Suor Milva (Scalabriniane): “Le migrazioni non si fermeranno, possiamo solo gestirle”

La migrazione? Non può essere presentata sempre come “problema”, semmai una realtà da gestire. “Impariamo a usare parole e informazioni nel modo giusto”.

La nuova intervista riservata a chi vive nel quartiere Roma a Piacenza ha come protagonista è Suor Milva Caro, Superiora Provinciale delle Suore Missionarie Scalabriniane, residente a Piacenza da quattro anni. La sede delle Scalabriniane è proprio a fianco della chiesa di San Savino, nel cuore del quartiere.

E’ interessante il punto di vista di una Missionaria da sempre a contatto con la complessità del fenomeno migratorio nel contesto nazionale e internazionale, perchè può forse aiutare a distinguere reali nodi problematici da falsi stereotipi o pericolose tendenze.

Ecco l’intervista.

Come mai risiede in via Roma? Si tratta di una scelta, una circostanza, o piuttosto una necessità?

Abito in via Roma da quattro anni, in quanto qui si trova la sede delle Suore Missionarie Scalabriniane di Piacenza e io sono una di loro. Prima lavoravo come missionaria in Germania, in una delle diocesi di Hessen.

Penso sia molto bello che a Piacenza la nostra sede si trovi in un quartiere di migrazione, perché missione delle suore Scalabriniane è appunto occuparsi dei migranti.

Via Roma e l’intero quartiere fanno parte della Storia di Piacenza. Eppure sono luogo di transizione e mutamento, crogiolo di incontro e scontro tra individui e culture differenti. Qual è il Suo rapporto con luoghi e persone della zona?

A dire la verità non ho molti rapporti con le persone del quartiere: il mio operato si concentra più che altro fuori Piacenza, in diverse città e nazioni. Come Superiora delle Scalabriniane, il mio compito è dialogare con le altre suore e coordinare le molteplici attività missionarie promosse nelle diverse realtà migratorie di cui ci occupiamo: Sicilia (Siracusa), Francia (Marsiglia) o Germania, per citarne alcune.

Per quanto riguarda Piacenza, a pochi passi da via Roma (in Torricella) abbiamo il nostro centro d’ascolto per migranti, luogo in cui molti stranieri vengono a imparare l’italiano, reperire indumenti, o chiedere aiuto per consigli e orientamento.

I migranti del quartiere conoscono bene le Missionarie Scalabriniane, con cui sono sempre piuttosto cordiali: il rapporto è generalmente di fiducia reciproca. A noi non spaventa vivere in una zona multietnica. Anzi, ci fa sentire più aderenti alla missione di vita che abbiamo scelto.

Dalla scorsa estate ospitiamo poi nella nostra sede di via Roma una famiglia di rifugiati irachena di Mosul, scappata dalla guerra: quella di ospitare un’intera famiglia è un’esperienza nuova, ma molto importante per noi, incentivata dalla volontà; mantenere unito un nucleo famigliare – madre, padre, figlioletto e nonna.

Suor Milva

L’iniziativa è nata in collaborazione con la Comunità di Sant’Egidio, promotrice dei corridoi umanitari grazie ai quali questi profughi hanno potuto raggiungere l’Italia in modo sicuro per poi ottenere lo status di protezione internazionale.

L’obbiettivo della nostra ospitalità è ora sostenerli nell’integrazione, perchè possano ricostruirsi una vita autonoma. Per questo vogliamo insegnare loro l’italiano e trovare un impiego lavorativo che possa aiutarne l’emancipazione. Nostro desiderio è coinvolgere anche i piacentini in questo progetto , per favorire l’inclusione nella comunità ospitante.

Certamente noi siamo abituate a vivere in contesti ben più ampi e complicati rispetto a Piacenza. È invece palpabile la diffidenza dei cittadini autoctoni verso via Roma e l’intero quartiere, “spauracchi” da evitare per non incorrere in spiacevoli avventure.

Almeno così sembra, se molto spesso quando dico a qualche piacentino di abitare in via Roma, sento esclamare: “Mamma mia!”, oppure: “Possiamo venire a trovarti a casa a una certa ora di sera?!”. Io mi stupisco della domanda, dal momento che mi sposto sempre a piedi.

Via Roma mi piace proprio perché (al di là dei molti negozi chiusi) è ancora una zona viva – a differenza di altre della città -; incontro di diverse nazionalità, come si dice nella domanda. Lo studente piacentino si incrocia con quello straniero e le mamme immigrate aspettano i loro figli davanti a scuola esattamente come i genitori italiani.

Superiora provinciale delle Scalabriniane, da anni si occupa di migrazione, considerandola “uno strumento straordinario per l’umanità”. Il momento di grave crisi migratoria che il nostro Paese e il mondo stanno attraversando, con l’attuazione di politiche scottanti sul tema, induce tuttavia ad un’attenta riflessione sulla questione: in questo contesto, il quartiere Roma può senz’altro apparire la proiezione locale di problematiche e polemiche più ampie (alto tasso di stranieri fino alla sostituzione etnica, condizioni abitative scadenti, degrado, delinquenza). Qual è quindi il suo punto di vista a riguardo?

Inizierei col dire che è errato considerare la migrazione “un problema”. Semmai si tratta di una realtà ineludibile, un fenomeno che va gestito e direzionato, per arginare il più possibile i tanti problemi organizzativi derivanti dai momenti di maggior afflusso.

Ritengo la migrazione uno strumento straordinario, che consente di migliorare le proprie condizioni di vita. Per questo il flusso globale di persone da un luogo all’altro esiste da sempre e non può essere fermato, ma solo governato.

Forze troppo profonde entrano in gioco nel processo: la spinta alla partenza e l’attrazione verso la meta si uniscono nella volontà dei migranti di migliorare la loro prospettiva esistenziale,s otto gli aspetti più variegati.

Nessuno straniero intraprende con leggerezza l’odissea di un viaggio in cui l’unica sicurezza è l’incertezza. Un fenomeno troppo complesso quello della migrazione per essere superficialmente liquidato come un “problema” da evitare.

La questione fondamentale di via Roma risiede nell’alta concentrazione di extracomunitari – e negozi stranieri – in una sola zona, che è anche quella più movimentata della città, vicino alla stazione ferroviaria. Un gran numero di migranti in un unico quartiere crea degrado ambientale e abbandono, che sarebbero ovviabili distribuendo equamente gli arrivi in diversi luoghi della città e del territorio.

Come si trova in merito a vivibilità e sicurezza della zona?

Personalmente non ho riscontrato particolari problemi di sicurezza. Semplicemente evito di recarmi in certi luoghi a certi orari notturni e non cerco mai lo scontro; ciò vale però per via Roma come per altre zone di Piacenza. Mi sposto comunque sempre a piedi.

Sicuramente in alcune ore il quartiere può essere più movimentato, sento spesso ambulanze e polizia, ma non ho mai assistito a nulla di grave in prima persona, né subito furti o atti lesivi. Noto lattine di birra e carta lasciate in terra; questo non mi piace e quando vedo qualcuno farlo, invito a raccogliere, che si tratti di un immigrato o di un ragazzino italiano.

Nel complesso ritengo comunque le strade abbastanza pulite, grazie al lavoro degli operatori ecologici. Un errore frequente e tendenzioso, che penalizza vivibilità e sicurezza della zona, è quello di confondere via Roma con l’intero quartiere; una mistificazione di natura concettuale – si intende – non certo geografica.

Questo per sottolineare l’importanza di inquadrare dove gli eventi problematici si collocano: un fatto di cronaca deve essere sempre delimitato da precise coordinate spazio-temporali, oltre che riportato in modo il più possibile obiettivo, onde evitare ampliamenti e generalizzazioni indebite a danno di “categorie” di persone, luoghi e negozianti che in quei luoghi esercitano attività.

Ha riscontrato cambiamenti nel corso del tempo, inerenti anche a percezioni e interazioni tra persone del quartiere?

A questa domanda non posso rispondere in modo obiettivo, essendo in via Roma da soli quattro anni. Mi sento però evidenziare un cambiamento macroscopico che mi è stato riferito, conversando con alcuni residenti: profondamente mutata sembra essere la fisionomia di via Roma e, con lei, dell’intero quartiere.

Anni fa era la zona chic di Piacenza, appannaggio soprattutto di famiglie benestanti. Centro commerciale a cielo aperto, non c’era prodotto che non si potesse trovare. Ora invece i negozi chiusi sono davvero tanti e le botteghe storiche aperte sono rimaste poche.

Aldilà della folta presenza migratoria già evidenziata, i grandi centri commerciali periferici non aiutano certo a mantenere vivo il centro storico piacentino.

Le diverse iniziative promosse, volte alla riqualificazione del quartiere, Le risultano valide ed efficaci?

Penso che tutte le iniziative volte alla riqualificazione del quartiere vadano incentivate e accresciute, perché molti residenti non solo sono contenti di vivere qui, ma vogliono continuare a farlo, attraendo anche nella zona nuove persone.

In particolare l’associazione “Matti da Galera” si sta adoperando moltissimo per migliorare il quartiere: pensiamo al mercatino mensile del riuso, attrazione per diversi piacentini; alle molteplici iniziative ricreativo- musicali promosse nei giardini Merluzzo; all’esortazione, per i proprietari dei tanti negozi sfitti, a tenere puliti i locali (e adornarli con alcuni oggetti) per attenuarne il senso di abbandono; all’impegno di mantenere decorosi i giardini Margherita da parte del nostro stesso centro d’ascolto.

Tutte iniziative valide, ma mai sufficienti a valorizzare la rinascita del quartiere: servirebbero senz’altro più aiuti da parte del Comune.

Micaela Ghisoni

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