Piacenza ha bisogno di una classe dirigente EDITORIALE

Le elezioni provinciali che si sono appena celebrate sono state invece un esercizio nocivo per le istituzioni e la politica. Non uso mezze misure e spero che possano comprendermi

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Piacenza ha bisogno di una classe dirigente. 

Le elezioni provinciali che si sono appena celebrate sono state invece un esercizio nocivo per le istituzioni e la politica. Non uso mezze misure e spero che possano comprendermi anche gli amministratori e i dirigenti dei partiti che hanno partecipato al voto.

Non c’è qui il tempo di riassumere la vicenda del declino e del disordinato smantellamento dell’istituzione Provincia, e non intendo certo iscrivermi alla schiera di chi sostiene che le nostre istituzioni non servano e che i partiti vadano spazzati via. Sostengo l’esatto contrario.

Proprio perchè credo che i partiti siano ancora l’unico strumento di rappresentanza democratica utile al nostro paese, anche alle comunità locali (non è stato inventato nulla di meglio al momento), dispiace davvero aver assistito allo spettacolo deprimente di eletti che votano ed eleggono loro stessi. 

Ed approfittano dell’urna per “pesare” le proprie quote di potere, da far valere all’interno dei rispettivi schieramenti o partiti, con finalità che anche noi osservatori più attenti facciamo sempre più fatica a ricondurre a battaglie ideali e al confronto tra diverse opzioni programmatiche.

Le Province andavano abolite e con esse anche questa parodia delle elezioni, che si è celebrata con il voto del 10 gennaio scorso a Piacenza. Invece – anche in virtù dell’esito del referendum del 4 dicembre – si è scelto di mantenere in vita un’istituzione in mezzo al guado, la cui utilità – alle condizioni attuali (e con tutto il rispetto per chi ci lavora, svolgendo compiti di pubblica utilità) – sfugge ai più. 

Le prossime elezioni saranno vere. Quelle per il Comune di Piacenza. E se le premesse politiche sono quelle intraviste negli schieramenti al voto a Palazzo Garibaldi, allora c’è realmente da preoccuparsi. 

E’ indispensabile che i partiti e i movimenti che si candidano alla guida di Piacenza, si aprano alla città, alle sue energie. Ma al contempo mettano in campo esperienza e competenze (perchè quello di amministratore non è un mestiere che si improvvisa, ce lo dimostrano alcune note vicende nazionali) e idee innovative. 

Nessuno di noi intende fare l'”anima bella”, nè crede alla favola dell’onestà come unico requisito per fare politica. La politica è spesso scontro di potere, arte del compromesso, è anche tattica talvolta spregiudicata. Tutto questo fa parte del gioco, se all’orizzonte c’è un senso profondo e radicato del bene comune e una strategia di sviluppo e di crescita per la Piacenza dei prossimi anni. 

Queste sono le caratteristiche di una classe dirigente. 

Mauro Ferri
direttore di PiacenzaSera.it

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