Le Rubriche di PiacenzaSera - Universi

Tra ambiente, cibo e anche chimica. Universi intervista il preside Trevisan

Domanda di Hassan Haidane: quali sono le aziende in cui gli studenti scelgono con più frequenza di svolgere tirocini o stage, nel contesto piacentino e anche al di fuori?

Noi abbiamo tanti studenti, quindi trovare delle aziende in loco non è semplicissimo. Tra le realtà produttive locali che accolgono in stage i nostri studenti c’è sicuramente la Valcolatte, che è un’azienda di Pontenure, che ha un buon impatto. Poi abbiamo la Musetti, sempre a Pontenure, per il caffè. Sicuramente anche le aziende che trasformano il pomodoro. E poi ci sono diversi caseifici.

Dalla Facoltà di Agraria abbiamo tanti studenti che approdano in aziende agricole, qualcuno va nel settore viticolo ed enologico. Abbiamo anche la possibilità di fare degli stage post-laurea: dopo, da laureati magistrali, molti dei nostri vengono presi in grandi aziende come Barilla, Ferrero, Granarolo, Lactalis.

Sono moltissimi i nostri studenti che hanno trovato occupazione grazie allo stage. Il tessuto produttivo di Piacenza è fatto per lo più da piccole aziende, non abbiamo un’azienda alimentare di dimensioni tali da assumere decine di laureati alla volta come ad esempio Barilla.

Domanda di Daniele Ciolli: lei ha fatto cenno al grano canadese. Cosa pensa dei trattati di libero scambio? Cosa possono comportare per l’economia italiana? Un vantaggio, uno svantaggio, lei è favorevole o sfavorevole?

Premetto che io non sono un economista, pertanto è un argomento di cui non sono direttamente competente. È una domanda a cui è difficile dare una risposta. L’Italia esporta 42 miliardi di euro di prodotti agroalimentari: pensavo fosse un buon risultato, visto che i francesi sono a 50 e i tedeschi poco sopra. Poi ho scoperto che l’Olanda, che è grande come la Lombardia, ne esporta 87. Mi vien da dire che, a livello di esportazioni, siamo ancora deboli.

Se vogliamo esportare i nostri cibi all’estero dobbiamo scendere a compromessi: se decidiamo che in Italia non entra più nulla, è chiaro che poi anche gli altri metteranno i dazi e ostacoleranno i nostri prodotti.

Il vero problema è la protezione dei nostri marchi, purtroppo l’Italia non ha perseguito in passato una difesa spinta dei propri prodotti, come hanno fatto i francesi. La pizza la fanno ovunque nel mondo: hai voglia allora a sostenere che la pizza è italiana, come si fa a dimostrarlo quando è fatta in tutto il mondo?

Io personalmente sono convinto che i trattati sia meglio firmarli, invece di mettersi su posizioni di chiusura: bisogna ottenere le condizioni migliori, però come in ogni trattativa, qualcosa è inevitabile cedere.

Domanda di Daniele Ciolli: l’ingresso dei prodotti canadesi nel mercato agro-alimentare italiano che peso può avere? Può danneggiarci o no?

Noi oggi non siamo autosufficienti nel frumento, quindi se noi dovessimo vendere prodotti da forno utilizzando il frumento coltivato in Italia, saremmo al di sotto anche del consumo nostro. Storicamente, gli italiani non sono mai stati autosufficienti nel frumento, neanche al tempo del fascismo: non si è riusciti nemmeno con la “battaglia del grano” ad essere autosufficienti, anche allora era necessario importarlo. Siamo sempre stati dipendenti dal frumento e dal grano degli altri.

Secondo Lei, la produzione del grano a livello nazionale è insufficiente perché non si investe o perché mancano i mezzi?

Perché manca la terra. Si potrebbe forse migliorare la situazione. Però noi abbiamo tra i 13 e i 15 milioni di ettari coltivabili. Anche qui a Piacenza, se ci si fa caso, tanto terreno fertile è stato cementificato. Noi abbiamo ancora tanto di terreno ma si trova in collina, e in collina la produttività è più bassa che pianura, presenta delle difficoltà e spese ben maggiori.

Domanda di Chiara Ruggeri: se gli studenti non riescono a trovare lavoro nelle aziende locali, rimangono comunque in Italia o vanno all’estero?

All’estero fra i nostri laureati qualcuno ci va, ma non sono numeri elevati. Molti trovano sbocchi occupazionali nelle aziende multinazionali. Possiamo dire che fra i nostri laureati non abbiamo disoccupati.

Tanti lavorano in realtà come Granarolo, Ferrero, Barilla, Sterilgarda. Molti laureati, soprattutto in Tecnologie Alimentari, approdano anche nella grande distribuzione organizzata, quindi lavorano per la Lidl, la Coop, la Conad, l’Esselunga, e vanno anche ad assumere posizioni importanti.

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