armonica.

Ed allora, lasciato da parte il Nobel, si è preferito discutere sul Bob Dylan musicista e sull’impatto rivoluzionario che ha avuto nella cultura del secondo novecento.

“Dylan” – ha affermato Mario Zambellini – “è colui che ha creato il caos nell’ordine, è l’uomo che ha fatto irruzione in un mondo regolato da leggi razionali mostrando una direzione diversa; un modo di vivere fuori dal calcolo razionale”.

“La fortuna è che si sono tanti Dylan” – aggiunge Marco Denti – “c’è l’artista folk che segue la tradizione americana rinnovandola; c’è il poeta di protesta che viene eletto suo malgrado a portavoce di un intera generazione; il Dylan della svolta elettrica che aprirà la stagione del Rock degli anni ’60; ma anche il cristiano rinato, lui che è ebreo di nascita”.

C’è un bel film del 2007 di Todd Haynes dal titolo eloquente “Io non sono qui” che ben sintetizza questa anima caleidoscopica di Dylan; un biopic sui generis che porta in scena alcune delle sfaccettature più affascinanti del menestrello di Duluth.

Chi è quindi Dylan? Impossibile inquadrare una personalità tanto complessa, un artista che ha confessato che pur di non rimanere imprigionato in un etichetta definita ha inciso volutamente album pessimi. Alla fine probabilmente la definizione più valida rimane quella che Mario Zambellini ha riportato citando Joan Baez: “Bob Dylan fa sempre quello che vuole, come vuole”.

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