Dopoguerra, Foti (Fdi-An): “Serve indagine storico/politica obiettiva”

La Giunta non avrebbe risposto a una precedente interpellanza del consigliere in quanto il suo contenuto sarebbe “estraneo ai compiti di istituto”, ma il dettato della legge regionale sulla Memoria, a parere di Foti, afferma il contrario

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Tommaso Foti (Fdi-An) torna sul tema della storia del primo dopoguerra in Emilia-Romagna, contestando la comunicazione del sottosegretario alla presidenza, Andrea Rossi in risposta a una propria interpellanza del 30 gennaio scorso, in cui chiedeva “se ormai fossero mature ‘le condizioni per promuovere un’indagine seria e obiettiva sul piano storico e politico’ dei fatti di violenza politica” in fase post bellica.

A fine gennaio 2017, infatti, – spiega Foti – sulla scia di rivelazioni contenute in documenti desegretati dalla Central intelligence agency (Usa), si è riaperto il dibattito su un periodo ancora oscuro della nostra storia”, che ha visto “l’esistenza di un’organizzazione armata clandestina del Pci” che “non è mai stata un segreto per nessuno, nonostante il negazionismo ufficiale, così come non lo sono stati i fatti di sangue di quel periodo”.
 
“Il sottosegretario Rossi, – prosegue il consigliere regionale piacentino – l’8 febbraio 2017, ha comunicato che la Giunta non avrebbe risposto all’interpellanza in quanto il suo contenuto sarebbe “estraneo ai compiti di istituto”.

“E’ vero, invece, – replica Foti – che l’Assemblea legislativa ha approvato, il 3 marzo 2016, la legge regionale intitolata “Memoria del novecento. Promozione e sostegno alle attività di valorizzazione della storia del novecento in Emilia-Romagna”, “finanziata in sede di prima applicazione con un milione di euro”, che definisce cosa si intenda per storia, “…la ricostruzione storiografica e scientifica, con il conforto della ricerca storica basata sulle fonti documentali dei fatti e avvenimenti richiamati…”, e che prevede fra le finalità “…la conoscenza, l’analisi critica e la comprensione degli eventi accaduti nel territorio regionale durante le fasi che hanno preceduto e accompagnato i due conflitti mondiali…”.

Ma l’analisi di Foti non si ferma qui: nella stessa legge – evidenzia – si riconosce fra le altre associazioni partigiane “il ruolo e l’attività svolta dall’Associazione nazionale partigiani d’Italia (Anpi) … che si impegnano nella diffusione dei valori della resistenza e della pace a fondamento della nascita della Repubblica Italiana e della nostra Costituzione”.
 
“Senza voler generalizzare comportamenti che possono essere stati limitati dal punto di vista territoriale,- evidenzia il consigliere – va comunque rilevato che figure apicali dell’Anpi compaiono nei documenti desegretati dalla Cia quali vertici delle strutture militari clandestine che avevano il compito di sovvertire l’ordine democratico della Repubblica”.

E aggiunge: nella stessa legge si legge che: “La Regione riconosce il ruolo e l’attività svolta dagli istituti storici presenti sul territorio regionale …e assegna all’Istituto per la storia e le memorie del Novecento Parri Emilia-Romagna il ruolo di coordinamento della rete degli istituti storici regionali”.

Di qui, la richiesta di Foti di conoscere quale “scientificità” si possa attribuire a istituti storici che “non hanno fatto emergere un fenomeno eversivo dell’ordinamento democratico quale quello citato nei carteggi della Cia e se, alla luce del dettato della legge sulla Memoria, la Giunta possa continuare a ritenere estraneo ai compiti di istituto un approfondimento storico come quello auspicato nell’interpellanza e di cui Foti rinnova la richiesta”.

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