La bellezza del canto dell’Andrea Chenier al Municipale fotogallery

L’”Andrea Chenier” di Umberto Giordano la troviamo con una certa frequenza nel programma delle stagioni liriche piacentine e tutte le volte la salutiamo con piacere perchè si tratta di un’opera bellissima per musica e canto.

E non a caso era l’opera preferita dai più grandi cantanti e dai più grandi direttori d’orchestra, a cominciare da Toscanini a cui la figura di Giordano non era eccessivamente simpatica ma di lui apprezzava un’eccezionale vena musicale piuttosto particolare tra il tardo romanticismo ed il verismo, un verismo arrivato con caratteri insoliti alle corti ed alla alta aristocrazia.

Quest’anno, poi, ricorre il centenario della morte del librettista piacentino (Castell’Arquato) Luigi Illica che nel 1894 aveva scritto il libretto per il napoletano Alberto Franchetti che, generosamente, lo passò all’amico Umberto Giordano, compagno di studi a Napoli ma nativo di Foggia (1867).

Curiosamente Giordano appartiene ad una triade (con Cilea e Mascagni) di grandi compositori (tra l’altro contemporanei ed amici) diventati celebri per una sola opera. In verità Umberto Giordano compose anche Fedora e Siberia, ma soltanto la prima viene ancora rappresentata nei teatri lirici.

L’”Andrea Chenier”, invece, andato in scena il 28 marzo del 1897 alla Scala di Milano, ottenne subito un notevole successo immutato nel tempo e ripetuto in tutti i teatri del mondo.

Non è tanto la sua storia a conquistare il pubblico. In fondo è una storia d’amore a triangolo sublimata dalla morte dei due amanti e dalla redenzione dell’innamorato deluso causa delle loro disgrazie. Anche l’ambientazione, Parigi ai tempi della Rivoluzione francese, pur vissuta in un periodo storico ben preciso e marcato, fa solo da sfondo alla vicenda anche se compaiono note della Marsigliese, il tribunale del popolo ed il “Ca ira”.

Quello che avvolge e conquista di quest’opera è la bellezza del canto nello spartito dei cantanti, tutti impegnati in splendide e memorabili romanze come “Come un bel dì di maggio “ o l’”Improvviso! Di Andrea Chenier o “Nemico della Patria” di Carlo Gerard o ancora la “La mamma morta” della soprano per tacere il duetto finale che inizia con “vicino a te s’acqueta…”

Romanze che esprimono una ricchezza d’invenzione melodica ed un tessuto musicale di intensa bellezza affidando al canto il compito di emozionare e di toccare le corde del sentimento.

Per questo motivo l’Andrea Chenier richiede interpreti particolarmente bravi e vocalmente dotati come si sono rivelati Martin Muehle (Andre Chenier), Saioa Hernandez (Maddalena) e Carlo Sgura (Gerard), tutti molto applauditi, anche a scena aperta, dal numeroso pubblico che ha gremito il teatro Municipale.

Per la Hernandez gli applausi sono diventate autentiche ovazioni al termine della “La mamma morta …” cantata con una raffinatezza, con una drammaticità e con una voce calda e sempre cromatica anche nei registri acuti da renderla memorabile.

Crediamo che poche soprano al mondo attualmente siano in grado di eseguirla così bene. La cantante spagnola, reduce dal successo scaligero nell’Attila nella serata d’apertura di S.Ambrogio, ha confermato di avere un repertorio di assoluto livello misto a capacità interpretative che la fanno una vedette internazionale.

Soddisfazione del nostro teatro e della direttrice artistica Cristina Ferrari di averla, non certo da ieri, se non proprio scoperta, almeno aiutata ad affermarsi e di farla conoscere ai grandi teatri tramite l’interpretazione in Gioconda della passata stagione.

Il tenore brasiliano Martin Muehle, pur non giovanissimo ed approdato nei teatri europei solo da qualche anno, è stato la gradevole sorpresa della serata. Voce squillante ed argentea regala abbondanti acuti a cui approda con facilità e, talvolta eccessiva fretta negli appoggi tra un registro e l’altro, ma la sua facilità di canto, la sicurezza e la bellezza della voce finiscono per conquistare il pubblico per le emozioni che sa trasmettere.

Il baritono leccese Claudio Sgura, ancora piuttosto giovane ma già protagonista nei più celebrati teatri internazionali, ha una linea di canto che unisce potenza e sonorità sorrette da sicure basi musicali. Se nella prima parte non entusiasma eccessivamente (d’altronde le romanze a freddo come “Son sessant’anni o vecchio che tu servi…” sono sempre vocalmente difficoltose), nella seconda, invece, “rompe” la scena (molto applaudita “Nemico della patria”) confermando qualità vocali ed interpretative che ne giustificano la fama.

Molto brave le seconde linee di canto: toccante la Madelon di Antonella Colaianni; appropriato l’Abate di Roberto Carli, impeccabile la mulatta Bersi di Nozomi Kato così come il Roucher di Stefano Marchisio. Sempre a tono e puntuali gli altri: Shay Bloch (contessa di Coigny), Alex Martini, Felipe Oliveira. Alfonso Zambuto, Stefano Cescatti e Luca Marcheselli.

Se il coro dell’Associazione Lirico Terre Verdiane diretto dal maestro Stefano Colò è stato quanto mai puntuale ed incisivo, l’orchestra Regionale dell’Emilia-Romagna Arturo Toscanini diretta da Aldo Sisillo, non ci ha francamente entusiasmato. Sisillo ha indubbiamente del talento, ma, nostra personalissima opinione, da un’opera come questa si possono ricavare qualche altro preziosismo in più.

Così come la regia, alle prese con un’opera di difficile rappresentazione ha alternato quadri suggestivi ed altri meno convincenti: Il far morire la contessa di Coigny alla fine del primo quadro trafitta dalle lance dei suoi servitori è una soluzione inedita ed un po’…azzardata.

Nel complesso un ottimo spettacolo salutato calorosamente dal pubblico ed apprezzato anche dalla critica.

Presentare un’Andrea Chenier è sempre un esercizio difficoltoso e rischioso. L’averlo superato felicemente è indubbiamente titolo di merito.

Andrea Chenier sarà replicata domenica pomeriggio alle ore 15,30 sempre al Teatro Municipale.

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