“Meravigliosi Giardini Margherita, frequentiamoli di più” L’appello di Don Alphonse

Dietro il luogo comune di Via Roma ci sono le persone che ci vivono. Don Alphonse Lukoki è parroco di San Savino da pochi mesi, nell’aprile scorso ha preso il posto di Don Giampiero Franceschini.

Don Alphonse si è già fatto un’idea chiara su uno dei posti più controversi di Piacenza: “I giardini Margherita sono un luogo meraviglioso” – dice invitando i piacentini a riappropriarsi dei loro spazi.

La nostra inchiesta, che già annovera le interviste a Tiziana Ponzini e a Gabriele Riccardi a cura di Micaela Ghisoni, proseguirà anche nei prossimi giorni con una nuova testimonianza. (foto di Sergio Ferri)

L’intervista a Don Alphonse Lukoki

Perchè risiede nel quartiere Roma? Si tratta di una scelta, una circostanza, o piuttosto una necessità?

Risiedo in via Alberoni per una circostanza ben precisa: sono arrivato nel quartiere Roma a seguito della mia nomina come parroco di San Savino.

Via Roma e l’intero quartiere fanno parte della Storia di Piacenza. Eppure sono luogo di transizione e mutamento, crogiolo di incontro-scontro tra individui e culture differenti. Anche in relazione alla recente nomina di parroco in S. Savino, qual è il Suo rapporto con luoghi e persone del quartiere?

Per ora non ho ancora molti rapporti con la gente della zona, o con i diversi luoghi del quartiere. Sono arrivato da pochi mesi e sto imparando ogni giorno qualcosa. L’accoglienza che i miei parrocchiali mi hanno riservato è stato il primo impatto positivo che ho avuto.

Il secondo è stata l’esperienza al centro estivo organizzato in parrocchia, a giugno. Qui ho avuto la fortuna di entrare in contatto con più di 86 bambini e ragazzi, insieme ai loro genitori e ad una ventina di giovani educatori.

Grazie al centro estivo ho potuto conoscere da vicino il “fenomeno Giardini Margherita”. Posso dichiarare che i giardini sono un luogo meraviglioso, ideale per i nostri anziani e bambini. La zona mi sembra però un po’ abbandonata a sé stessa e lasciata a coloro che non vivono nel quartiere. C’è una strada sola per contrastare questa situazione: riappropriarci di quegli spazi bellissimi.

Don Alphonse Lukoki

In un momento di grave crisi migratoria e politiche scottanti sul tema, il quartiere Roma può apparire la proiezione locale di problematiche e polemiche più ampie (alto tasso di stranieri fino alla sostituzione etnica, condizioni abitative scadenti, degrado, delinquenza). E’ davvero così secondo Lei?

Nessuno può negare le problematiche presenti nel quartiere. A parer mio, via Roma e dintorni possono essere paragonati, seppur su piccola scala, a “Chateau Rouge” in Francia o “Quartier Matonge” in Belgio. Sono luoghi dove c’è un’alta concentrazione di immigrati.

Queste due realtà mettono in luce giovani che si sono ribellati alla propria società perchè non hanno percepito accoglienza e non sono riusciti ad integrarsi.

Sicuramente, quando tante persone non integrate nella società vivono in uno stesso luogo, per sentirsi in qualche modo supportate e accettate, condividono anche lo stato di disoccupati. Molto spesso si sostengono quindi con metodi non ortodossi, creando disturbi, e a volte gravi problemi, ai cittadini.

Come si trova in merito a vivibilità e sicurezza della zona?

In base agli scambi che ho avuto con le persone, l’alta concentrazione di immigrati nel quartiere genera insicurezza, presunta o reale che sia. Si sente spesso dire dai parrocchiano che “extracomunitari” hanno rubato in un luogo o nell’altro.

Si viene così a creare un senso di precarietà e diffidenza, a volte anche per l’eccessivo credito attribuito alle voci della gente. Le persone del quartiere hanno spesso paura di frequentare i giardini Merluzzo e Margherita. Secondo me sarebbe necessaria una manovra di decentralizzazione degli immigrati concentrati nella zona e una loro redistribuzione.

Strumento prezioso per garantire la sicurezza nel quartiere risulterebbe senz’altro la presenza permanente delle forze dell’ordine. Io stesso sono stato vittima di furto in cappella qualche giorno dopo il mio ingresso in canonica.

Negli ultimi tempi la situazione è cambiata?

E’ troppo poco tempo che mi sono stabilito nel quartiere e quindi mi risulta difficile fornire un bilancio ora. Sul piano pastorale invece, raffrontando il mio incarico precedente a Vernasca con quello odierno, posso dire che la mentalità dominante in collina è diversa rispetto a quella cittadina.

Le diverse iniziative promosse, volte alla riqualificazione del quartiere, le risultano valide ed efficaci?

Penso che gli italiani debbano riappropriarsi di questi luoghi e mai rassegnarsi a creare distanza tra loro e gli stranieri presenti. Di fatto tutti gli italiani sono andati via anziché integrarsi.

I cittadini non dovrebbero leggere in questi popoli solo il pericolo, ma anche un’opportunità per imparare reciprocamente dalla ricchezza della diversità. Avvicinandosi, conoscendosi, si può essere protagonisti di una integrazione autentica e sincera.

La presenza delle forze dell’ordine per rassicurare le persone è certamente molto importante, ma è necessario anche mantenere puliti i bellissimi giardini e vari luoghi del quartiere. Occorre uno sforzo globale per rendere questi ambienti più attraenti.

L’abbandono del quartiere, invece, favorisce insediamento e radicalizzazione degli immigrati. Gli italiani non dovrebbero allontanarsi adesso per criticare poi a posteriori! Dobbiamo evitare già oggi in Italia ciò che sta succedendo in Francia e in Belgio, per non pagarne le conseguenze a medio e lungo termine.

Micaela Ghisoni

(4- continua)

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