A 10 anni dal crack Lehman “Quella crisi che non siamo stati in grado di capire” foto
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A 10 anni dal crack Lehman Brothers molto si parla degli impatti che lo scoppio di questa bolla finanziaria ha avuto sull’economia reale, sulla recessione che ne è seguita con ripercussioni sulla vita di tante famiglie.
Ma le ripercussioni più pesanti si sono avuti nel panorama politico e nel tessuto sociale non solo americano.
Di questo si è parlato nell’incontro con Ferruccio de Bortoli, presidente Longanesi e Marco Mazzucchelli, presidente KBL – Kredietbank Luxembourg, condotto da Nicola Saldutti, caporedattore Economia Corriere della Sera, all’interno del Festival Città Impresa.
“Quando si parla di Lehman Brothers – dice De Bortoli – ci si sofferma sulle politiche fiscali che ne sono seguite, e il loro impatto – di indebolimento – sulla classe media. Parliamo invece poco del contagio politico che ne è seguito: il movimento del Tea Party è cresciuto in quel contesto, il movimento radicale di destra, come reazione a Wall Street e all’establishment. In quegli anni diventa evidente la frattura tra Wall Street e Main Street, ossia tra l’élite e la gente comune. E’ lo stesso contesto in cui matura, nel 2016 in Inghilterra, il movimento pro Brexit: il referendum rappresenta la divisione tra chi si sente incluso nel sistema e chi no”.
“Allo stesso tempo a sinistra nasce il movimento di Occupy Wall Street, poi confluito nell’elettorato di Bernie Sanders (competitor di Hillary Clinton alle primarie del Partito Democratico, ndr). E’ un’altra reazione nei confronti dello strapotere della politica, e non è una caso che l’elettorato di Donald Trump si sovrapponga a Sanders, perché esprimono la stessa rabbia contro l’establishment. Peccato che poi Trump provenga, in realtà, da quello stesso mondo che si vuole combattere”.
“In Europa la situazione come viene affrontata? Il salvataggio delle banche avviene con l’imposizione di costi che si scaricano sui contribuenti, con il passaggio fondamentale del vertice di Deauville e l’accordo tra Angela Merkel e Nicholas Sarkozy“.
“In Italia ci rendemmo conto tardi della crisi, che sembrò lasciarci indenni rispetto alla bolla dei derivati finanziari fino al 2011 – 2012, con l’arrivo del governo Monti. A differenza della Spagna noi non chiedemmo l’aiuto dell’Ue, una scelta dovuta forse a una difettosa percezione del rischio da parte della Banca d’Italia e della classe dirigente bancaria. Ma ora la Spagna cresce più di noi”.
“In realtà questa scelta nasce anche dal fatto che un governo tecnico, come quello di Monti, non avrebbe potuto farlo, perché nominato proprio per evitare la Troika“.
“Un’autocritica è doverosa anche da parte di noi giornalisti, perché non abbiamo saputo leggere con attenzione i segnali della crisi e non ci siamo accorti della grande frattura che si è creata all’interno della nostra società, tra chi ha prospettive e chi ha aspettative”.
E questo a cosa ha portato? “Che non si vota per chi è in grado di gestire la cosa pubblica, ma per chi è in grado di rappresentare la propria frustrazione e può essere un corpo contundente elettorale”.
“Il crack Lehman – aggiunge Mazzucchelli – ha rappresentato la delegittimazione della leadership della competenza, e questo ha portato all’onda lunga di rivolta contro l’élite che ha tradito e alla sfiducia nel valore della democrazia”.
“Per noi, il vero crack Lehman è stato il default della Grecia: le banche italiane hanno affrontato due recessioni di fila, quella del 2009 e quella del 2012″.
Paradossalmente “sarebbe stato meglio che il nostro sistema bancario fosse stato più avventuroso, nel 2009. Invece abbiamo dovuto aspettare il 2016 – 2017 per mettere in sicurezza le nostre banche, e questo è vergognoso”.
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