Un fiore al dolmen della Resistenza per ricordare l’inizio del fascismo FOTO foto

E' la manifestazione promossa dalle organizzazioni partigiane di Piacenza nella giornata del 28 ottobre, a 95 anni dalla "Marcia su Roma" che iniziò la sciagurata avventura fascista

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Un momento di riflessione in Provincia di Piacenza, poi un corteo fino al dolmen dello Stradone Farnese, il monumento di Xerra dedicato alla Resistenza, per depositare un fiore.

E’ la manifestazione promossa dalle organizzazioni partigiane di Piacenza nella giornata del 28 ottobre, a 95 anni dalla “Marcia su Roma” che iniziò la sciagurata avventura fascista del nostro paese.

Anpi (Associazione nazionale partigiani d’Italia) e Anpc (Associazione nazionale partigiani cristiani) hanno voluto una celebrazione sobria, che distinguesse Piacenza per la sua adesione ai principi democratici.

Al momento di riflessione in Provincia hanno partecipato la vicesindaco di Piacenza Elena Baio e la vicepresidente della Provincia Patrizia Calza, che hanno portato i rispettivi saluti. 

I discorsi sono stati tenuti da Stefano Pronti, presidente Anpi, e da Marco Bergonzi in rappresentanza dell’Anpc.

In sala anche due fra i pochi testimoni di quel tempo, i partigiani Agostino Covati e Giuseppe Fumi, che avevano speso gli anni della loro gioventù contro la dittatura nazifascista e liberticida di ogni autonomia, di ogni democrazia.

“Stiamo molto attenti su fatti preoccupanti, guai all’indifferenza, dai populismi all’autoritarismo il passo è breve – ha avvertito Patrizia Calza vicepresidente della Provincia – dobbiamo farci un mea culpa e rialzare la testa difendendo i valori della libertà del dialogo, del confronto”.

“L’esperienza passata è la barra per la democrazia – ha aggiunto la vicesindaco di Piacenza Elena Baio motivando l’assenso dell’Amministrazione al’appello di Anpi e Apc -. Ben vengano queste giornate che ricordano gli eventi negativi partiti dal 28 ottobre 1922 e noi siamo qui per confermare il lavoro che facciamo per la democrazia e la bocciatura di tutti gli estremismi”.

Forte, pieno di emozioni e di commozione l’intervento dell’onorevole Marco Bergonzi (lo proponiamo per esteso qui sotto) presidente dell’Associazione partigiani cristiani: “Avrei voluto portare qui quel vergognoso striscione inneggiante al 28 ottobre, esposto sul Pubblico Passeggio, per farne la nostra passatoia, la nostra deve essere una vigilanza continua”. Il parlamentare ha poi ricordato la sua proposta di legge per fare del 24 aprile una giornata nazionale dedicata alle donne partigiane.

Non meno forte l’intervento di Stefano Pronti, presidente dell’Anpi provinciale di Piacenza: “Ricordiamo il giorno più malefico della storia d’Italia, forse il precedente più grave fu quello della discesa di Carlo VIII, alla fine del 1400, al quale sovrani e nobiltà piegarono servilmente la testa e avviando un tempo bellico”, ha esordito Pronti.

Anche il 28 ottobre deve rientrare nelle date da ricordare ogni anno, “dovremo parlarne di più, dei disastri che lo precedettero e delle catastrofi che lo seguirono”, ha continuato tracciando l’escalation del fascismo, connivente “il re sciaboletta che gli consegnò tutti i poteri fino all’abolizione di tutte le libertà, sostenendo ogni azione di guerra, a partire dalla guerra d’Etiopia dove il fascismo attuò massacri ed usò i gas contro le popolazioni inermi e poi l’occupazione dell’Istria e di Zara imponendo l’italianizzazione alle popolazioni, dai nomi alla lingua, e servendosi delle foibe ove eliminare gli oppositori, provocando così le future ritorsioni. Poi l’occupazione dell’Albania, il sostegno militare alla Spagna franchista, infine la sciagurata entrata in guerra, con tutto quello che ne è seguito” . Il presidente dell’Anpi ha poi chiuso parafrasando un antico detto: “facciamo di tutte le male erbe un fascio””..

Sono infine intervenuti Gianluca Zilocchi a nome dei sindacati confederali Cgil Cisl Uil; Stefano Cugini consigliere comunale del Pd; Stefania Sartori (Prc); Antonella Liotti (Libera); Alessandro Fornasari (Arci); Manuela Bruschini (Non una di meno); Davide Bombini (Atomo Arci-gay); Rossella Noviello (100×100 in movimento).

Al termine dell’iniziativa un corteo con i gonfaloni ha attraversato Corso Vittorio Emanuele fino al Dolmen, dove in tanti hanno deposto un fiore (nelle foto).

Nella notte è comparso (nella foto in fondo) uno striscione di marca fascista sul Facsal, poi rimosso nella mattinata dalle forze dell’ordine.

Non era firmato, se non con un fascio littorio, come è nella consuetudine di certe formazioni politiche che non sono in grado di “mettere la faccia” sulle proprie incursioni. Su questa vicenda è poi intervenuta con una nota stampa il Circolo Cittadino del Partito della Rifondazione Comunista – “Il 28 Ottobre cadeva l’anniversario di un evento sciagurato che ha contrassegnato l’inizio di un periodo terribile della Storia italiana.

In questa data, nel 1922, I Fasci di combattimento marciarono su Roma decretando, di fatto, l’inizio della Dittatura con la complicità di Re e Parlamento. Di recente, gruppi di estrema destra hanno rivendicato tale passato riproponendo l’intenzione di marciare sulla Capitale,dichiarato l’intenzione di ripetere l’impresa, fortunatamente poi bloccati dal Prefetto e dal Sindaco di Roma. In mattinata, Durante la manifestazione antifascista organizzata a Piacenza da Associazioni e Partiti, alcuni neofascisti hanno provocatoriamente affisso un loro striscione inneggiante il ventennio presso il Pubblico Passeggio, striscione che prontamente è stato rimosso dalle forze dell’Ordine.

Il partito della Rifondazione Comunista esprime vivissimo sdegno per questa provocazione ed invita tutte le cittadine ed I cittadini a mantenere alta l’attenzione contro ogni forma di fascismo. Piacenza è decorata con una medaglia d’oro alla Resistenza: dimostriamo agli estremisti che I valori dei piacentini sono sempre ed ancora gli stessi e che non è stata perduta la memoria del sacrificio dei nostri genitori e nonni. Ora e sempre Resistenza.

IL VIDEO

Il discorso integrale di Marco Bergonzi

Paradossalmente, perdonatemi l’imprudente provocazione, la sconsiderata ed esecrabile iniziativa, ovviamente vietata, di rievocare la marcia su Roma, un aspetto positivo lo ha avuto, perché ci da modo di essere qui insieme (e forse non ci saremmo) a ricordare ciò che ha significato per l’Italia il 28 Ottobre.

Il 28 Ottobre fu l’inizio, della perdita della libertà, della perdita di diritti, della mortificazione del Parlamento e dell’asservimento delle Istituzioni ad un regime, dal quale si uscirà soltanto dopo oltre un ventennio ed un’infinita catena di lutti, dolore e tragedie, culminata con la catastrofe immane della guerra.

La guerra ricordiamo, preceduta dall’ abisso umano delle leggi razziali e preparata con la tracotante follia di un’alleanza con il male assoluto, il regime nazista, cioè con chi si è reso responsabile del più grave crimine contro l’umanità della storia, per il quale al processo di Norimberga, è stato necessario creare un nuovo reato, che prima non esisteva, il Genocidio.

Innumerevoli sono i motivi per cui abbiamo il dovere di fare memoria, di presidiare i valori e le conquiste democratiche, che non sono mai per sempre, vanno vissute, rimarcate, professate e trasmesse di generazione in generazione.

La storia da sola, non insegna nulla, pensiamo solo per un attimo al fatto che il 28 Ottobre del ’22, data da cui il nostro Paese si infilava sgambettando nel tunnel di un regime violento e liberticida che inneggiava alla morte, alla bella morte, era trascorso solamente un anno, (anzi neppure) dal 29 Ottobre del ’21 data in cui partiva da Aquileia il treno che portava il Milite Ignoto a Roma all’Altare della Patria, un convoglio che impiegò oltre 5 giorni perché viaggiò in mezzo a 2 ali di folla sterminata di un paese straziato dal dolore per le centinaia di migliaia di vittime simboleggiate da quella bara sulla quale era crollata la madre di un disperso, chiamata a scegliere tra 11 bare di ignoti, quella che sarebbe stata l’emblema della tragedia dei caduti e dei dispersi.

Esattamente un anno dopo, l’avvento del regime fascista, sarà foriero di tragedie ancor peggiori.

Proprio perché la storia da sola non insegna nulla, non preserva dal ripetersi, occorre fare memoria, stare molto attenti, vigilare e tramandare la necessità assoluta di presidiare e difendere la libertà che ci è stata consegnata, per la quale tanti sono morti, dispersi, spariti per sempre.

A loro dobbiamo tutto ciò che abbiamo, ciò che siamo e lo dobbiamo anche a tutti quei capelli bianchi degli ultimi testimoni, degli ultimi protagonisti di quei tempi; ascoltiamoli, facciamoli parlare con i ragazzi, sono scrigni preziosi di valori inestimabili.

Domani avremo solamente ricordi di seconda mano.

Siamo tutti in debito con coloro che si sono sacrificati per noi, per consegnarci un altro mondo rispetto a quello in cui si son trovati a vivere loro: un mondo di pace, libero, libero dai conflitti.

Abbiamo un debito enorme, che non potremo mai saldare, ma che possiamo in parte ripagare, anzitutto ricordando chi non c’è più, cercando di essere degni delle loro sofferenze e dei loro eroismi, con i nostri comportamenti, con il rispetto per gli altri, con il senso del dovere, assumendoci ciascuno le proprie responsabilità in ciò che siamo chiamati a fare, cercando di essere persone migliori, perché tante persone migliori fanno migliore la società e rendono il mondo migliore.

Non ritengo d’essere fuori tema, nel dirVi che con grande convinzione sono tra i firmatari e sostenitore della proposta di legge che ha l’obiettivo di far riconoscere alla Repubblica il fondamentale apporto delle donne alla lotta di liberazione; il primo conflitto in cui la presenza femminile diventa attiva, al pari degli uomini:

sostituiscono nelle fabbriche gli uomini al fronte, danno i vestiti ai soldati di un esercito allo sbando, nascondono le armi, sono perno insostituibile di quella prima rete logistica che assicura rifugi e viveri ai partigiani, diventano quelle eroiche staffette che diffondono materiale di propaganda e fanno circolare preziose informazioni indispensabili alla lotta di liberazione.

35.000 sono esse stesse partigiane, 1.000 di loro cadranno in combattimento e 2.000 finiranno fucilate o impiccate.

Oltre alla consapevolezza ed al ricordo di tutto ciò, la nostra proposta di legge vuole istituire la “Giornata in memoria delle donne nella Resistenza” ed individua la data nel 24 Aprile, in modo che anche simbolicamente, si arrivi al 25 Aprile passando per il riconoscimento dell’indispensabile ruolo delle donne nella Lotta Partigiana.

Quante volte passiamo inconsapevolmente davanti ad un cippo o ad un luogo della memoria senza riflettere su quanti valori e quanti insegnamenti trasudano dai cippi.

A Roma io sto in Via Rasella ed ogni volta che la imbocco, non posso non tornare con il pensiero a ciò che accadde, ed al crimine orrendo delle Fosse Ardeatine.

Dovremmo spiegare ai ragazzi la ragione per la quale la via dove abitano si chiama così, dare loro conoscenza e consapevolezza.

Ecco che la memoria che è certamente un valore, diventa soprattutto un dovere, perché di una cosa dobbiamo essere consapevoli: nulla di buono si fa cancellando il passato.

Recenti episodi di antisemitismo ignorante, ci rendono evidente, se mai ve ne fosse ancora bisogno, che i germi dell’odio si annidano, possono anche restare a lungo dormienti, ma non muoiono mai e l’antidoto alla montagna di immensa mostruosità dei totalitarismi, sta nel nostro saper essere custodi di valori, saper tramandare ciò che è stato, saper che la memoria non è solo un valore, è un dovere ed è quanto di più efficace per difenderci dall’abisso dei conflitti, dell’odio e delle guerre.

Dal sacrificio di chi ha saputo opporsi al regime, dalla lotta partigiana, nasce la Repubblica, nascono le Istituzioni, che sono fondate sui valori dell’antifascismo, che abbiamo il dovere di richiamare e rimarcare con forza e sempre senza titubanza alcuna.

E NASCE LA NOSTRA COSTITUZIONE: IN ESSA C’E’ DENTRO TUTTA LA NOSTRA STORIA, TUTTO IL NOSTRO PASSATO, TUTTI I NOSTRI DOLORI, LE NOSTRE SCIAGURE, LE NOSTRE GLORIE.

Ed a saper bene intendere, dietro i suoi articoli si sentono delle voci lontane, quindi

vorrei concludere richiamando le parole dello straordinario “Discorso sulla Costituzione” di Piero Calamandrei nel 1955, so che le abbiamo sentite tutti tante volte, ma per me sono tra quelle parole che non mi stancherò mai di ascoltare e che sempre mi emozionano profondamente.

SE VOI VOLETE ANDARE IN PELLEGRINAGGIO NEL LUOGO DOVE E’ NATA LA NOSTRA COSTITUZIONE, ANDATE NELLE MONTAGNE DOVE CADDERO I PARTIGIANI, NELLE CARCERI DOVE FURONO IMPRIGIONATI, NEI CAMPI DOVE FURONO IMPICCATI.

DOVUNQUE E’ MORTO UN ITALIANO PER RISCATTARE LA LIBERTA’ E LA DIGNITA’, ANDATE LI’ O GIOVANI, COL PENSIERO, PERCHE’ LI’ E’ NATA LA NOSTRA COSTITUZIONE.

 

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